Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 05/07/2010 Marco Gasperetti, Corriere della Sera 05/07/2010, 5 luglio 2010
2 articoli - SFIDE IN PAUSA PRANZO. I «BOBOS» DI PARIGI ORA GIOCANO A BOCCE – Come distinguere tra bocciofili professionisti iscritti ai club e giocatori della domenica? Lo chiedi ai membri del prestigioso circolo che ogni giorno si incontra sui campi alberati nel cuore dei Giardini del Luxemburg e la risposta è corale: «A parte lo stile e i risultati, anche chi non sa nulla delle regole del gioco potrà notare subito che i primi non bevono mai alcool durante le partite
2 articoli - SFIDE IN PAUSA PRANZO. I «BOBOS» DI PARIGI ORA GIOCANO A BOCCE – Come distinguere tra bocciofili professionisti iscritti ai club e giocatori della domenica? Lo chiedi ai membri del prestigioso circolo che ogni giorno si incontra sui campi alberati nel cuore dei Giardini del Luxemburg e la risposta è corale: «A parte lo stile e i risultati, anche chi non sa nulla delle regole del gioco potrà notare subito che i primi non bevono mai alcool durante le partite. Guai, il nostro Pernod lo consumiamo dopo al caffè. Assolutamente non sul campo. Sarebbe come vedere un tennista giocare a torso nudo durante un torneo. Gli altri invece si portano le bottiglie in tasca. Inammissibile!». Il problema per loro è però che da qualche tempo diminuisce il numero dei tesserati ed aumenta invece quello dei cani sciolti. E con una novità in più. Come nota il settimanale Le Point, il gioco delle bocce, o meglio della «petanque», si sta «deproletarizzando»: sempre meno un’attività che in genere si ritiene relegata soprattutto agli anziani, ai pensionati, ai dopolavoro di campagna, e invece un fenomeno in crescita tra i «bobos», che sta per borghesia bohémienne, giovani radical-chic figli della élite urbana residente negli arrondissement centrali di Parigi. Tema d’attualità: proprio ieri si sono aperti i tornei mondiali a Marsiglia con circa 15.000 partecipanti e 150.000 spettatori. Cambia la tipologia del giocatore di bocce e mutano i costi per chi vuole restare sull’onda della moda. Se una volta bastava una trentina di euro all’anno per iscriversi al club (nel prezzo è compresa l’assicurazione), cui si aggiungeva una somma simile per l’acquisto di un semplice kit di palle in acciaio, compreso il boccino, ora ci si sono messe le firme più note del mercato del lusso a produrre bocce griffate. Leggi Louis Vuitton, Veuve Cliquot, Chanel o Gucci, le loro confezioni in borse di pelle lavorata possono facilmente superare i 400 euro. «Un bene e un male. Da una parte ciò significa che la petanque resta popolare e, anzi, si diffonde. Cresce il numero degli appassionati e si arricchisce di giovani. D’altro canto diventa un gioco molto meno collettivo, autistico, relegato a circoli chiusi di amici. Una volta le bocce erano un fenomeno profondamente sociale. Anche il piccolo club del villaggetto più remoto nel Massiccio Centrale aveva la possibilità di venire nella capitale, o viaggiare a Marsiglia, per i grandi tornei annuali. Ora non più. La diminuzione dell’importanza dei club segna l’eclissi di una grande opportunità di socializzazione», osserva Jean-Luc Dreux, presidente del «A.B.7», il club con una settantina di iscritti situato nei pressi del parco Des Invalides. Con una decina di amici è tutta la mattina che giocano sul lato di Rue Faberet. Il campo è aperto sotto i tigli che ombreggiano i viottoli adducenti al Museo dell’Armée. Eppure seguono regole precise, con un bastoncino segnano un cerchio nel terreno per delimitare la piattaforma di lancio delle bocce. Con un metro misurano attentamente la distanza tra le palle per determinare il vincitore. A poche decine di metri giocano invece in modo più disordinato altri gruppi. il fascino molto anarchico di questo sport estrem a mente semplice. «In verità c’è spazio per tutti. Le bocce non moriranno mai. E il 20 luglio, con l’apertura delle spiagge sulla Senna, assisteremo ad una vera esplosione di giocatori » , esclama Antonio Guerrieri, un sarto di Foggia emigrato a Parigi ormai da oltre quarant’anni, che trascorre almeno tre mattine la settimana con i compagni del club. Secondo Philippe Gaffet, presidente della «Liga de pétanque» nell’Ile-de France, proprio grazie alla valorizzazione balneare delle sponde del fiume nella capitale, nel 2009 i giocatori di bocce sono stati oltre 37.000. Un numero strabiliante, se si tiene conto che gli iscritti di tutti i club francesi sono oggi circa 380.000. I cani sciolti potrebbero essere anche il doppio. Racconta Gaffet: « L’anno scorso non era difficile vedere sulle spiagge artificiali di Parigi giovani funzionari degli uffici più prestigiosi della città arrivare con le loro cartelle, togliersi giacca e cravatta per trascorrere la pausa pranzo a sfidarsi». Lorenzo Cremonesi « UNA GINNASTICA PEDAGOGICA, COSI’ ALLENO FISICO E MENTE» - Bruno Pizzul: è diventato bocciofilo? «Lo sono sempre stato. E non scriva che è un gioco per pensionati. Le bocce sono uno sport vero, schietto e competitivo, faticoso, esaltante e pieno di colpi di scena. Giocare bene è difficile ed è un piacere immenso». Come c’è capitato tra le bocce? «Ho iniziato a giocare in Friuli, la mia terra, con il punto e volo, una tecnica dove non esiste la bocciata classica come nella "raffa" giocata nel resto d’Italia, e ancora oggi quando ho tempo torno a misurarmi sui campi con gli amici. E ne resto ancora affascinato». Che cosa la colpisce di più? «Il suo potere straordinario di aggregazione. Gli avversari sono sempre amici, i giocatori fanno anche gli arbitri, si gioca con grande sforzo fisico e psicologico e poi, comunque finisca, con serenità si va tutti a mangiare. Le bocce sono una pedagogia: si insegna e si impara a stare insieme e a gestire al meglio le emozioni». Dunque non si meraviglia di questo successo internazionale? «Certo che no. Da anni la federazione italiana chiede di inserire le bocce negli sport olimpici e io spero che avvenga presto. Sono contento anche se un po’ preoccupato». Preoccupato? «Speriamo che il successo e il business non snaturino il gioco che ha un segreto vincente: la semplicità. Le bocce sono avvincenti, ma povere e schiette. Non vorrei che il fattore estetico prendesse il sopravvento». Marco Gasperetti