Mario Sensini, Corriere della Sera 04/07/2010, 4 luglio 2010
TRIPLI PAGAMENTI, BILANCI FATTI A VOCE. IL BUCO NERO DELLA SANITA’ REGIONALE
Quest’anno le parcelle degli avvocati costeranno a Stefano Caldoro, governatore della Campania, tra i 250 e i 300 milioni di euro. Naturale, visto che la sanità della Regione è quasi paralizzata dai creditori. Solo per la Asl Napoli Centro 1 si contano pignoramenti per un miliardo di euro: gli stipendi non possono essere pagati e provvede direttamente la Regione. Il contenzioso legale, in Campania, ha raggiunto proporzioni mostruose. Ma benché costino cari, gli avvocati di Caldoro non riescono a risolvere granché. Mancano le carte, i bilanci, le fatture.
La Corte dei Conti ha segnalato decine di crediti pagati due o tre volte. In una Asl hanno beccato pure il direttore finanziario e un funzionario che si erano inseriti senza alcun titolo tra i creditori. La prima volta gli è andata bene e hanno intascato 395 mila euro, dopo che l’azienda li aveva giudicati «reali ed esigibili». Li hanno beccati quasi per caso quando hanno ritentato il colpo, alzando la posta a 2 milioni di euro. Benché i nostri, sentendo puzza di bruciato, fossero entrati nel sistema informatico togliendo sei zeri e portando il credito a 2 euro!
Dentiere d’oro
Il caos regna sovrano e non solo nella sanità della Campania. Doppi e tripli pagamenti dello stesso debito si sono registrati pure alla Regione Lazio, che due anni fa dovette mettere gli annunci sui giornali per far emergere i creditori: c’erano le note, ma si erano persi le fatture. I controlli fanno acqua, o spesso non si fanno proprio. L’anno scorso, a Roma, alcuni studi privati sono riusciti farsi rimborsare 438.992,29 euro per le protesi di 452 anziani «socialmente deboli». In realtà erano stati curati solo 33 pazienti per una spesa di 33 mila euro. Il progetto e i soldi venivano dalla Regione Lazio, ma ad accorgersi della truffa è stata la Corte dei Conti.
Non sono certo casi isolati. Nonostante il Fondo Sanitario Nazionale continui ad aumentare ogni anno (nel 2009 è arrivato a 110,8 miliardi di euro), nella sanità gli sprechi si moltiplicano. Con una doppia beffa per i contribuenti: alimentano quel fondo con le proprie tasse, e poi devono ripagare, con altre tasse, lo sfondamento della spesa. Che si concentra da sempre in due Regioni. L’anno scorso il buco complessivo della sanità italiana è arrivato a 3,3 miliardi di euro: il 40% è stata responsabilità del Lazio, il 21% della Campania. Il Patto della Sanità impone da qualche anno ai governatori di provvedere alla copertura del disavanzo, ma nonostante le tasse e i prestiti dello Stato il buco resiste: per il 2009 risultano ancora senza copertura 1,8 miliardi di euro.
Contabilità omerica
La sanità del Lazio e della Campania è stata commissariata. Lo stesso in Calabria e in Molise, dove la situazione relativa è anche peggiore. Altre quattro regioni fino a tutto il 2009 erano sottoposte ai piani di rientro: uscita quest’anno la Liguria, restano sotto stretto monitoraggio Sardegna, Sicilia e Abruzzo. Ma il bilancio dei costi e dei ricavi dimostra che quasi tutte le Regioni sono in perdita. Le uniche con il segno più, grazie anche alle tasse che chiedono preventivamente ai propri cittadini, sono Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Trentino e Friuli.
Al Sud la situazione è disastrosa. In Calabria, per esempio, è saltato fuori dal nulla un buco di 600 milioni, poi diventati 800. La Kpmg è al lavoro da più di un anno per ricostruire i bilanci delle Asl, che non esistevano. Alla Ragioneria Generale dello Stato, dove si stima che il debito sanitario della Calabria abbia raggiunto 1,8 miliardi di euro, la chiamano «contabilità omerica»: gli incaricati andavano dai dirigenti delle Asl e si facevano dare a voce i numeri di bilancio. Più buchi che altro, come sta venendo fuori dalla Commissione Bicamerale di inchiesta sui disavanzi sanitari.
