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 2010  luglio 04 Domenica calendario

EUCLIDEA A COLORI GINNASTICA PER LA MENTE

Può capitare che un ingegnere innamorato della scienza, magari un po’ mattoide, realizzi involontariamente un’autentica opera d’arte? Prendere in mano i primi sei libri degli
Elementi di Euclide, pubblicati da Oliver Byrne nel 1847 e ora proposti in facsimile da Taschen, e scorrerne i «diagrammi colorati e i simboli usati al posto delle lettere per una maggiore facilità di lettura», fa uno strano effetto. Non rimanda, di primo acchito, alla storia bimillenaria del libro più letto insieme alla Bibbia e più imitato dell’Occidente, o alle radici antiche della nostra civiltà e dell’esigenza di ragionare more geometrico in ogni ambito del sapere, dalla fisica all’etica; o, ancora,all’autonomia della geometria, come modello di ragionamento deduttivo rigoroso, rispetto all’algebra e poi alla logica moderna.
Anche agli storici della matematica e della logica il libro di Byrne apparirà come un oggetto strano e inusuale. Forse proprio per la sua incredibile bellezza, che non è né antica né ottocentesca. In realtà sembra di avere tra le mani, più che un libro di scienza, una straordinaria anticipazione delle avanguardie artistiche del Novecento. Mondrian e il movimento di De Stijl, innanzitutto, ma anche il Kandinsky di Punto, linea e superficie, Klee, i futuristi, e in generale i cultori di un’estetica matematizzante,astratta,liberata dall’idea figurativa di una rappresentazione diretta della realtà: Boccioni, Frank Kupka, Olga Rozanova,, Liubov Popova, Felix del Marle, e, simile al già citato Mondrian, Kasimir Malevich.
Entrambi, questi ultimi, ricordano Byrne proprio nella scelta delle forme e dei colori. Rosso, giallo e blu, oltre che ovviamente nero, elegantissimo nella sua purezza tipografica, sono scelti dallo stravagante ingegnere e divulgatore inglese per questo gioiello dell’arte della stampa, anacronistico scientificamente e purtroppo, al di là delle magnifiche intenzioni, poco funzionale didatticamente, ma anticipatore del costruttivismo e del cubismo. Byrne non pensava a niente di simile, ovviamente, ma dal suo tentativo emerge una visione che il sentire artistico potrebbe condividere.
Piuttosto che essere la «via regia» per ogni ragionamento deduttivo, «Euclide e la geometria sono maggiormente esposti al compromesso col sensibile», scrive Werner Oechslin, definendo «didattici, colorati ed eccentrici» i modi di Byrne di facilitare la comprensione e l’utilizzo della matematica, ricercando inediti linguaggi simbolici snobbati dalla logica del tempo (Augustus de Morgan, suo grande detrattore, pubblica nello stesso anno la sua Logica formale) e anche da quella successiva, su su fino a Quine.
Anacronistico, eccentrico, considerato una mera curiosità dai contemporanei, ignorato dagli storici della matematica, pubblicato ai tempi dell’«Euclide superato» (dopo che Lobacevskij e Bolyai ne avevano incrina-to le basi assiomatiche), Byrne fece un’operazione che in realtà oggi ci appare assai attuale, e che risponde a un antico bisogno: quello di rendere visibili i nostri ragionamenti, rincorrendo principi di «facilità, rapidità ed evidenza lampante» enunciati ai suoi tempi da Helmholtz. «Il mio lavoro non ha uno scopo meramente illustrativo ”scrive Byrne nell’introduzione – e i colori non sono introdotti con propositi di intrattenimento, ma per assistere la mente nell’atto di cercare la verità», per incrementare l’immediatezzadella comprensione e del consolidamento delle conoscenze. Perché, la geometria, fin dall’antichità, non a torto, è sempre stata «adottata come la migliore ginnastica per la mente».