Geronimo, Libero 8/7/2010, 8 luglio 2010
IL GUAIO DELL’ITALIA: LA POLITICA MORTA
Questa volta possiamo convenire con Ernesto Galli della Loggia che in un editoriale sul Corriere della Sera parla del declino del Paese per l’assenza della politica. Un tema a noi caro e per il quale più volte, da almeno 5 anni, abbiamo lanciato inutilmente l’allarme. Un giudizio di questo genere non deve offendere nessuno, né maggioranza né opposizione e men che meno i leader politici che potranno non essere d’accordo con la nostra tesi e con quella di Galli della Loggia ed allora saremo tutti interessati alle loro argomentazioni. Quel che forse manca nell’editoriale di Galli della Loggia è l’origine di questa lenta scomparsa della politica, di quell’arte, cioè, di ricomporre in un progetto complessivo gli interessi e i bisogni di un Paese e, ricomponendoli, ne limiti anche i rispettivi estremismi e asperità nell’interesse comune in modo tale che larga parte degli stessi vi si possano riconoscere. in questo compito che la politica si esalta e riscopre il suo primato senza il quale ogni interesse ed ogni potere diventano autoreferenziali e ogni bisogno viene urlato con un estremismo che vanifica ogni possibile risultato.
L’origine di questo lento spegnersi della politica ha, però, una data, quella della messa in discussione delle culture politiche che avevano governato l’Italia nei primi cinquant’anni. Il nostro non è un discorso nostalgico quanto un modo per capire ciò che è accaduto e sollecitare politici, giornalisti, intellettuali, imprenditori e sindacati ad una riflessione e ad un dibattito nell’interesse del paese. L’inizio di questo processo involutivo nacque con la crisi del vecchio Pci. Abbandonato anche dagli intellettuali subito dopo il crollo del muro di Berlino e del comunismo internazionale, il Pci piuttosto che evolvere verso la sponda del socialismo europeo ricomponendo la vecchia frattura della scissione di Livorno del 1921, scelse una strada diversa, ad un tempo negazionista e autoritaria. Negazionista perché, perso il proprio profilo identitario, cominciò il lungo e mendace processo contro ogni identità politica confondendo l’identità con l’ideologia. Insomma quella che era la sconfitta della propria ideologia e della propria identità il Pci la trasferì, di intesa con la grande borghesia del salotto buono, su tutte le forze politiche ed in particolare su quelle culture politiche che avevano vinto la battaglia della Storia.
La strada scelta dal vecchio Pci fu, poi, autoritaria perché tra i suoi dirigenti prevalse l’opzione giudiziaria per la conquista del potere come ci confidò Gerardo Chiaromonte piuttosto che quella politica capace di dare anche all’Italia una grande forza socialista del tipo di quella spagnola, francese, inglese e tedesca. La criminalizzazione dell’identità partorì il pensiero unico degli anni ”90 che unì sinistra e destra e aprì le porte alla nefasta accoppiata, quella del liderismo proprietario e del programmismo. Due colossali errori culturali che hanno portato a quell’Italia di oggi senza politica. Ma c’ è di più. Man mano che il processo involutivo della politica avanzava si introducevano nelle vene del Paese dosi massicce di violenza verbale e di criminalizzazione dell’avversario che è il corollario naturale di una politica personalistica priva di ogni cultura di riferimento.
Quando noi accentuiamo il ruolo di una cultura politica di riferimento nell’ambito dei partiti è perché la riteniamo il decodificatore dei nuovi bisogni e delle nuove speranze della comunità nazionale ed europea. Senza questo ”decodificatore” la politica si riduce a negoziare solo interessi, sempre più piccoli e spesso anche scellerati e sempre più lontani dalla società. Di questo processo involutivo ne vediamo oggi quegli effetti che denuncia Galli della Loggia che non deve dimenticare, però, il ruolo che ha avuto, in questi anni, anche il suo giornale. Come ci racconta in un suo divertente libro Michele Brambilla, su alcune mura di Brescia comparve qualche tempo fa una scritta – basta con i fatti, vogliamo le promesse”. A prima vista può sembrare irriverente, ma quella scritta chiedeva la speranza, una strada sicura anche se accidentata, tutte cose che solo quella politica di cui abbiamo parlato può dare.