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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

I PARADOSSI DEL DELITTO BUONO

il paradosso centrale di due dei più importanti gialli della cultura occidentale – l’Enrico IV di Shakespeare e il film iconico Il padrino. In ciascuno, gli eroi, il Principe Hal e Michael Corleone, diventano i poli opposti rispetto ai loro personaggi d’origine, tanto che alla fine stentiamo a riconoscerli. Nel primo caso, l’amabile, perfido e criminale Hal diventa un cittadino onesto, degno del re suo padre; nel secondo, il rispettabile cittadino e valoroso soldato Michael Corleone diventa uno spietato boss malavitoso, degno di suo padre.
Tutti i gialli sono una ricerca della verità, e nella maggior parte dei gialli moderni la ricerca della verità è solitamente una ricerca di identità personale, un tentativo di rispondere alla domanda paradossale: «Come si può vivere una vita onesta in un mondo sostanzialmente disonesto?». Dopo tutto, questa è la domanda fondamentale in tutti i romanzi noir. Anacronisticamente, sosterrei la tesi secondo cui l’Enrico IV di Shakespeare è il primo noir in assoluto. Shakespeare ci mostra dapprima l’attesa scena di una corte reale, e di un re, l’Enrico IV che dà il titolo al dramma, stanco dei conflitti e desideroso di una pace di cui sa che molto probabilmente non riuscirà a godere. Si lamenta anche del fatto che suo figlio, il principe Hal, nominalmente l’erede al trono, è un dissipatore che sciupa il proprio tempo e reca onta alla famiglia nella zona peggiore di Londra, e in compagnia di furfanti e ladruncoli.
Dopodiché, piuttosto inaspettatamente, Shakespeare ci conduce proprio verso quel mondo, in una bettola – bordello nel quartiere malfamato di Eastcheap, dove ci viene presentato Hal mentre si sveglia con terribili postumi della sbornia insieme al suo pigro, depravato e truffaldino compare, Sir John Falstaff. Sebbene siamo apparentemente propensi a ripudiare questo mondo, scopriamo piuttosto che esso ci piace parecchio. divertente, movimentato, accogliente e confortevole. Lo sentiamo umano. A proposito, si tratta della prima raffigurazione nella letteratura moderna del mondo volgare dei bassifondi, il mondo dei ruffiani e dei locandieri, dei ladruncoli e delle sgualdrine, al posto dei duchi e dei principi, dei re e delle regine. Shakespeare illustra nitidamente questo mondo volgare passando dal pentametro giambico alla prosa comune, segno del fatto che i suoi personaggi non sono i reali e i nobili, non sono i signori e le signore che parlano in sublimi pentametri giambici, bensì nella lingua comune della gente. Questo è ilmondo scelto da Hal. Lo vediamo scambiarsi tipiche battute da doposbornia con Falstaff, spiritosaggini con maîtresse e prostitute, e persino progettare un furto per quella stessa notte. E a noi lui piace. Ma alla fine della scena, dopo che tutti i suoi amici si sono allontanati, Hal si rivolge al pubblico in un soliloquio che è paradossale: «...Dei miei falli / io voglio fare uno strumento d’arte, / e scegliere il momento di redimermi / quando la gente meno se l’aspetti» . In realtà, Hal ci dice che il suo essere «cattivo» è piuttosto una simulazione, così da sembrare ancor più «buono» successivamente. Si tratta anche di una risposta parziale alla domanda di come Hal cerchi di vivere una vita onesta in un mondo disonesto.
Il padrino comincia esattamente nello stesso modo; in verità, è sostanzialmente la stessa storia dell’Enrico IV ma con i poli morali invertiti. Come il dramma shakespeariano, il film si apre con il «re», il padrino, il boss mafioso, immischiato in affari di Stato nel giorno del matrimonio della figlia. Anche se vorrebbe evitare quella situazione, si sente costretto dalle sue stesse responsabilità a rimanere. Analogamente al re Enrico, si lamenta anche dell’assenza del figlio, chiedendosi se Michael riuscirà ad arrivare al ricevimento. Al pari di Hal, Michael ha rifiutato il mondo del padre. Ma, diversamente da Hal, che è «cattivo», il rifiuto di Michael assume una valenza «buona». un eroe di guerra cui sono state conferite varie decorazioni. In realtà, durante la sua prima apparizione nel film, indossa ancora l’uniforme del suo Paese. Ma lungi dal condannare la sua condotta, il padre è fiero del figlio e spera che non si lasci coinvolgere nelle attività criminose della famiglia. Aspira a qualcosa di più per lui – a una carica di senatore, magari persino di presidente. Però, al suo arrivo, Michael è chiaramente l’escluso del gruppo. E come Hal, la prima volta lo vediamo in compagnia di un amico. Ebbene, devo ammettere che Diane Keaton qui diventa un Falstaff bizzarro e slanciato, ma è esattamente il ruolo che occupa nella storia. Proprio come Falstaff istiga Hal a una vita da delinquente, Kay cerca di attirare Michael verso il mondo onesto. Lei è una maestra di scuola elementare, una donna innocente dai capelli color miele con la pelle di pesca e un che di affettato nel modo di atteggiarsi’ molto diversa dalle consorti disinibite dei mafiosi che vediamo per la prima volta mentre intonano una canzone volgare della prima notte di matrimonio.
