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 2010  luglio 05 Lunedì calendario

MA CHE PASTICCIONI I PADRI FONDATORI DELL’AMERICA

Quello che resta di te alla fine sono le impressioni che hai fatto alla gente. George per esempio è sempre stato un distrattone. un secolo che si scorda di restituire un paio di libri che ha preso in pre­­stito dalla biblioteca del quartiere e non è un modo di dire, anzi ad essere pignolini i secoli sarebbero pure due. In base al regolamento della New York City Library, Geor­ge avrebbe dovuto restituire i pe­santissimi «Law of Nations» , la leg­ge delle nazioni, e «Common De­bates » , i dibattiti pubblici, entro e non oltre il 2 novembre del 1789. Altrimenti avrebbe dovuto paga­re una penale di 2 pence al giorno. Non lo fece. Uno poi diventa il la­voro che fa: George Washington, George appunto, diventò presi­dente degli Stati Uniti, il primo del­la Storia. Ma quei tomi di difficile digestione, che un registro ingialli­to trovato in cantina dava in usci­ta 5 ottobre 1789, non si sa nemme­no dove siano finiti visto che la ca­pitale si trasferì a Filadelfia e poi con il tempo prese il nome definiti­vo del moroso. Che secondo sti­me fatte dalla New York Society Li­brary, mantenendo i parametri di allora, dovrebbe pagare di penale per il prestito mai restituito 4.577 dollari al centesimo.
Le persone non sono ciò che di­cono ma ciò che fanno. Prendi Thomas Jefferson, presidente de­gli Stati Uniti numero 3: come au­tore della Dichiarazione d’Indi­pendenza, aveva messo nero su bianco che «tutti gli uomini sono creati uguali». Ma quando entrò alla Casa Bianca aveva una decina di schiavi, tra i quali una ragazzi­na che divenne la sua amante e con la quale ci fece pure un figlio. E ieri, 223º anniversario del 4 lu­glio 1776, di quel pasticcione di Thomas la Libreria del Congres­so, perché c’è sempre un bibliote­cario di mezzo, ne ha scoperta un’altra:sulla pergamena della Di­chiarazione di Indipendenza americana, madre di tutti i prin­cìpi, gli scappò scritto un regale «sudditi» invece del repubblica­no «cittadini». A svelare la gaffe presidenziale è stata l’analisi spet­troscopica dell’originale: sotto la parola « citizens» c’era nascosto un «subjects» cancellato, omaggio non si sa quanto distratto, ma di certo imbarazzante, a Sua Maestà Giorgio III. I nemici politici lo con­sideravano l’Anticristo in perso­na: «Da quando sono alla Casa Bianca sono diventato la sputac­chiera di tutti » si lamentava prima che il suo volto fosse scolpito tra i padri della Patria sul monte Rush­more. L’importante è essere coe­renti con il proprio destino, con quello che siamo veramente.
Del resto cos’è un uomo senza la sua grandezza se non un uomo come tutti gli altri? Abramo Lin­coln, per esempio, se avesse spo­sato un’altra donna al posto della stalker che si ritrovò come moglie si sarebbe accontentato di una car­riera di avvocato come un Taormi­na qualsiasi. Mary Todd, detta «Bloody Mary», lo maltrattò per tutta la vita peggio delle maestre del «Cip&Ciop». Fu, l’infelice vita coniugale, un inferno di schiaffo­ni che Maria la Sanguinaria gli in­fliggeva quotidianamente, a spin­gere Abramo il mite a inventarsi scuse continue per allontanarsi di casa, dalle sigarette alla carriera politica fino alla presidenza degli Stati Uniti. Oltre a mettergli le ma­ni addosso, gli tirava le patate, lo inseguiva con la scopa e lo costrin­geva a dormire sul divano. Oppo­se a quella vita da perseguitato il legittimo impedimento della Ca­sa Bianca prima che il sudista John Wilkes Booth gli sparasse al­la testa quando pensava di essersi finalmente liberato di Mary. Con­sola però che la più grande demo­crazia del mondo, la patria di tutti i sogni, la super potenza onnipo­tente che incarna lo spirito dei tempi abbia avuto come padre Ta­­fazzi, cioè uno di noi. Giusto o sba­gliato questo è anche il mio Paese.