Emilia Costantini, Corriere della Sera 06/07/2010, 6 luglio 2010
FICTION CON CARCERATI ATTORI PER IL DUO SCARPATI-FRASSICA
Nel carcere dove, tra gli altri, è rinchiuso Angelo Izzo, si gira una commedia, «Cugino & Cugino». Protagonisti, Giulio Scarpati e Nino Frassica, nei ruoli del titolo, ma nel cast sono stati reclutati anche cinque veri detenuti in regime di semilibertà. «E sono quelli più attenti e precisi - assicura il regista Vittorio Sindoni -. Persone che, avendo ormai scontato quasi tutta la pena, hanno la possibilità di uscire dal carcere il giorno, per andare a lavorare fuori, e rientrano la sera a dormire». Ma com’ è nata l’ idea di utilizzarli in veste di attori nella fiction? Risponde Sindoni: «Quando abbiamo iniziato ad allestire il set in uno dei bracci del carcere di Velletri, gli assistenti sociali ci hanno informato che, all’ interno del penitenziario, esiste da tempo un laboratorio teatrale, cui partecipano i detenuti. Così ne ho scelti alcuni, ma non ne abbiamo subito rivelato l’ identità al resto del cast: sono stati accolti come le altre comparse e poi hanno familiarizzato». La storia della serie (in 6 puntate e 12 episodi prodotta da Ldm per Rai Fiction) è quella di Filippo (Scarpati) e Carmelo (Frassica): il primo, vedovo e con un figlio di 6 anni, fa l’ educatore carcerario; il secondo è un cuoco che, però, rimasto senza lavoro, lascia il suo paese in Sicilia e piomba a casa del cugino che vive a Roma. All’ inizio, chiede un’ ospitalità di qualche giorno, ma naturalmente la sua presenza diventerà ben presto definitiva e stanziale. E la convivenza è tutt’ altro che semplice. Filippo, infatti, non solo deve badare a un bambino da crescere, ma è anche oberato da un lavoro molto impegnativo. Carmelo, dal canto suo, rimasto disoccupato perché il ristorante dove lavorava ha chiuso per far posto a un fast food, è un tipo esuberante, simpatico, affettuoso, ma molto ingombrante. E allora, nel corso delle 6 puntate, si dipanano equivoci, incomprensioni, attriti, colpi di scena esilaranti. Forse la sceneggiatura deve qualcosa a Neil Simon? «Beh, certo... la "Strana coppia" è un riferimento imprescindibile, quando si mette in scena la coabitazione di due uomini, con tutti i vizi e i vezzi del caso - ammette Scarpati -. Ma noi non rifacciamo il verso a Jack Lemmon e Walter Matthau, non solo perché la nostra è una storia diversa, ambientata in luoghi e tempi diversi, ma soprattutto perché i nostri personaggi sono lontani da quel modello». Concorda Frassica: «Se bisogna fare proprio dei paragoni o delle similitudini, allora direi che il mio Carmelo somiglia più al Gallo cedrone di Carlo Verdone, oppure a certi personaggi interpretati da Alberto Sordi. Insomma, siamo molto lontani da New York». Secondo Sindoni, la vera novità della serie tv sta nel fatto che una storia divertente sia ambientata, per buona parte, dietro le sbarre: «Di solito, in carcere vengono ambientate vicende angoscianti, drammatiche - osserva il regista -. Stavolta, invece, anche tra i detenuti si ride». Aggiunge Scarpati: «Un luogo di pena, lo dice la parola stessa, è sempre collegato alla tristezza. Eppure, tra i detenuti ho trovato grande vitalità: canalizzare questa vitalità in direzioni creative, mi pare possa essere un modo per rieducare. I detenuti che partecipano alla fiction, stanno contribuendo non solo con la loro creatività, ma aggiungendo anche un taglio critico a come rappresentiamo il carcere stesso. Avvicinare i mondi - continua l’ attore - l’ interno e l’ esterno, al di qua e al di là delle sbarre, ci aiuta a superare le nostre paure e a comprendere il mondo chiuso del penitenziario, di cui non si sa e forse non si vuole sapere niente». E Sindoni sottolinea: «Se il carcere è redenzione, la società deve capire che chi ha pagato il suo debito deve avere la possibilità di essere riabilitato». In tal senso, ha un’ importanza particolare la figura dell’ educatore carcerario: « una figura poco conosciuta - riprende il protagonista Scarpati - la persona che mantiene le relazioni tra i detenuti e i loro parenti». Interviene Sindoni: «Gli educatori, certe volte, aiutano le famiglie anche ad accettare in qualche modo la detenzione del loro congiunto. Ho visto bambini, figli di carcerati, che quando sono venuti a trovare il padre o la madre sono stati accolti come per partecipare a una festa. Per non essere traumatizzati... Insomma, il carcere può diventare una sorta di famiglia allargata».
Emilia Costantini