PAOLA COPPOLA, la Repubblica 5/7/2010, 5 luglio 2010
LASAGNE, SNACK E MORTADELLE ARRIVA IL CIBO DOC PER L´ISLAM - ROMA
Lasagne, tortelloni e i dolci della tradizione. Bresaole, mortadelle di bovino, arrosti di tacchino. Legumi e riso, snack. "Made in Italy" e cibi islamicamente corretti. Il settore alimentare fa da apripista per i prodotti halal, cioè "leciti", destinati ai musulmani, per diffonderli all´estero e nei supermercati. E, in futuro, cosmetici e farmaci. Anche l´Italia si muove per conquistare un ruolo in un mercato da 54 miliardi in Europa, che cresce del 15% l´anno. Crescono le aziende che sposano i principi dei prodotti halal per venire incontro alle esigenze di più di un milione e mezzo di consumatori che vivono in Italia. Con il marchio "Halal Italia" destinato a promuovere le nostre eccellenze, che ha ricevuto l´imprimatur del governo, da qualche mese l´Offelleria Tacchinardi produce la Torta di Lodi come la Tortionata Tacchinardi, a base di mandorle dolci e burro fresco. «Le nostre produzioni storiche che riflettono genuinità e semplicità di ingredienti, con le tecniche più avanzate di confezionamento "naturale", rispondono a quei requisiti di purezza cari al mondo islamico», racconta Tiziana Polimeno, ad dell´azienda. «Abbiamo concluso vendite anche in paesi non di matrice islamica, circa il 7% del fatturato. Nel prossimo quinquennio sarà un terzo del totale». L´antica pasticceria vende anche snack halal, e presto lo saranno anche i suoi biscotti.
La certificazione è una strada per arrivare ai mercati asiatici sui quali il made in Italy ha appeal. «C´è interesse per lasagne e sughi pronti e richieste da aziende che lavorano acqua e latte: il marchio dà un plus valore al prodotto in termini di qualità», dice Hamid Distefano, membro fondatore di Halal Italia, l´ente di certificazione islamico italiano, dipartimento della CO.RE.IS, che ha depositato il marchio. Uno di quelli che possono certificare che un prodotto è "lecito". Marchio storico è quello della Grande Moschea di Roma, orientato all´export di carni, e quello della moschea di Segrate indirizzato verso la distribuzione interna. «Bene che si sviluppi il marchio italiano halal e che vada nel mondo, ma vigiliamo sugli aspetti religiosi della macellazione e della produzione per evitare una strumentalizzazione commerciale», chiarisce Gianpiero Vincenzo, delegato della Grande moschea di Roma per la certificazione halal.
Il 20% della produzione halal annua è destinato all´Italia, il resto alle esportazioni: salumi, bresaole, salsicce, e hamburger che Antonio Fernando Salis esporta in Francia, Germania e Emirati. L´azienda sarda "La Genuina", di cui è amministratore, produce 30 quintali a settimana con un fatturato previsto per il 2010 di 1,5 milioni di euro. «In Sardegna esiste ancora il pastorismo nomade, la lavorazione può essere fatta nel rispetto dei precetti islamici», dice Salis. Per venire incontro ai consumatori nei grandi e nei piccoli centri del Paese oggi esistono cento macelli halal. Anche la grande distribuzione si è mossa inaugurando gli "halal corner". Come Ipercoop Tirreno a Livorno e Roma Casilino. «Vuole essere un segnale», dice Paolo Bertini, responsabile relazioni esterne. E il bilancio dopo alcuni mesi di vita desta sorprese: «Più che salumi e affettati si vende la carne, più dei bocconcini per il cous cous vanno fettine e hamburger: un dato che ci impone una riflessione sullo stile di vita e i gusti dei consumatori musulmani».