Luca Vinciguerra, Il Sole-24 Ore 6/7/2010;, 6 luglio 2010
IN CINA 8 ANNI DI CARCERE A UN MANAGER AMERICANO - La giustizia di Pechino colpisce duramente un altro manager "banana" (il soprannome con cui vengono chiamati i cinesi espatriati)
IN CINA 8 ANNI DI CARCERE A UN MANAGER AMERICANO - La giustizia di Pechino colpisce duramente un altro manager "banana" (il soprannome con cui vengono chiamati i cinesi espatriati). Ieri un geologo americano di origine cinese, Xue Feng, è stato condannato a otto anni di reclusione. L’accusa formulata contro di lui è pesantissima: violazione di segreto di stato. A diffondere la notizia, totalmente ignorata dalla stampa locale, è stata l’ambasciata americana a Pechino. Secondo quanto riferito da quest’ultima, Xue Feng era stato arrestato nel 2007, dopo aver accettato di vendere a una società di consulenza statunitense per la quale lavorava un archivio contenente informazioni sull’attività delle compagnie petrolifere cinesi. Da quel giorno (l’istruttoria è stata molto lunga per le tempistiche della giustizia cinese), il geologo sino-americano si è sempre difeso sostenendo che le informazioni da lui fornite alla Ihs Energy provenivano da database pubblici accessibili a chiunque. «Siamo costernati dalla durezza di questa sentenza», ha commentato l’ambasciata americana chiedendo un trattamento umano per il geologo quarantaquattrenne. L’appello umanitario non è casuale. I tre anni trascorsi in cella in attesa di giudizio, infatti, per Xue Feng sono stati già un duro calvario. «Mi hanno torturato spegnendomi le sigarette sulle braccia e mi hanno percosso in testa con un portacenere», ha dichiarato il geologo americano tramite il suo avvocato. Torture a parte, la storia di Xue Feng presenta molte similitudini con quella di Stern Hu, il direttore della filiale cinese del colosso minerario anglo-australiano Rio Tinto, condannato nel marzo scorso a dieci anni di carcere con l’accusa di corruzione e violazione di segreti commerciali. La prima similitudine è che entrambi i manager sono dei "banana". Se di prima o di seconda generazione non è dato sapere. Comunque sia, però, si tratta di cinesi di nome, lingua e cultura Han, con passaporto straniero in tasca (Pechino non consente agli espatriati di tenere un doppio passaporto), alle dipendenze di società straniere, e con un ottimo network di conoscenze nella madrepatria. La seconda è che entrambi operavano in settori di elevato valore strategico per il governo cinese. Il petrolio e l’energia nel caso di Xue Feng; i materiali ferrosi nel caso di Stern Hu. La terza è che entrambi marciranno in una galera cinese sino alla fine del prossimo decennio, senza che sia chiaro cosa abbiano realmente combinato di illegale oltre la Grande Muraglia e di quale reato si siano macchiati. La violazione di segreto di stato addebitata al geologo americano, per esempio, è un’accusa dai contorni assai vaghi e sfumati. In teoria, per Pechino tutto può rientrare "elasticamente" nella categoria del segreto di stato. Secondo l’interpretazione della sentenza fornita a caldo da Dui Hua (Dialogo, una fondazione che si occupa di problemi legali in Cina), la categoria di segreto di stato è stata applicata ai documenti venduti da Xue Feng all’azienda americana solo dopo che la transazione era avvenuta. Gli Stati Uniti hanno reagito con forza, dichiarandosi «sgomenti » di fronte alla notizia. Il presidente Barack Obama si era speso personalmente per Xue Feng, chiedendo clemenza al collega cinese Hu Jintao. Molti esponenti dell’amministrazione americana avevano lavorato dietro le quinte per un esito positivo della vicenda. E l’ambasciatore Jon Huntsman ha mostrato di avere a cuore il caso: è andato a trovare Xue durante la prigionia ed era presente al pronunciamento della sentenza. Ma non c’è stato nulla da fare.