Proprio come Hal sarà sempre diviso fra la sua famiglia e Falstaff, Michael Corleone sarà diviso fra la sua famiglia e Kay. Sulle prime, il suo rifiuto dello stile di vita della sua famiglia è assoluto. Dopo aver raccontato a Kay un paio di aneddoti indubbiamente curiosi e allettanti su suo padre, di fronte all’espressione sconvolta della donna dice: «La mia famiglia è così, Kay. Non mi somiglia».
Si tratta della prima’ e paradossale’ risposta di Michael alla domanda su come vivere una vita onesta in un mondo disonesto. Noi ci rendiamo conto che è diventato un eroe di guerra per separare eticamente se stesso dalla sua famiglia criminale, un modo per «pagare il debito» che non ha mai contratto. Tuttavia, entrambi i personaggi devono estinguere il loro debito, e nello stesso modo, nel momento in cui ognuno dei loro padri subisce una ribellione. la crisi che impone un esame delle loro vere identità’ di nuovo, un tema costante della letteratura noir’ e, in entrambi i casi, scelgono di invertire i loro poli morali in nome della fedeltà verso i propri padri.
Il principe Hal torna a casa, chiede perdono, e promette di essere un «bravo» figlio, intendendo fondamentalmente che è disposto a uccidere per suo padre. Le sue colpe verranno espiate nel sangue: «e al tramonto d’un giorno vittorioso / oserò di chiamarmi vostro figlio: / avrò indosso un vestito tutto sangue, / ed una maschera di sangue in faccia / che, lavata, porterà via con sé / l’ultima traccia della mia vergogna» . Questa nuova immagine rispetto a un Hal gaudente e scanzonato è scioccante. La cosa peggiore che gli abbiamo visto fare finora è tirare qualche scherzo innocuo, ora invece si immagina ricoperto di sangue. Non il suo, ma quello di altri. In realtà, promette di uccidere il feroce Hotspur, uno dei principali ribelli, che gode di una reputazione di valoroso guerriero.
Questa promessa, come potete ben immaginare, è accolta con qualche scetticismo, persino dal pubblico. Noi abbiamo avuto occasione di vedere Hotspur, sappiamo di che genere di sicario si tratti; e abbiamo visto Hal, e sappiamo quale burlone sia. Sembra molto improbabile che Hal possa riuscire a vincere o addirittura a sopravvivere, e abbiamo paura per lui. Drammaticamente, i due si devono affrontate in duello. E così fanno, e Hal uccide Hotspur. Dovrebbe trattarsi di un momento gratificante, sia per il personaggio che per il pubblico. Hal ha mantenuto la sua promessa, estinto il debito che non ha mai contratto, trionfato sul nemico, ed è diventato «buono». Tuttavia il momento è stranamente penoso. Nonostante sappiamo che Hal doveva uccidere Hotspur, e anche se siamo contenti che sia sopravvissuto, ci rammarichiamo per lui. Uccidendo, lui ha perso l’innocenza e la giovinezza. Non vedremo mai più il giovane gaudente che abbiamo così apprezzato nelle parti precedenti del dramma. D’ora in avanti, tutto ciò che vedremo sarà un vero e perfido assassino. Ora indossa davvero un «vestito tutto sangue». Nel diventare buono, è diventato cattivo. Analogamente, Michael Corleone diventa parte della famiglia malavitosa per proteggere suo padre e sedare la ribellione. Analogamente, il fratello di Michael ride sfacciatamente quando Michael dichiara che ucciderà lo scaltro Sollozzo e lo sbirro corrotto McCluskey, nel film interpretato in modo davvero magistrale da Sterling Hayden. Noi, il pubblico, ci chiediamo se sarà in grado di farlo. vero che è un eroe di guerra, ma non ha mai ucciso un uomo a sangue freddo. Eppure vogliamo che lo faccia. Vogliamo che Michael dimostri di essere «buono» commettendo un delitto. L’universo morale si è capovolto. In verità, in Il padrino, i membri della famiglia Corleone sono «buoni» – rappresentano l’onore e la giustizia. Nel film, non c’è un solo membro delle autorità che sia «buono» – i poliziotti sono tutti corrotti, i giudici sono pagati dai criminali, i politici sono tutti corrotti. Uccidendo i perfidi Sollozzo e McCluskey, Michael diventa un difensore del bene, uno che porta giustizia.
Michael è diventato pienamente il figlio di suo padre, si è definito in quel ruolo, e nient’altro importa. Per garantire l’incolumità di suo padre uccide entrambi gli uomini, a sangue freddo, nella splendida scena girata nel ristorante Louis. Va in bagno (lascerò che il simbolismo parli da solo) per rintracciare la pistola, esce e spara in faccia a tutti e due gli uomini. Ma appena prima degli spari, c’è un momento in cui un primo piano di Michael mostra la sua espressione amareggiata. Non è paura quella che scorgiamo nel volto sudato di Michael, è disgusto per ciò che sta per fare, e per ciò che sa che diventerà. Michael sa, e anche noi, che, esattamente come Hal, verrà trasformato da questa espiazione con il sangue, e non sarà mai più in grado di tornare quello di prima. Come Hal, il Michael che vediamo nel resto della storia è un omicida freddo e calcolatore. Ma è proprio questo che esige la storia – qualunque cosa di meno sarebbe insoddisfacente. Per Michael questo gesto lo riscatta agli occhi della sua famiglia. diventato uno di loro. Nel diventare «cattivo», è diventato «buono».
Don Winslow
(Traduzione di Licia Vighi)