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 2010  luglio 04 Domenica calendario

UN DILETTANTE DI SUCCESSO DA LIVORNO AL QUIRINALE

E’ la storia di un dilettante di grandissimo successo. Davvero straordinario il racconto della vita di Carlo Azeglio Ciampi, come è ritratto dal suo maieutico intervistatore, Arrigo Levi, amico e consigliere durante il settennato presidenziale. Una biografia curiosa, quella scritta a doppia voce da due grandi vecchi della nostra Repubblica. Entrambi testimoni e protagonisti di un importante pezzo della nostra vita pubblica, intrecciano il filo dei ricordi scambiandosi ogni tanto le parti, perché le domande dell’ex direttore della Stampa, qualche volta, sostituiscono le risposte dell’ex governatore e dell’ex capo dello Stato. Soprattutto quando scatta il rischio della retorica e dell’autocelebrazione, i vizi più temuti da Ciampi.
Il libro, intitolato Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano ed edito dal Mulino (pag. 168, 14 euro), si distacca dai consueti diari di memorie di personaggi illustri perché, più che rivolto al passato, è proiettato al futuro. Le vicende personali e pubbliche di Ciampi, infatti, costituiscono una importante lezione di vita per i nostri giovani. I novant’anni del protagonista e quelli di poco meno del suo intervistatore non spingono i due coautori alla nostalgia rivendicativa, ma a una motivata e didascalica fiducia nell’avvenire. Un sentimento di cui i nostri ragazzi, in questi momenti così difficili per loro, hanno proprio bisogno.
I passaggi decisivi della storia di uno dei personaggi pubblici più stimati e amati della nostra Repubblica si snodano proprio sull’incontro tra il caso e la decisione personale, tra l’impreparazione specifica e la volontà di imparare, tra la renitenza a un impegno al quale non si era mai pensato e la determinazione assoluta quando lo si accetta. Così la vita di Ciampi dimostra come sia possibile mantenere fermi i principi di fedeltà ad ideali apparentemente opposti. Valori che hanno diviso l’Italia della seconda metà del Novecento, come quelli tra laici e cattolici o tra antifascisti e anticomunisti.
Ciampi nasce a Livorno da una famiglia cattolica ma risorgimentale, viene educato dai gesuiti, ma si laurea in un ambiente di forte impronta laica, la Normale di Pisa e, durante la Resistenza, ha in Guido Calogero, una delle figure più luminose del pensiero azionista, la sua guida filosofica, morale e politica. Nel dopoguerra, con la doppia laurea in lettere classiche e in giurisprudenza, si prepara alla carriera di un appassionato insegnante nei licei della sua Livorno. Ma, ancora una volta, il destino gli prepara una sorpresa: l’ingresso alla Banca d’Italia senza possedere una preparazione da economista. Anzi, una doppia sorpresa, perché lo spedisce a Macerata, in una regione bagnata dal mare opposto al suo Tirreno. Infine, lo porta a Roma, proprio in quell’ufficio studi di via Nazionale dove si confrontano gli economisti più brillanti d’Italia.
A queste sfide del caso, l’ex presidente risponde con la sua «filosofia» che, con il tipico understatement, sintetizza così: «Non prendere impegni che sono al di là delle tue forze. Ma se li devi prendere, bando a ogni incertezza o timidezza, rimboccati le maniche e mettiti a lavorare». Una lezione che, dopo una vita passata alla Banca d’Italia, gli serve anche per fare il grande salto in politica, prima come presidente del Consiglio e ministro del Tesoro e, poi, alla più alta carica, quella di presidente della Repubblica.
Arrivato a 72 anni, Ciampi, così, è costretto a imparare una professione che gli aveva suscitato sempre diffidenza e a vivere in un ambiente che è pronto a ricambiarlo con lo stesso sentimento. Qui la testimonianza di quegli anni, raccolta dall’intervistatore con leggerezza di stile ma senza ipocrite censure, non trascura di rivelare qualche passaggio polemico. Il primo, riferisce la consapevolezza che il suo governo, «contrassegnato dalle bombe», «non fosse gradito a una parte non piccola, ma evidentemente potente, della realtà italiana». Il secondo, racconta un gustoso retroscena del ”98. Quando D’Alema, caduto il governo Prodi, anche a nome di Veltroni, gli chiede di accettare la nomina a presidente del Consiglio. Dopo un suo sofferto «sì», «cala il silenzio più assoluto» e, dopo qualche giorno, viene nominato proprio D’Alema capo del governo.
Fu quello, forse, il momento in cui Ciampi si ricordò della sua «ingenuità», nel ”45, quando un inviato del partito d’Azione, pur di rimpinguare le casse desolatamente vuote della sezione livornese, gli consigliò di darsi al fiorente commercio nero che allora si praticava in città. Il giovane militante si scandalizzò per quella proposta e capì che «per far politica...». La frase di Ciampi si interrompe con questi puntini. Ma è Levi che s’incarica di completarla: «ci vuole molto pelo sullo stomaco».

P.S. Devo avvertire che questa lettura del libro contravviene a una regola fondamentale della mia professione, quella dell’assenza del pregiudizio, in questo caso positivo, nei confronti degli autori. Me ne scuso con i lettori e, soprattutto, con un maestro di giornalismo, come Arrigo Levi. L’autodenuncia è obbligatoria, come la confessione: non me ne pento affatto.