Luigi Bandini, Libero 8/7/2010, 8 luglio 2010
QUANDO MONTANELLI PENSAVA DI CAMBIARE DI EGIDIO BANDIN
il 28 gennaio 1981. Della Lega Nord non si sospetta neppure lontanamente la nascita, ma una proposta, da Milano e, precisamente, dalle colonne del ”Giornale Nuovo” diretto da Indro Montanelli rimbalza nella redazione della ”Gazzetta di Parma”. Autore della lettera lo scrittore Giorgio Soavi che, proprio nell’80° anniversario della morte di Giuseppe Verdi, scrive a Montanelli: «Perché mai non chiediamo a chi di dovere il permesso di adottare come inno nazionale italiano il coro del ”Nabucco” al posto di quell’altro che rappresenta, secondo me, la parte più stanca di noi.» Insomma, la bellezza di ventinove anni fa, c’era già chi pensava al ”Va pensiero” come inno nazionale ben più confacente rispetto a ”Fratelli d’Italia”; ovvero assai meglio Giuseppe Verdi di Michele Novaro, e altrettanto meglio Temistocle Solera di Goffredo Mameli. La risposta di Indro Montanelli a Soavi è di quelle che, come sempre, lasciano il segno: «Alla frase ”Fratelli d’Italia” uno pensa immediatamente ai Lefebvre, ai Caltagirone e a altre dinastie di risme a dir poco dubbie e nemmeno io ho capito perché mai, con un Verdi vivo e vegeto quando l’Italia raggiunse l’Unità nazionale, non si ricorse a lui per dotarla di un inno degno di questo nome. Ma comunque l’idea di farlo ora ricorrendo al ”Va pensiero” mi sembra da prendere in considerazione perché ha dalla sua una vera e propria tradizione storica. Fu quel coro la vera canzone del Risorgimento. Verdi (che, diceva Rossini, era «un musicista con l’elmo») la compose proprio per questo. Sicché riportandola alla sua patriottica funzione compiremmo anche un atto di giustizia». Dubbio legittimo, quello di Montanelli, oppure sotto c’era dell’altro, ad esempio una ”padanità” in nuce che impedì di ricorrere al ”Cigno di Busseto” per comporre l’inno italiano? Verdi, però, era indubbiamente padano. Quindi, perché mai, citando il grande Indro, non si ricorse a lui? Goffredo Mameli, benché di origini sarde, era genovese, come genovese era Michele Novaro, il compositore che, nel 1847, musicò il ”Canto degl’italiani”, divenuto poi inno nazionale; entrambi, quindi, del Nord Italia. Giuseppe Verdi era sì di Busseto, ma aveva fitte frequentazioni napoletane che, nel 1848, lo portarono ad adattare parte della musica della sua opera ”Ernani” ad un testo di Michele Cucciniello, dal titolo ”La Patria”. Lo spartito dell’inno nazionale di Verdi è stato ritrovato negli archivi del Conservatorio napoletano San Pietro a Majella ed è stato stampato dall’editore Girard nel 1848 a Napoli. Il ritrovamento è opera del maestro Roberto De Simone. Un inno alla Patria, dunque, Verdi lo aveva musicato, ma con un evidente difetto: era dedicato a Ferdinando II di Borbone. Così l’inno verdiano rimase nei cassetti del conservatorio ed ebbe la meglio Mameli.