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 2010  luglio 06 Martedì calendario

LA LIBIA VUOLE ENTRARE IN BP, IL TITOLO VOLA

Gheddafi si prepara a conquistare la Bp. Il fondo sovrano libico sembra intenzionato a entrare nel capitale del gruppo petrolifero britannico travolto dal disastro nel Golfo del Messico, e mettere così nel carniere un’ altra preda europea, dopo essersi assicurato partecipazioni importanti che vanno, tanto per limitare il discorso agli interessi che ha con l’ Italia, da Unicredit a Fiat, da Eni a Finmeccanica. La British Petroleum, dal canto suo, è alle prese con le conseguenze dell’ esplosione della sua piattaforma Deep Water Horizon avvenuta lo scorso aprile: da un lato deve sopportare i costi, sempre crescenti (3,12 miliardi di dollari l’ ultima stima) per rimediare al disastro ambientale provocato, dall’ altro mettersi al riparo da possibili attacchi ostili (leggi Opa) da parte dei concorrenti Exxon, Shell, Petrochina, e non solo. Dal giorno del disastro, il gruppo petrolifero britannico ha perso - finora - 100 miliardi di dollari di capitalizzazione. E il titolo in Borsa ha praticamente visto andare in fumo metà del suo valore, precipitando in caduta verticale. Fino a ieri. Perché quando hanno cominciato a prendere sempre più consistenza le indiscrezioni di un possibile ingresso di investitori stranieri (ipotesi lanciata domenica dal Sunday Times) alla Borsa di Londra si è scatenata un’ ondata di acquisti sulle azioni Bp, che dopo aver segnato un balzo fino al 5,3%, hanno chiuso la seduta con un incremento del 3,51%. bastata una dichiarazione di Shokri Ghanem, presidente della National Oil Company, società petrolifera statale di Tripoli, perché si riaccendessero i riflettori, e l’ interesse, sul titolo: «Con il prezzo delle azioni dimezzato Bp è diventata interessante. Io ho ancora fiducia nell’ azienda e la consiglierò all’ Autorità per gli investimenti». Il riferimento è al fondo sovrano Lybian Investment Authority (Lia). Che per assicurarsi una quota tra il 5 e il 10% del capitale della società petrolifera, sarebbe pronto a mettere sul piatto 6 miliardi di sterline, pari a più di 7,24 miliardi di euro. Una cifra consistente, che trova ragione anche dal fatto che Bp, negli ultimi due anni, ha generato una massa di profitti esagerata, pari a 26 e a 14 miliardi di dollari. E in più, un’ eventuale intervento in questa direzione asseconderebbe la strategia della Libia, interessata a consolidare l’ espansione in Europa attraverso acquisizioni e partecipazioni fatte comunque sempre a prezzi di saldo. Ma non tutti gli azionisti del gruppo petrolifero britannico concordano sulla necessità di vendere una quota a un investitore. «Non pensiamo che un partner strategico sia assolutamente necessario. Secondo noi c’ è solo gente che vuole creare panico e guadagnarci qualcosa con ingenti commissioni dalla vendite di azioni Bp», ha commentato ieri uno dei dieci più importanti azionisti che però ha voluto mantenere l’ anonimato. Decisamente più condivisa, al contrario, l’ eventualità di un avvicendamento ai vertici, con l’ uscita dalla scena di presidente (Carl-Henric Svanberg) e amministratore delegato (Tony Hayward) accusati entrambi di non aver saputo gestire la crisi in maniera inadeguata.
Gabriele Dossena