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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

I TRE GRADI DI GIUDIZIO SONO TROPPI, MA NECESSARI

In un programma di Corradino Mineo, un magistrato ha fornito concisi e intelligibili chiarimenti relativi alla sentenza Dell’ Utri. Ha affermato tra l’ altro - non ricordo le parole esatte, ma questo era il senso - che per prassi il Tribunale d’ Appello modifica la sentenza di primo grado. Il solitamente attentissimo Mineo non ha commentato, cosa che interpreto com’ essere un fatto noto e normale. Sono allibito: se è così, non ritiene che la prima riforma da fare sia quella di sopprimere uno dei due primi gradi di giudizio?
Vittorio A. Farinelli vittoriofarinelli@ tiscali.it
Caro Farinelli, si potrebbe sostenere esattamente il contrario, vale a dire che mai come oggi i tre gradi di giudizio sono una garanzia di cui non possiamo fare a meno. Se il numero delle sentenze riformate dall’ appello rappresenta più del 50% del totale, come sostiene Giuliano Pisapia, dovremmo concluderne che il margine di errore possibile è, in primo grado, altissimo. Questa è per l’ appunto la tesi di Pisapia, presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati durante la XIII legislatura, in un libro scritto con Carlo Nordio e pubblicato quest’ anno da Guerini Associati («In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili»). Carlo Nordio, procuratore aggiunto a Venezia, riconosce le ragioni di Pisapia, ma osserva che i tre gradi sono in contraddizione con il sistema accusatorio introdotto nel 1989. Abbiamo abbandonato il sistema inquisitorio del codice Rocco («in cui le prove sono acquisite prima e tenute segrete») per adottare quello anglo-americano, in cui la formazione della prova avviene durante il dibattimento. Ma abbiamo conservato i mezzi d’ impugnazione del sistema precedente «dove le garanzie erano inesistenti nella fase investigativa, minime in quella dibattimentale e massime in quella di ricorso». Insomma, anziché passare chiaramente dal sistema inquisitorio al sistema accusatorio, li abbiamo combinati e mescolati appesantendo e rallentando ulteriormente il percorso della giustizia. Il legislatore avrebbe dovuto capire, secondo Nordio, che un nuovo sistema processuale funziona quando viene importato insieme a tutte le condizioni che lo rendono coerente, fra cui in particolare «la discrezionalità dell’ azione penale, la separazione delle carriere, la distinzione tra il giudice dei fatti e il giudice del diritto, l’ estensione dei riti alternativi e, più in generale, quella pragmaticità che potrà anche non piacere, ma che consente di gestire una marea di casi in tempi ragionevoli». E aggiunge: «Alcune di queste caratteristiche erano compatibili con la nostra Costituzione, altre no». Delle condizioni elencate da Nordio quella che a me sembra particolarmente importante per il buon funzionamento del sistema accusatorio è la separazione delle carriere. Là dove, come da noi, il magistrato inquirente e il magistrato giudicante appartengono a una stessa famiglia istituzionale, mi sembra umanamente prevedibile che, al momento della sentenza, il giudice tenga maggiormente conto della richiesta del collega che ha impegnato se stesso nella costruzione di una tesi. Quanto maggiore è la distanza che separa l’ accusatore dal giudice, tanto maggiori sono le possibilità di una sentenza giusta. questa la ragione per cui credo nella necessità di separare le carriere. Sarà più facile allora eliminare un grado di giudizio o perlomeno limitare il numero di casi in cui sarebbe possibile.
Sergio Romano