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 2010  luglio 06 Martedì calendario

ARGENTI, VESTITI E RISTRUTTURAZIONI. I NUOVI NOMI DELLA LISTA ANEMONE


Ristrutturazioni nelle case di politici e alti funzionari statali, argenti e vestiti dal valore di almeno 8.000 euro regalati a prelati e personaggi del cinema in occasione del Natale. Le nuove carte dell’inchiesta di Perugia sugli appalti per i Grandi Eventi forniscono ulteriori dettagli sulla «rete» messa in piedi dal provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci e dall’imprenditore Diego Anemone, entrambi accusati di associazione per delinquere e corruzione. Aggiungono particolari sul trattamento riservato a Guido Bertolaso e all’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi. E confermano il filo diretto che legava il costruttore agli ambienti del Vaticano e, in particolare, a monsignor Francesco Camaldo, il cerimoniere di Sua Santità che sarebbe riuscito a far assumere il nipote in una delle sue aziende. Nel fascicolo trasmesso al tribunale dei ministri dai pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi viene ricostruito il presunto «scambio» tra lo stesso Lunardi e il cardinale Crescenzio Sepe, all’epoca presidente di Propaganda Fide: l’acquisto del palazzo di via dei Prefetti ad un terzo del valore, concesso dalla Congregazione che poi ottenne un finanziamento di 5 milioni di euro per il rifacimento della propria sede in piazza di Spagna. Ma sono contenuti anche gli atti ufficiali dell’affare e, soprattutto, i verbali di quelli che vengono ritenuti testimoni chiave per l’accusa. Primo fra tutti l’architetto Angelo Zampolini.

Nella relazione i due sostituti sottolineano di avere a disposizione «gli elementi per procedere all’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione di Pietro Lunardi, in concorso con altri soggetti» e, in particolare, con il cardinale Sepe. Ribadiscono come la competenza ad indagare su quanto avvenuto sia proprio della Procura di Perugia e poi chiedono al tribunale dei ministri che le carte possano essere trasmesse alla Camera dei deputati – Lunardi è attualmente deputato – per poter proseguire l’inchiesta. A questo punto, dopo avere svolto i primi accertamenti, sarà il tribunale a dover stabilire se effettivamente ci siano gli indizi sufficienti e se l’indagine possa rimanere qui in Umbria oppure – come sollecita la difesa – essere trasferita ai colleghi della capitale.

Il palazzo per Lunardi
 il 18 maggio scorso quando il professionista delegato alle operazioni immobiliari viene interrogato dai magistrati. E rivela: «Sapevo che Anemone e il ministro Claudio Scajola erano in confidenza, notai che si davano del tu e avevano un rapporto diretto. Una volta ho potuto notare che Anemone aveva molta confidenza anche con familiari di Scajola». Versione nettamente diversa da quella fornita dall’interessato, che invece aveva detto di non ricordare neanche chi fosse Anemone. E sul palazzo di via dei Prefetti venduto a Lunardi, l’architetto dice: «Non ho svolto un ruolo attivo, posso aver recapitato i documenti da Propaganda Fide allo studio del notaio. Ero presente il giorno del rogito, ma in una stanza separata, nel caso fossero sorte difficoltà tecniche. Il valore dell’immobile era sicuramente superiore ai tre milioni di euro indicati. All’incirca almeno sette milioni, anche otto. Io mi sono occupato del passaggio carrabile. Mi occupai della Dia (dichiarazione di inizio lavori) per uno degli immobili. Anemone era presente. Credo che all’inizio i lavori fossero eseguiti da lui e poi sono stati proseguiti da un’altra ditta di sua fiducia».

La figlia di Fiori
In un interrogatorio precedente aveva già svelato di aver versato 900 milioni di euro in assegni circolari per l’acquisto dell’appartamento vista Colosseo di Scajola. Adesso gli viene mostrata la cosiddetta «lista Anemone» che contiene l’elenco dei lavori fatti in case private ed enti pubblici per conoscere i retroscena di eventuali vantaggi concessi. E lui non si sottrae: «So che hanno fatto lavori per Della Giovampaola (Mauro, anche lui indagato, ndr), ma non so essere più preciso. Caiazza so che era un dirigente del Provveditorato, nulla so di lavori per lui. So che Rinaldi (Claudio, commissario per i Mondiali di Nuoto, ndr) ha degli immobili in via Appia, ma nulla so di lavori per lui. So di lavori che hanno svolto alla facoltà di Architettura, ma nulla di più. So che avevano un lotto di lavori al palazzo della Minerva, anche se l’indicazione qui non è esatta. Posso riferire che il professor Bologna, forse Luciano, è stato un consulente del Provveditorato. coniugato con un giudice donna, sorella di Ettore Figliolia che ho conosciuto in quanto era il tramite tra Balducci e Rutelli per i lavori dei 150 anni». Il riferimento è a Luisanna Figliolia, giudice a Roma che fu coinvolta nell’indagine sul fallimento Cecchi Gori. Aggiunge Zampolini: «Vedo De Nicolò, ricordo che era un prelato amico di Balducci, ebbi modo di sapere che fecero lavori in via Dandolo. Fiori Alessandra è la figlia di Publio Fiori: io sono andato una volta per dare dei consigli e so che qualcuno riconducibile ad Anemone ha poi fatto dei lavori. So che Cesara Buonamici ha un immobile di Propaganda Fide e che Anemone le ha fatto dei lavori, lo so per delle confidenze fattemi da Anemone stesso. Imbrighi lo conosco in quanto è un architetto che ha lavorato con il Provveditorato».

