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 2010  luglio 06 Martedì calendario

DALLE ACCIAIERIE AL BLOG SUL CALL CENTER

«Amo il lavoro; mi affascina. Posso star seduto a guardarlo. Adoro te­nermelo vicino; l’idea di liberar­mene mi spezza il cuore ». Se Jero­me K. Jerome avesse scritto Tre uomini in barca­il romanzo da cui è tratta questa massima- in Ita­lia nell’età dell’ Acciaio , editor, agenti e altri attori del mondo editoriale avrebbero storto il naso. Ma la sconfitta allo Strega di Silvia Avallone ha scongiurato la corsa all’emulazione e all’omolo­gazione... Forse. Ci siamo risparmiati l’inventa­rio dei beni prodotti dall’industria pesante come fonte di ispirazione per titoli e trame? I romanzi fatti con lo stampo? La letteratura industriale nel senso di fatta in serie? Metti insieme il romanzo di formazione, un po’ di scene saffico-pruriginose,il grande stabili­mento dal futuro incerto, le case popolari di via Stalingrado,un po’ di immigrati,un incidente sul lavoro capitato a uno dei protagonisti, lo sciupa­femmine del gruppo, e il successo è assicurato: queste in sintesi le ragioni dei detrattori di Accia­io .
E ancora:che ne sa l’Avallone di come si vive e si muore in una grande fabbrica? Il linguaggio e le situazioni narrative non sono credibili e così via. Ma se ci si limitasse al vissuto dello scrittore, saremmo fermi a un altro luogo comune narrati­vo: quello dei call center. Va bene imitare il cliché dell’apprendista scrittore americano che fa mille mestieri prima di emergere ma senza faticare troppo. Dunque il terziario è perfetto... Isbn ha appena ristampato Il mondo deve sapere , diMi­chela Murgia, tratto dal blog dove l’autrice rac­contava l’esperienza di venditrice telefonica del­l’aspirapolvere Kirby.
«Iniziamo a dire cosa c’è che mi suona male in questo libro», scrive tale ”Mau” di Codogno co­me commento nel book-shop virtuale Ibs.com., «Non il fatto che sia nato come un blog che poi è stato cancellato in seguito alla pubblicazione: chissenefrega... Quello che è strano è la chiusura brusca della storia, e i veri motivi per cui una per­sona con studi di teologia (vedi terza di coperti­na) abbia fatto prima la callcenterista e poi la re­ceptionist ». Parafrasando Marquez, lavorare per raccontarla è lecito?
«Scrivere del lavoro è diventata una moda lette­raria o è ancora un’urgenza civile e sociale? » Pao­lo Chirumbolo, docente universitario negli Stati Uniti sta preparando per Manni un saggio sull’ar­gomento e lo chiede a una serie di scrittori, tra cui la Murgia che in anticipo rispetto al libro ha pub­blicato l’intervista sul proprio blog. Dove non di­­fende a spada tratta la corrente letteraria dei giu­slavoristi, i precari della penna, ma si toglie un bel po’ di sassolini dalla scarpa e li scaglia in tutte le direzioni: dall’ex ministro Tiziano Treu, a Paolo Virzì che dal libro ha tratto il film Tutta la vita da­vanti : «La cultura come luogo di delega dell’impe­gno, del disagio, della critica, soprattutto della rabbia, è una forma molto subdola di controllo sociale, perché castra il potere caotico di consape­volezze che, senza rappresentanti organici al con­trollo, possono sovvertire lo status quo in modi altrimenti imprevedibili». E ancora: « Tutta la vi­ta davanti è l’esempio perfetto di come in piena campagna elettorale si possa rendere innocuo un tema di forte frizione sociale come il precaria­to con il semplice uso di una macchina da presa ». Altro fronte è quello della pizza. Qualche mese fa Einaudi Stile Libero ha pubblicato Prove di feli­cità a Roma Est , dove Roan Johnson racconta il lavoro come pony express per una pizzeria perife­rica, la sbandata per la nordafricana Samia... Mentre Cristiano Cavina, autore di I frutti dimen­ticati ( Marcos y Marcos), ha inviato al blog scritto­rincausa. splinder.com una lettera in cui si disso­cia dagli autori Einaudi che protestano contro la legge bavaglio (sarebbe, secondo lui, più coeren­te se cambiassero editore rimettendoci visibilità e soldi) e rivendica la libertà che il mestiere di piz­zaiolo gli consente: «Io sono un pizzaiolo. Io non voglio essere uno scrittore, io sono un narratore, e non voglio fare niente per cui qualcuno possa dirmi di essere uno scrittore nel senso che ha pre­so ultimamente questa parola. Sembra quasi uno status symbol, un orologio di lusso da metter­si al polso i giorni di festa».
Che dire del rapporto tra pizza e letteratura?