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 2010  luglio 08 Giovedì calendario

FIN TROPPI TAGLI SIAMO INGLESI

Nemmeno Margaret Thatcher aveva mai osato tanto. Per il governo Cameron il deficit di bilancio britannico dovrà scendere di 9 punti del Pil in cinque anni, 4 punti in più dei programmi del precedente governo. Quasi tre quarti verrà da riduzioni di spesa, di cui una piccola parte dalla spesa sociale, con misure quali il congelamento delle detrazione per figli, un taglio ai sussidi per l’abitazione, e probabilmente alle pensioni pubbliche. La gran parte dei tagli però verrà dai ministeri: essi dovranno ridurre la spesa del 33% a meno che non si identifichino altre riduzioni alla spesa sociale. I salari pubblici saranno congelati per due anni, molti dipendenti pubblici saranno resi ridondanti, e la liquidazione massima scenderà da sei anni di stipendio a un anno. Ma per i dettagli della spesa dei ministeri si dovrà attendere l’autunno e forse oltre. La sanità, il ministero più grande di tutti, è stata esentata da qualsiasi taglio: un errore, che l’Italia non deve imitare.
Gli investimenti pubblici scenderanno del 60%; i programmi di spesa per nuovi ospedali e 700 nuove scuole verranno rivisti. I ministeri dovranno giustificare ogni progetto sulla base di una accurata analisi costi- benefici. La previsione è che si abbandoneranno i grandi progetti di investimento e ci si concentrerà sulla spesa di manutenzione: un’altra lezione che anche l’Italia dovrebbe studiare. C’è anche una misura di pura supply-side: la riduzione dell’aliquota dell’imposta sui profitti delle imprese, compensata però da una riduzione delle detrazioni e da una imposta sulle banche.
Un budget coraggioso, ma anche rischioso, per parecchi motivi. Il primo è la gestione politica. Una riduzione indiscriminata di spesa dei ministeri del 33% è una misura da tempo di guerra, non sembra politicamente e forse tecnicamente fattibile. Finora nei sondaggi questa manovra lacrime e sangue viene accettato da una forte maggioranza di cittadini, e il cancelliere Osborne rimane sorprendentemente popolare (il contrasto con il caso italiano è istruttivo: da noi la manovra finanziaria, che riduce la spesa in modo quasi impercettibile, sta costando cara al governo nei sondaggi). Ma quando i tagli ai ministeri e ai servizi pubblici diverranno effettivi, e i cittadini ne sentiranno gli effetti concretamente, sarà difficile per il governo mantenere il programma davanti alle inevitabili proteste.
Non è un caso - e questo è il secondo rischio - che gran parte dei sacrifici siano concentrati alla fine del quinquennio, come sempre avviene con i bilanci multi-annuali: per il 2010-11 la riduzione del disavanzo sarà piccolissima, circa lo 0,6% del Pil, ma aumenterà fino al 3% nel 2014-15. Per i politici la tentazione di apparire rigorosi ma di posticipare i sacrifici è sempre irresistibile, e un bilancio multi-annuale è lo strumento perfetto per questo.
Il terzo rischio è negli aspetti distributivi. Apparentemente il budget vi presta molta attenzione, anche per la pressione dei Lib-dem di Clegg. I tagli alla spesa sociale e l’aumento dell’Iva (che pesa di più sui meno abbienti) sono compensati da un aumento della soglia di esenzione dall’imposta sul reddito e da un aumento dell’aliquota della capital gain tax per i più abbienti. Ma come fa notare il prestigioso Institute for Fiscal Studies, quando i tagli ai ministeri saranno effettivi e si dovranno ridurre i servizi erogati, allora il costo di queste misure ricadrà molto di più sui meno abbienti.
L’ultimo rischio è nelle previsioni del Tesoro, secondo cui nei prossimi cinque anni vi sarà una crescita media del 2,4% all’anno.Come nota Filippo Cartiglia di Method, l’ultima volta che si registrò una crescita simile per un quinquennio fu nel periodo 1983-88, anch’esso un periodo di risanamento di bilancio. Ma allora la crescita mondiale era molto più alta, e all’inizio del periodo il settore privato era molto meno indebitato, gli intermediari finanziari avevano una leva minore, e i prezzi degli asset (case e azioni) era più basso. C’era più spazio dunque per la crescita del credito al settore privato e per un aumento della ricchezza delle famiglie, che stimolarono consumi e investimenti privati. Queste premesse oggi non ci sono.