Cuochi senza pentole
Nella media della Regione, dove ci sono ospedali da 10-20 posti letto con 100 medici, il rapporto tra produzione e costi, secondo la Corte dei Conti, è del 47,3%. I cinque ospedali della Piana di Gioia Tauro producono per 23 milioni di euro, ma ne costano 76 ai contribuenti, 52 dei quali solo per il personale. In uno di questi ci sono addirittura 26 cuochi, anche se il servizio mensa è appaltato all’esterno. L’ospedale di Acri produce per 7 milioni e ne costa 27, quello di Scilla fattura 12 e costa 36. A Catanzaro sono riusciti a spendere 924.600 euro per pagare «il personale religioso convenzionato»: 10 suore caposala e due cappellani.
Per razionalizzare, invece di chiudere gli ospedali più piccoli, si tolgono materassi e lenzuola, lasciando in piedi tutto il resto. Un po’ come succede a Napoli, che vanta la collina più ospedalizzata del mondo: sei nosocomi a poche centinaia di metri l’uno dall’altro con quattromila posti letto. I centri convenzionati per le analisi, in Calabria come in Campania, si sprecano. In Emilia-Romagna ci sono tanti punti di raccolta, ma un centro unico che fa milioni di analisi l’anno: costano 50 centesimi l’una, mentre in Campania, nei 1.250 centri convenzionati, la stessa analisi costa 6-7 euro.
Antibiotici a colazione
Il disavanzo, rispetto al finanziamento diretto dello Stato, arriva al 4% in Abruzzo (grazie anche al terremoto), nel Lazio al 15%, in Campania all’8,3%, in Sicilia al 3,3%, in Molise è al 14,3%, ma secondo i tecnici della Ragioneria potrebbe essere il 18%. Gli sprechi sono evidenti nell’analisi spietata della Corte dei Conti. Il tasso di ospedalizzazione nella media nazionale è di 189 per mille abitanti: sono 149 in Friuli e 233 in Campania. La media italiana dei parti cesarei è del 38,4%, già altissima rispetto all’Europa, ma in Campania si arriva al 62%, in Sicilia al 53%. I ricoveri per diabete sono pari nella media italiana a 88,7 per 100 mila abitanti, che in Puglia arrivano a 144. La spesa per farmaci rappresenta il 28% della spesa sanitaria, ovvero 213 euro pro-capite nella media nazionale: a Bolzano però sono 149, in Toscana 175, nel Lazio diventano 251, in Sicilia 266 e in Calabria 277 euro. In alcune Regioni gli antibiotici vanno via come il pane: in Campania sono 36 dosi per mille abitanti, il triplo che a Bolzano.
Alla spesa fuori controllo, e alle tasse più alte, non corrisponde certo un servizio migliore. I posti letto nelle residenze sanitarie assistite oscillano nel Sud tra 3,8 e 0,3 ogni mille anziani, in Lombardia sono 31,9, in Veneto 27,2, in Emilia 21,9. Dalle regioni del Sud, secondo i dati della Corte dei Conti, l’8,8% dei malati fugge al nord per curarsi. Ne scappano 63 mila l’anno dalla Campania, 54 mila dalla Calabria, 37 mila dalla Sicilia.
E tutto questo costa. I 12 miliardi di debito accumulati fino al 2005 sono stati tamponati con i prestiti del Tesoro che le Regioni (le solite) dovranno ripagare entro il 2037. Per i prossimi 25 anni sarà difficile abbassare le tasse nel Lazio e in Campania. Ammesso che il problema, e la Corte dei Conti dubita fortemente, si sia risolto. Forse la sanità non è più «la casa allagata con il rubinetto aperto» come si diceva una volta. Ma resta ancora, per molti, un albero della cuccagna.
Mario Sensini