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 2010  luglio 07 Mercoledì calendario

DARABI Delara Rasht (Iran) 29 settembre 1986, Rasht (Iran) 1 maggio 2009 (impiccata). Pittrice. Fu giustiziata per omicidio dopo un processoche Amnesty International giudicò non equo, non rispettoso dei diritti della difesa • «[

DARABI Delara Rasht (Iran) 29 settembre 1986, Rasht (Iran) 1 maggio 2009 (impiccata). Pittrice. Fu giustiziata per omicidio dopo un processoche Amnesty International giudicò non equo, non rispettoso dei diritti della difesa • «[...] era stata condannata nel 2003 per omicidio a scopo di rapina di una parente, mentre il fidanzato era stato condannato a dieci anni. Dopo l’iniziale confessione, aveva spiegato di essere stata convinta a dirsi colpevole per salvare il fidanzato maggiorenne. Lei non aveva ancora 17 anni al momento del delitto, e secondo la Convenzione internazionale sui diritti dei minori, ratificata dall’Iran, non poteva essere condannata a morte. Ma la sentenza del tribunale di Rasht, confermata poi dalla Corte Suprema, era stata comunque morte per impiccagione, e il tribunale ha respinto tutte le richieste di revisione del processo presentate dall’avvocato, che ha sempre sostenuto l’impossibilità per una ragazzina fragile come Delara di uccidere a coltellate una donna che era il doppio della sua stazza. [...] La ragazza aveva uno straordinario talento di pittrice e i suoi quadri, fatti circolare dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, avevano commosso il mondo. Sono un impressionante diario di brutalità, torture, disperazione e solitudine. Per rappresaglia, le autorità carcerarie avevano però reso la sua vita ancora più difficile, impedendole di ricevere visite e limitando i contatti con l’avvocato a due brevi telefonate mensili. Alla fine le avevano tolto anche gli strumenti per dipingere. ”Sapere che cosa significa Del Ara? Significa prigioniera dei colori. Io che dipingo da quando avevo quattro anni, a 17 ho perso i colori. Il mio rosso era diventato di cobalto, al posto del cielo mettevo pennellate di grigio”, aveva scritto in uno dei quadri. Nel 2007 aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene, ma era stata salvata da una compagna di cella che aveva dato l’allarme. [...]» (Vanna Vannuccini, ”la Repubblica” 3/5/2009) • «[...] a metterle il cappio al collo è stato proprio il figlio della vittima. Un rituale non inconsueto in un Paese retto dalla sharia, la legge di origine religiosa, secondo cui un omicidio può essere lavato dal diyeh, il prezzo del sangue: un indennizzo che si offre ai parenti della vittima perché concedano il perdono. Norma formalmente coerente con una concezione del mondo fondata sull’asse ordinativo din-dunya-dawla: religione, società, politica. Gerarchia che, in questi casi, impone allo Stato di rinunciare al monopolio della violenza a favore della famiglia. [...] Delara e la vittima erano parenti e la violazione del legame familiare è molto difficile da accettare in società solistiche come quelle islamiche. Inoltre la famiglia offesa era benestante e il denaro non poteva influire più che tanto. Al momento dell’omicidio Delara aveva diciassette anni, età che non consente di sfuggire alla forca. [...]» (Renzo Guolo, ”la Repubblica” 3/5/2009).