Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 8/7/2010, 8 luglio 2010
IL PIL SVEDESE CRESCE DEL 3,3%
Il ministero delle finanze svedese ha appena annunciato che il 2010 sarà ancora migliore per l’economia scandinava che crescerà del 3,3% anziché del 2,5%. Nello scenario europeo si tratterebbe, se acquisito, di un risultato di tutto rispetto. La Svezia quindi si prepara ad archiviare la peggiore recessione del dopoguerra e a ripartire di slancio. Si tratta di un’economia molto aperta al commercio internazionale, con forti specializzazioni tecnologiche e con la peculiarità di non far parte dell’euro pur essendo un paese dell’Unione. La Svezia è stata, e in qualche modo lo è ancora, il simbolo del generoso welfare state europeo. Uno stato sociale efficiente ma onnivoro, tanto ampio da aver bisogno di una tassazione perfino superiore al 50% della ricchezza prodotta annualmente per essere mantenuto. Il welfare svedese degli anni Ottanta e Novanta era proprio così: generoso, funzionante ma fiscalmente opprimente. Un modello che comunque ha fatto scuola. Ora a Stoccolma sono al governo i moderati, la stagione socialdemocratica per un po’ è andata all’opposizione. I liberali scandinavi hanno iniziato da qualche anno a varare riforme per rendere diverso il welfare svedese. Meno tradizionale e passivo, più attivo, nel senso delle politiche adottate, e mix nella gestione affidata anche ai privati. Il sussidio di disoccupazione, ad esempio, può essere percepito soltanto da chi non rifiuta un’offerta di lavoro fatta dagli uffici pubblici predisposti, mentre gli ospedali di Stoccolma sono stati in parte privatizzati. Lo Stato vigila e controlla ma la produzione dei servizi sanitari è stata affidata a soggetti non pubblici. Il risultato del riformismo svedese sul fronte dello stato sociale inizia a produrre effetti nella macroeconomia e nella contabilità pubblica. La competitività internazionale dei prodotti e dei servizi svedesi è migliorata, anche perché il prelievo fiscale è sceso, e il pil nazionale cresce ben al di sopra della media europea. L’esempio e l’esperimento svedesi sono molto interessanti per gli europei che vogliono rimanere agganciati alla globalizzazione senza fare impossibili barricate doganali o ideologiche. Se si è capaci di elaborare una strategia riformista che allinea il welfare state al mondo cambiato dalle forze economiche internazionali, allora si può continuare a fare crescita economica e anche garantire una buona inclusione sociale. Ovviamente vanno eliminate rapidamente le sacche di parassitismo e inefficienza annidate nella spesa pubblica e fatte digerire riforme che modificano alcune agiatezze garantite per anni dai soldi dello Stato. Si tratta di saper convincere la società che un po’ di privatizzazioni e di cambiamenti, rispetto a presunti diritti quesiti non più finanziabili, sono assai meglio dello spiazzamento nei mercati globali. Impoverire per incapacità di riformare è oggi una opzione molto più concreta e rapida di quanto non si creda.