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 2010  luglio 06 Martedì calendario

ECCO PERCHE’ SUI CONSUMI L’ISTAT DA’ I NUMERI

Oramai siamo abituati al fatto che per l’Istat i dati della nostra economia sono ten­denzialmente brutti. Quindi non stupisce che esso descriva come «crollo dei consu­mi »la flessionedell’1,7% della spesa media delle famiglie italiane nel 2009 rispetto al 2008. Il tasso di inflazione del 2009 è stato basso, perché i prezzi internazionali delle materie prime e del petrolio si erano sgon­fiati e la distribuzione commerciale gran­de, piccola e media aveva ridotto i suoi mar­gini, che all’epoca del cambio dalla lira al­l’euro si erano molto gonfiati. Sommando il tasso di inflazione alla riduzione della spe­sa media si ha, fra il 2009 e il 2008 una dimi­nuzione del 2,5% della spesa in termini di eguale potere di acquisto. Ma scendendo al dettaglio si vede che questo 2,5 è più appa­rente che reale. Intanto bisogna precisare che la spesa media mensile delle famiglie italiane differisce sensibilmente nelle tre grandi ripartizioni geografiche del Nord, del Centro e del Sud. Nel Nord la spesa me­dia mensile delle famiglie che era di 2.810 euro nel 2008 è diminuita nel 2009 a 2.768 euro, con una riduzione di 42 euro. Nel Cen­tro di Italia che ha una spesa media mensile delle famiglie un po’ minore che nel Nord, la riduzione di essa, fra il 2008 e il 2009 è stata solo di 32 euro, poco più di un euro al giorno, calando da 2.558 a 2.523 euro. Nel Meridio­ne la spesa media mensile delle famiglie è molto più bassa che nel Centro Nord e si è ridotta in cifre assolute, di più, ossia di 52 euro, passando dai 1.950 del 2008 ai 1.998 del 2009.
Il dato della riduzione, in per­centuale, è del 2,7%, un punto di più di quello della media na­zionale. E sommando ad esso il tasso di inflazione dello 0,8, la minore spesa, in potere di ac­quisto costante, risulta del 3,5%. Tuttavia questi dati, che a prima vista fanno impressione hanno bisogno di un chiari­mento, per essere apprezzati nel loro vero significato. La spe­s­a per consumi non misura tut­to il consumo, misura solo quel­lo effettuato sul mercato. E nel Mezzogiorno di Italia la quota di autoconsumo, cioè di consu­mo fatto al di fuori del mercato è molto elevata. Non mi riferi­sco all’economia sommersa, che pure esiste, ma all’econo­mia della famiglia, effettuata con le proprie risorse agricole e forestali e della pesca e con il la­voro domestico nell’abbiglia­mento e nelle manutenzioni.
Ora l’Istat medesimo nel commento alle sue rilevazioni, con riguardo ai consumi ali­mentari delle famiglie spiega che la riduzione dei consumi di questo genere, nel Mezzogior­no, in larga parte è dovuta alla diminuzione delle famiglie che si approvvigionano sul merca­to. Il che è logico. Se diminui­scono i posti di lavoro ufficiali, si accresce il lavoro per l’auto­consumo. Proseguendo nella analisi di questi dati si trovano altre sorprese. La prima consi­ste nel fatto che i consumi ali­mentari, nel 2009, nella realtà, sono rimasti eguali a quelli del 2008. Infatti essi su scala nazio­nale, mensilmente, sono passa­ti da 475 euro a 461, ma, come informa l’Istat questa diminu­zione di 15 euro mensili, mezzo euro al giorno, è per il 75% delle famiglie puramente dovuta al­la riduzione dei prezzi. Per il re­stante 35% invece dipende da ri­duzioni di quantità o qualità o di entrambi (due terzi dei casi). E in gran parte la diminuzione in termini reali ha luogo nel Me­ridione, ove però aumenta il nu­m­ero di famiglie che non fa con­sumi di mercato in questo am­bito. Dunque, in sostanza, i con­sumi alimentari degli italiani non si sono ridotti.
Passando ai consumi extra alimentari le sorprese si accre­scono.
Infatti, a livello naziona­l­e la spesa in questo ambito pas­sa da 2.009 euro nel 2008 a 1.981 nel 2009, con una riduzio­ne di 28 euro mensili, poco me­no di un euro al giorno. Ma scor­rendo la lista dei vari capitoli di consumo si vedono andamenti diversi. Una flessione vi è, sia pure limitata, nella spesa per i tabacchi, essendo diminuito il numero dei fumatori. Un altro capitolo di spesa in diminuzio­ne è quello dell’abbigliamento e calzature. E qui vi è stata certa­mente una flessione di consu­mi dovuta a necessità economi­ca.
Ma ci sono stati anche scon­ti dei ven­ditori e un’area di eco­nomia sommersa, che si sta di­latando. Un terzo settore in cui ci sono state riduzioni di spesa è quello dei trasporti. E conside­rando che nel 2009 ci sono stati gli ecoincentivi e gli sconti per gli acquisti da parte delle case automobilistiche per forzare il mercato, una parte di questa minore spesa non è tale in ter­mini reali, ma è a carico dello Stato e dei venditori. Infine è au­mentata la spesa per la casa, perché sono aumentati gli affit­ti. Ma oltre due terzi degli italia­ni non sono in affitto, hanno una casa propria per la quale l’Istat calcola un affitto figurati­vo, che non è una spesa. Dun­que ci sarà pure stata la flessio­ne dei consumi, ma guardando dentro i dati non se ne vede mol­ta.