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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

L’ALTA MODA VA IN UFFICIO

Il glamour che non rincorre la spettacolarità è tinto d’ambra, una sottile sfumatura che dona solo alle donne bionde e pallide. Come le 45 modelle scelte da Giorgio Armani per sfilare con la sua linea Privè. Tutte con i capelli lunghi e ondulati color del grano, tutte senza un filo di rossetto, tutte in fuga dai raggi solari («pena, un incarnato che si confonderebbe con il colore degli abiti»). Mentre gli stilisti parigini celebrano una couture che per il 90 per cento è fatta di vestiti da sera spettacolari, il creatore milanese va controcorrente e si concentra in gran parte sul giorno. Semplice, lineare, portabile, eppure sofisticatissimo. «Perché le clienti che hanno mezzi non vanno solo ai balli, vogliono un guaradroba completo. Sono mogli di capi di Stato, di ambasciatori, ma anche manager d’altissimo livello». Quella tinta speciale fra il cognac e il biscotto rosato che domina la collezione è la cifra di un nuovo chic solido, coerente, che cattura gli sguardi senza tanti fuochi d’artificio. Eccole le bionde di potere in tailleur, accarezzate da giacche sciallate da una parte, gonne e abiti a matita, cappe geometriche da sfoggiare anche a un consiglio d’ammistrazione. Uno stile ben preciso che ha le sue regole: «Vita stretta, spalle sostenute, orli un dito sotto il ginocchio per slanciare la figura, pantaloni svasati dal ginocchio in giù, corti alla caviglia. E poi spille in legno che serrano i cabane oppure decorano un rever. Sono partito da un oggetto d’ambra che posseggo da tempo e mi piace accarezzare, è caldo, sensuale, magico», spiega Armani raccontando come sono nati i modelli di questa sfilata dedicati a una femminilità in bilico fra Lauren Hutton e Veronica Lake. Per carnagioni lattee, come quella di Isabelle Huppert e Daphne Guinness, sedute in prima fila. «Un tempo Mila Schön e Valentino creavano mise eleganti anche da mettere la mattina, poi ce ne siamo dimenticati, sono arrivati in passerella cavalli e carrozze... La moda spettacolare di Lagerfeld e Galliano, che fanno cose eccelse, non è nelle mie corde. Preferisco una ricerca più intimista e sofisticata». Anche la sera è scandita da una sontuosa linearità che evidenzia la bellezza dei broccati e delle trame intessute con luminosi fili di cellophane. «Non nego che ci siano richieste di toilette importanti. Certi modelli con bustier e pieghe a cannone li ho fatti per regine come Rania di Giordania». Voilà la real couture di Armani che sfila con «i piedi per terra», nel caveau di un ex banca in place Vendôme.
Parigi, sempre e solo Parigi. Ma all’alta moda romana - che ora è guidata da Silvia Venturini Fendi, tesa a recuperare l’artigianalità italiana - non sfilerebbe nemmeno una micro collezione? «Dipende dal contesto, è difficile riportare a Roma la stampa internazionale che ormai viene con piacere solo qui a vedere la couture». Una couture preziosissima come quella presentata ieri da Riccardo Tisci per Givenchy: dieci abiti lavoratissimi che costano una fortuna, ispirati alle ossessioni di Frida Kahlo: «Religione, morte e sensualità, tradotte in tute vedo nudo di pizzo con ricamate le ossa degli scheletri, giacche anatomiche decorate con trine intinte nella ceramica liquida, abiti di tulle degradè». Da vedere e toccare solo su appuntamento. «Come faceva negli Anni Cinquanta Hubert de Givenchy. Dopo cinque anni di sfilate show volevo tornare all’essenza del lusso», dice Tisci. I talenti italiani che lavorano nella Ville Lumière sono concreti, vanno dritti alla meta: vendere. Gian Battista Valli a furia di vestire mamme e figlie con pezzi intercambiabili, ricercati ma facili da portare, in autunno apre con le sue forze la sua prima boutique a un passo da Faubourg Saint-Honoré, «proprio sotto il mio atelier, una rarità di questi tempi avere negozio e atelier nello stesso palazzo». E a ottobre debutta con il prêt-à-porter di Worth il veneto Giovanni Bedin, che ieri ha mostrato le sue mini redingote. Più preziose dentro che fuori, foderate di crinoline e intarsi, sono abbottonate con teste di serpente in oro e smalto realizzate dalla designer piemontese Carla Maria Orsi.
Da Margiela (prodotto da Renzo Rosso) continua la sperimentazione per dare una seconda vita ai capi con i materiali di scarto: da vecchie borse e portafogli assemblati nascono le giacche; con la pelle riciclata di consunti giubbotti prendono forma boleri scoubidou.