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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

 UN’ALTRA TANGENTOPOLI, MA I PARTITI NON CI SONO PIU’

Saluti da Firenze. Alle 13,15 di un martedì torrido e appiccicoso, tre anni dopo l’inizio di tutto, il presidente della I sezione del Tribunale Emma Boncompagni entra in aula e legge il dispositivo: «Questa corte dichiara la propria incompetenza territoriale e dispone l’immediata trasmissione degli atti a Roma».
Fine della storia. Ci sono volute tre ore di camera di consiglio, ma la sostanza non cambia. Lo aveva stabilito la Cassazione il 10 giugno, lo sancisce definitivamente il Tribunale di Firenze. Saranno i magistrati della capitale a doversi occupare dell’appalto per la Scuola dei marescialli, toccherà a loro giudicare Angelo Balducci, Fabio De Santis, il costruttore Riccardo Fusi e il coordinatore del Pdl Denis Verdini. Tutti indagati per corruzione. Per i primi due, in carcere da sei mesi, la procura di Firenze aveva chiesto il giudizio immediato. Ora si ricomincia da capo.
Ai magistrati fiorentini che passeranno alla storia per aver scoperto la cricca - i pm Giuseppina Mione, Giulio Monferini e Luca Turco - in mano resta pochissimo: rivoli secondari di un’inchiesta fiume, in parte sfociata a Perugia e in parte a Roma. Cala il sipario. Ed è talmente evidente il passaggio anche simbolico della giornata, che per la prima volta il pm Turco si lascia andare a un commento: «Questa non è Tangentopoli. Il sistema di corruzione emerso mostra una diversa declinazione dei rapporti fra affari e politica. Prima al centro c’erano i partiti, oggi ci sono diversi funzionari pubblici e alcuni esponenti politici. Attorno a loro si è formato un sistema di relazioni fatto di favori e dazioni». A chi gli chiedeva se fosse deluso, ha risposto con un sorriso amaro: «E’ una battuta d’arresto, ma il nostro lavoro è così. Non mi piace pensare al passato, domani si ricomincia».
La discussione sulla competenza territoriale era incentrata su una duplice interpretazione. I pm di Firenze ritenevano che proprio qui, il 18 febbraio 2008, fosse stato stipulato il «pactum sceleris» fra Fusi e il faccendiere Francesco De Vito Piscicelli, in qualità di intermediario della cricca. L’obiettivo era far rientrare la Btp di Fusi nell’appalto dei Marescialli. Per la difesa invece, che ha vinto il ricorso in Cassazione, e ora anche per il Tribunale di Firenze, contano le successive dazioni avvenute a Roma: gli orologi in regalo e la nomina di De Santis a provveditore delle opere pubbliche della Toscana. Le utilità. «Che sono esplicitamente indicate nel capo di imputazione come corrispettivi per la reimmissione della Btp nel cantiere», si legge nelle motivazioni. A Roma, quindi. Ed ecco che, quasi per un riflesso condizionato, subito c’è chi evoca il porto delle nebbie. «Ma il nostro è un lavoro fatto e finito - spiega ancora il pm Turco - finora nessun giudice ha messo in discussione la solidità delle accuse che abbiamo raccolto». Si vedrà.
Ma mentre Firenze usciva ufficialmente di scena, in aula è arrivata un’altra notizia. La morte in ospedale di uno degli imputati, l’avvocato d’affari Guido Cerruti. Romano, 66 anni, era gravemente ammalato. Dal 5 marzo al 7 maggio era stato agli arresti domiciliari, fino a quando le sue condizioni erano diventate incompatibili. Secondo l’accusa, anche la parcella pagatagli da Fusi sarebbe stata una dazione «per l’attività relativa alla Scuola dei marescialli».
Una specie di tangente mascherata da consulenza. L’avvocato Vincenzo Dresda, che ieri mattina era in aula per rappresentarlo, si è ritrovato di colpo solo: «Sono certo che è morto innocente. Come non ci sono dubbi sul fatto che accuse tanto ingiuste abbiano influito negativamente sulla sua malattia». finito agli arresti anche il direttore del carcere di Massa, Salvatore Iodice, coinvolto nell’assegnazione di appalti illeciti affidati a un numero ristretto di aziende per opere pubbliche all’interno della casa circondariale di Massa. L’operazione denominata «Do ut Des» ha portato all’arresto di nove persone, tra funzionari pubblici e imprenditori, tra le Province di Massa Carrara, Viareggio, Livorno e La Spezia, accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, turbativa d’asta, falso e concussione.