Varie, 7 luglio 2010
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Stern Mike
• Brooklyn (Stati Uniti) 3 agosto 1910, Palm Beach (Stati Uniti) 7 aprile 2009. Giornalista • «[...] si era laureato all’università di Syracus. Era di professione giornalista. Aveva nei primi anni della professione raccontato imprese epiche in stadi e su piste innevate aveva poi frequentato i distretti nevrastenici di polizia, i corridoi cupi delle morgue per assolvere al nuovo ruolo di cronista di nera. Dai suoi articoli aveva ricavato libri che avevano avuto successo. L’esercito non era così miope da sprecare il suo talento e la sua esperienza. Roma era davvero una città aperta, una città in cui, mentre il fronte era inchiodato sulla Linea gotica, si intessevano le trame del futuro assetto politico dell’Italia. Nella Roma del Dopoguerra il talento di un giornalista capace di riferire con vividezza i fatti, di raccontare gli umori di un popolo che usciva pericolosamente umiliato e sovraeccitato da una guerra persa senza gloria, era prezioso. Micki Stern mostrò di sapere fare di più che raccontare gli umori di una città. In Sicilia imperversava il bandito Salvatore Giuliano. Era nell’immaginazione collettiva l’ultima incarnazione del bandito popolare, che viveva di stenti e di patimenti per riparare ai torti e fare trionfare la giustizia; era una primula rossa inafferrabile dalle forze di polizia, inavvicinabile dai giornalisti. Da tutti i giornalisti tranne che da Michael Stern. Stern era un giornalista americano, esperto degli eroismi e delle meschinità dello sport, era un giornalista di cronaca nera, conoscitore delle grandezze e delle nefandezze dei criminali, era un americano cui l’epopea del West aveva reso familiare l’idea del cavaliere solitario votato a difendere con le armi la libertà. Ci fu chi insinuò che tutte quelle doti non bastavano a vincere la diffidenza, a rassicurare lo spirito di conservazione di Giuliano, tuttavia fu proprio Michael Stern ad avere con lui una lunga intervista proprio alla vigilia del massacro di Portella della Ginestra. Tuttavia fu a Michael Stern che Salvatore Giuliano affidò il compito di presentare al presidente Harry Truman la supplica di accogliere la Sicilia come il quarantanovesimo stato dell’Unione. Le cose, si sa, andarono altrimenti. La Sicilia restò all’Italia, Stern si fece romano. Negli Stati Uniti pubblicò presso la Random un libro sui personaggi che aveva incontrato negli anni nel suo lavoro (No innocence Abroad, 1953): il campione di bob Freddy Mc Envoy, il gangster Lucky Luciano, il bandito Salvatore Giuliano, il regista Roberto Rossellini, il magnate del petrolio Calouste Gulbenkian, il capo partigiano Cino Moscatelli, Tooume Ibn Barakat, l’ultimo dei bambini selvaggi, allevato non dai lupi, ma dalle gazzelle. Stern stesso, che aveva conosciuto tanti personaggi, divenne un personaggio della bella vita romana. Pubblicò e diresse per quasi dieci anni una rivista di discreto successo intitolata La scienza illustrata. Produsse tra il 1960 e il 1988 almeno quattro film, due li affidò a Terence Young il regista di alcuni dei più famosi del ciclo di James Bond. In Italia fu nominato Cavaliere della repubblica, a New York fu fatto capo onorario della polizia. Da Reagan al Cav. Si occupò con la figlia di una prestigiosa fondazione per la ricerca sul morbo di Parkinson; fu con il figlio presidente di una fondazione per lo studio del morbo di Alzheimer. Si adoperò per portare al molo 86 della 46esima strada di Manhattan la portaerei Intrepid. Ne fece il museo dell’esercito, della marina, dell’aviazione americana e la sede di una fondazione dedicata a fornire sostegno per le famiglie dei caduti in guerra, assegno diecimila dollari a ciascuna delle famiglie dei caduti di Nassiriya. Fondò il Freedom Award, il premio della libertà. Lo consegnò fra gli altri a Reagan, alla signora Thatcher, a Bush padre, a Bill e a Hillary Clinton, a Eltsin, a Rabin e a Berlusconi. [...]» (Sandro Fusina, ”Il Foglio” 10/4/2009) • «Faceva scoop a ripetizione l’americano. Era uno dei pochi che si avventurava a dorso di mulo sulle colline di Sagana, il quartier generale dove si nascondeva il bandito Giuliano dietro le rocce di Montelepre. E intervistava Turiddu per ”Life”, lo intervistava per ”True”, mandava le sue corrispondenze dall’altra parte del mondo con racconti e dettagli che nessun altro giornalista italiano era mai riuscito ad avere. Articolo dopo articolo, fino agli ultimi assalti alle Camere del Lavoro di quell’infuocato dopoguerra siciliano. L’americano si era accreditato alla stampa estera di Roma nel gennaio del 1947. Ma già allora Mike Stern era un agente sotto copertura, una spia. Aveva il grado di capitano. [...] Il suo reparto era quello che doveva ”seguire” gli indipendentisti dell’isola, quelli che volevano che la Sicilia fosse un’altra stella della bandiera americana. E intanto ammazzavano carabinieri e davano la caccia ai ”comunisti”. Stern aveva avuto l’ordine di appiccicarsi alle costole del più famoso di quei banditi, il colonnello dell’Evis Salvatore Giuliano. Il suo capo era James Jesus Angleton, l’uomo che - prima da Algeri e poi da Palermo - aveva creato una ”rete” in tutta l’Italia appena liberata dal nazifascismo. ”Mike Stern, oltre a controllare oltre a riferire al suo comando i movimenti di Giuliano e soprattutto i suoi piani, fu al centro di trattative per l’invio di armi americane alla banda”, ricorda Giuseppe Casarrubea, storico siciliano, il figlio di un sindacalista di Partinico che in quegli anni fu ucciso proprio dagli sgherri del ”colonnello” che voleva la Sicilia ”libera”.[...]» (Attilio Bolzoni, ”la Repubblica” 5/3/2006).