Bertolaso e Incalza
Si affronta poi il capitolo che riguarda Bertolaso. Di fronte ai magistrati il capo della Protezione Civile ha detto che la casa di via Giulia gli fu procurata da Propaganda Fide attraverso «il mio amico Francesco Silvano, segretario del cardinale Sepe». Ed ecco la versione di Zampolini, già confermata dal proprietario dell’appartamento Raffaele Curi: «Di Bertolaso ho sentito parlare la prima volta quando Anemone mi disse che cercava un appartamento. Io l’ho aiutato a trovarlo, era quello di via Giulia. Ho saputo dopo che la casa era per lui, me lo disse lo stesso Curi. Se non sbaglio fu consegnato un acconto iniziale di alcuni mesi. Diego mi diede i soldi in contanti, successivamente Curi si rivolgeva a me per avere il pagamento dei canoni successivamente maturati tanto che alla fine, a causa dei lunghi ritardi nei pagamenti, si è determinato a risolvere il contratto. Mi sentivo responsabile anche del fatto che il canone, per il contratto che avevo procacciato personalmente, non venisse pagato. Ricordo che quando Diego mi disse che cercava l’appartamento era il 2005, 2006. La seconda volta in cui ho incontrato Bertolaso è stato all’inaugurazione della Maddalena». Zampolini ripercorre poi le fasi dell’acquisto di una casa per il funzionario delle Infrastrutture Ercole Incalza che ha sempre affermato di «sono tranquillo, quella casa è dimio genero» e ha ottenuto la fiducia del ministro Altero Matteoli. Racconta l’architetto: «All’epoca di Lunardi, al ministero c’era sicuramente Ercole Incalza. Io lo vidi in occasione della vendita dell’appartamento. Facemmo un sopralluogo con lui e la moglie: ho poi fatto da tramite per gli assegni per l’acquisto. Non ricordo chi mi consegnò i contanti se Diego, la sua segretaria oppure Fathi. Io ribadisco che mi prestavo a queste operazioni solo per farmi ben volere da Balducci. Anemone era dipendente da Balducci. Di fatto faceva ogni cosa che quello gli chiedesse. Questo rapporto gli garantiva il mantenimento della posizione di preminenza nella aggiudicazione degli appalti pubblici. A partire dal 2007 la mia frequentazione con Anemone si è molto diradata, di fondo è un tipo di cui non mi sono mai fidato».

Regali e assunzioni
A parlare dei rapporti tra Anemone e il Vaticano è l’autista tunisino Hidri Fathi Ben Laid. E sempre lui racconta gli appuntamenti con la figlia di Lunardi: «L’ho incontrata, più di una volta; una perché l’ho accompagnata presso l’ufficio di Anemone, un’altra le ho consegnato una busta: non so bene che cosa contenesse, dalla raccomandazione ricevuta da Anemone nella circostanza ho pensato che ci fosse un assegno». Poi affronta il capitolo che riguarda i prelati. E dichiara: «Andai molte volte da don Evaldo Biasini e ho consegnato e ricevuto buste con soldi. Non so a che titolo succedesse. Don Evaldo era uno di famiglia per Anemone... Anemone conosceva tutti, aveva conoscenze anche in Vaticano. Tra i tanti monsignori anche monsignor Camaldo il cui nipote lavorava presso Anemone. A tutti loro portavo regali di Natale, argenti, vestiti: tutti regali che acquistavano presso il negozio Anatriello che adesso si è spostato verso via Frattina. Quando ritiravo i pacchi a volte pagavo. Assegni o contanti, erano cifre nell’ordine di 8 o 10.000 euro. Recapitavo regali per tutti: attori, registi, politici, preti». Agli atti dell’inchiesta sono state acquisite le telefonate intercettate nel 2006 per ordine del giudice di Potenza tra Camaldo e Anemone relative anche ad un prestito di 250.000 euro che l’alto prelato ottenne da Balducci. L’autista ricorda poi i viaggi in Tunisia effettuati con l’allora Provveditore: «Quando andavo lì una volta c’era la moglie, le altre eravamo solo io e lui. Una volta è venuto Anemone. Balducci mi portava anche per fargli da interprete ma non so che cosa facesse per lavoro lì». Per scoprirlo i pubblici ministeri hanno presentato una richiesta di rogatoria alle autorità di Tunisi. Il sospetto è che si tratti di operazioni immobiliari effettuate anche per conto di altri, proprio come avveniva in Italia.