Giuseppe Lo Bianco, Sandra Rizza, il Fatto Quotidiano 6/7/2010;, 6 luglio 2010
QUELLE ACCUSE AL ”FATTO” SMENTITE DAI FATTI
Nessuno, e quindi neanche ”il Fatto”, ha intimidito la Corte di appello di Palermo, che ha emesso la sentenza del processo Dell’Utri in piena libertà di coscienza. Lo dice il presidente della corte Claudio Dall’Acqua in un’ intervista a Riccardo Arena, cronista del ”Giornale di Sicilia” e collaboratore della ”Stampa” (e di ”Panorama”). Li ringraziamo entrambi di vero cuore perché l’intervista chiude una stucchevole polemica che si trascinava da giorni, alimentata da un coro trasversale che attribuiva addirittura a questo giornale la capacità di influire sul verdetto tanto atteso. Ne abbiamo tratto – da destra e da sinistra – comunque una lezione di giornalismo targato 2010: per Maurizio Belpietro l’esercizio del diritto-dovere di cronaca si trasforma nel lancio di ”messaggi mafiosi’’. Per Emanuele Macaluso, che fu direttore de ”l’Unità”, avremmo ”accusato con una disinvoltura preoccupante i giudici di aver goduto di favori dal mondo di Dell’Utri’’.
La verità è che abbiamo scritto un articolo contenente notizie vere, mai smentite da alcuno. Neanche dallo stesso presidente che nell’intervista (pubblicata domenica scorsa, in contemporanea, sul ”Giornale di Sicilia” e sulla ”Stampa”) parla di ”insinuazioni offensive e calunniose’’, ma nello stesso tempo conferma puntualmente i fatti: uno dei suoi figli, Riccardo, ”lavorava per un imprenditore arrestato nei giorni scorsi” a Palermo per riciclaggio; l’altro figlio, Fabrizio, nei mesi scorsi ”è stato scelto dal sindaco Cammarata” come segretario generale del Comune di Palermo. ”Insinuazioni offensive’’ o semplici notizie utili ai lettori per formarsi un’opinione completa sul ”processo del secolo”? Dall’Acqua, nell’intervista, si dice orgoglioso dei suoi ragazzi. Sentimento, per carità, legittimo e sacrosanto. Ma tutti sanno che Cammarata, uomo dello stesso partito di Dell’Utri, ha scelto il nuovo il vertice burocratico del comune sulla base di un rapporto fiduciario, come testimonia la giovane età del candidato e come la legge peraltro gli consente. E allora, ci perdoni Dall’Acqua, ma non è altrettanto legittimo e sacrosanto, per chi fa il lavoro di cronista, il diritto di porsi domande, e di porle all’opinione pubblica, ai cittadini, a quel popolo italiano, in nome e per conto del quale i tribunali e i collegi amministrano giustizia?
Questo – e non altro – è il diritto di cronaca. Quel diritto che Dall’Acqua, nell’intervista, afferma di rispettare definendolo addirittura ”sacro”. Il presidente, facendosi intervistare, ci chiede di credere alla sua buona fede. Perché, allora, Dall’Acqua non crede alla nostra? Noi sì che siamo stati attaccati ingiustamente con insinuazioni offensive e calunniose. Ci hanno dato dei ”mafiosi” accusandoci di aver intimidito la Corte che oggi – per bocca del presidente – conferma di non essere stata intimidita. Ci hanno accusato di aver utilizzato, nell’articolo incriminato, una ”tempistica sospetta”, come se il nostro obiettivo fosse quello di sabotare il processo (e dunque avvantaggiare, semmai, l’imputato e non l’accusa): ma l’unica ”tempistica” l’ha data il ”Giornale di Sicilia”, il primo ad aver pubblicato (esercitando il diritto di cronaca) la notizia che il figlio del presidente Dall’Acqua lavorava per l’imprenditore Rizzacasa, arrestato per riciclaggio. Da lì, abbiamo saputo che Riccardo era dipendente dell’abitalia e anche che – dopo l’arresto del suo datore di lavoro – si è dimesso, cosa che abbiamo puntualmente riferito. Nel frattempo registriamo il silenzio assordante di Ordine e sindacato dei giornalisti: e pensiamo che il bavaglio non è solo quello imposto per legge, e che la nostra deontologia professionale è assai diversa da quella del presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Che sostiene, peraltro, paradossalmente, che per fare questo mestiere non occorre avere in tasca il tesserino di giornalista. Basta la parola.