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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

LA BATTAGLIA PER L´ACQUA DEL NILO

Se per millenni il suo limo fertile e il suo flusso rigoglioso ne hanno fatto una manna per l´Africa, rendendo più vigorose tutte le civiltà bagnate dalle sue acque, il Nilo potrebbe oggi diventare teatro di un conflitto di proporzioni apocalittiche tra l´Egitto e i paesi alle fonti del fiume che ne rivendicano un utilizzo sempre maggiore. A lamentare il dominio egiziano della risorsa idrica del fiume più lungo del mondo sono Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda, Congo, Kenya ed Etiopia: paesi che vogliono anch´essi la loro parte d´acqua per costruire dighe idroelettriche, alimentare nuove terreni agricoli e dare vita a quello sviluppo che ha tardato a prodursi proprio per colpa della scarsità di acqua disponibile.
Da diversi decenni la corsa per l´accaparramento delle risorse idriche fomenta in Africa scontri e guerre etniche. Spesso le sorgenti dei grandi fiumi si trovano in un paese diverso da quello dove questi nascono, gli affluenti si diramano in altri stati e la gestione di un bacino è quasi sempre fonte di problemi. Ma in questo caso si tratta del Nilo, che con i suoi 6.700 chilometri attraversa dieci paesi, correndo dall´Africa nera al Mediterraneo, tagliando in due il più grande deserto del pianeta e procurando cibo a 300 milioni di uomini.
Il trattato finora in vigore risale al 1929 ed era stato concluso tra l´Egitto e il colonizzatore britannico. L´accordo prevedeva che l´Egitto potesse utilizzare 84 dei 100 miliardi di metri cubi d´acqua all´anno, che è la portata media del fiume. Nel 1959 un nuovo protocollo siglato da Egitto e Sudan, stabilì una quota per il Cairo di 55,5 miliardi di metri cubi e un´altra per Khartum di 18,5 miliardi di metri cubi. Il trattato riservava inoltre all´Egitto un diritto di veto su tutti i lavori a monte suscettibili di ridurre la portata del fiume.
Dopo un decennio di difficili negoziati, lo scorso maggio cinque paesi rivieraschi hanno firmato un nuovo testo per lo sfruttamento comune del fiume, che rende carta straccia il vecchio trattato coloniale. Nonostante il boicottaggio di Egitto e Sudan, che accampano diritti storici e che ancora possiedono la maggior parte di quelle acque, Etiopia, Uganda, Ruanda, Kenya e Tanzania, hanno siglato ad Entebbe, nell´ambito del "Nile basin initiative", un accordo per un utilizzo condiviso di quell´oro blu rappresentato dalle acque del Nilo. Anche se molti paesi avevano spesso lamentato il dominio egiziano delle risorse idriche del grande fiume africano, non si era mai giunti a un accordo separato.
Stizzito, il Cairo ha reagito anteponendo argomenti di "sicurezza nazionale", e non esclude l´eventualità di usare l´aviazione militare contro l´Etiopia, la quale ha appena avviato la costruzione di una diga sul lago Tana Beles, lungo il corso del Nilo Blu (con finanziamenti che verranno in parte stanziati dal governo italiano). Gli egiziani sono così infastiditi dai piani idrici dell´Etiopia da aver stretto una nuova alleanza con gli eritrei, nemici storici di Addis Abeba e con cui nel 2006 hanno firmato un zoppicante accordo di pace. Quindi, se un domani l´Egitto dovesse attaccare gli etiopici è verosimile che al suo fianco si schiererebbero immediatamente le truppe di Asmara.
Sempre secondo il Cairo, a complicare questa già intricata faccenda c´è il ruolo di Israele, che incoraggerebbe le nazioni alla fonte del fiume a rivendicare i loro diritti e sarebbe pronta a finanziare la costruzione di una mezza dozzina di dighe idroelettriche. Chi può fermare questa escalation? Secondo il presidente della World peace foundation, Robert Rotberg, i soli in grado di farlo sono gli Stati Uniti, che da anni forniscono armi sia agli egiziani sia agli etiopi. «Washington deve intervenire al più presto per sedare gli animi», ha scritto pochi giorni fa sul New York Times Rotberg, sostenendo che solo l´amministrazione Obama è oggi in grado di scongiurare i rischi di una delle guerre più cruente della storia del Continente nero.
L´Egitto dovrà adesso soppesare la sua risposta all´accordo che inizialmente aveva respinto in blocco. Il capo della diplomazia egiziana, Ahmed Aboul Gheit, ha recentemente spiegato che sono in corso negoziati per determinare se il suo paese resterà fuori dal trattato, o se invece tenterà di emendarne il testo per poterlo finalmente condividere.
Nell´antico Egitto, il Nilo era considerato una via tra la vita e l´oltretomba. Più modestamente, oggi fornisce al paese il 90 per cento del suo fabbisogno di acqua: se il Cairo non dovesse spuntarla con gli altri paesi rivieraschi, per gli egiziani il fiume diventerebbe sinonimo di siccità e morte.