G. Sa., Il Sole-24 Ore 4/7/2010;, 4 luglio 2010
FONDI SUD, GRANDI OPERE AL PALO
Le regioni meridionali affette da «cialtroneria» – l’espressione è del ministro Tremonti – spendono con una lentezza esasperante le risorse dei fondi comunitari loro assegnati, con percentuali dell’8,2% sui programmi avviati nel 2007. Non fanno molto meglio, però, le amministrazioni centrali e le aziende di stato quando si tratta di usare i fondi strutturali per lo sviluppo del Mezzogiorno: le 13 grandi opere della legge obiettivo finanziate dal Fas ( fondo aree sottoutilizzate) nel 2003-2005 presentano oggi, a oltre un quinquennio dall’avvio, uno stato di avanzamento del 22 per cento.
A rivelarlo è una relazione sullo stato del «programma di accelerazione delle infrastrutture strategiche», approvata dall’ultimo Cipe. I dati, raccolti dall’Uver (unità di verifica degli investimenti pubblici), struttura del ministero dello Sviluppo economico, sono aggiornati all’ottobre 2009 ma è comunque l’ultimo monitoraggio ufficiale. «A distanza di cinque anni dall’assunzione delle prime delibere Cipe di finanziamento – afferma la relazione – l’avanzamento economico medio del programma si attesta al 22,06%; un dato che contrasta con la funzione anticongiunturale nelle regioni del mezzogiorno attribuita dal Cipe al programma».
Il programma comprende vari lotti della Salerno-Reggio Calabria e della strada statale Jonica, la Agrigento-Caltanissetta, l’asse autostradale Palermo-Messina e diversi programmi acquedottistici nel Molise e in Basilicata.
I ritardi rispetto alla tabella di marcia prevista sono gravissimi. Il rapporto registra «un disallineamento strutturale fra le previsioni procedurali effettuate in fase di finanziamento e quelle effettive, con scostamenti oscillanti tra un minimo di 346 giorni e un massimo di 1.464 giorni, con notevoli ritardi sui tempi realizzativi e conseguentemente della spesa».
L’incrocio tra il programma delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo e i fondi Fas era stato deciso nel 2003 dal governo Berlusconi proprio per dare un’accelerazione straordinaria ai programmi infrastrutturali, nella convinzione che il matrimonio fra i due strumenti, uno programmatico-operativo, l’altro finanziario, facesse bene a entrambi: al Fas perché avrebbe accelerato la spesa e superato la parcellizzazione degli interventi, alla legge obiettivo perché avrebbe trovato risorse finanziarie adeguate.
Così non è stato, il matrimonio non ha funzionato e, come sempre quando le unioni si rompono, si cercano le responsabilità reciproche.
L’analisi dell’Uver si sofferma su numerosi aspetti tecnici che rallentano le grandi opere: la perplessità sul funzionamento della figura del general contractor e dell’appalto integrato, soprattutto nella fase della progettazione esecutiva; la debolezza della figura del responsabile unico del procedimento della pubblica amministrazione a confronto con le grandi imprese realizzatrici ben più attrezzate sul piano tecnico amministrativo; il numero di riserve e varianti in corso d’opera che vengono iscritte dalle imprese e rallentano «la filiera decisionale»; la generale criticità nella fase progettuale e nella fase della cantierizzazione; addirittura il ritardo nelle pubblicazioni del Cipe che in alcuni casi ha fatto venir meno il presupposto giuridico per l’erogazione delle provviste finanziarie.
L’unico dato positivo del rapporto arriva da un’accelerazione dei lavori che ha cominciato a registrarsi nel 2009. In dieci mesi il programma è passato dall’11,5 al 22 per cento. I ritardi restano, però, enormi. Pesa soprattutto la fase che va dal momento dell’aggiudicazione in gara all’apertura del cantiere: 663 giorni per il megalotto 2 della Jonica, 966 per il macrolotto 6 della Salerno-Reggio Calabria che infatti registra un ritardo di 1.464 giorni, 745 giorni per un altro lotto della Salerno-Reggio.