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 2010  luglio 03 Sabato calendario

L’ITALIA UTILIZZA SOLO IL 12,3% DELLE RISORSE


Un livello di spesa ancora piuttosto basso sia in rapporto alla teorica tabella di marcia, sia rispetto ad altri Paesi europei. Il bilancio italiano, a circa tre anni dall’avvio del ciclo 2007-2013 dei fondi strutturali europei, si presenta certamente non brillante anche se forse nemmeno disastroso, soprattutto se si tengono presenti alcuni problemi sorti nel frattempo.
Per avere un’idea della situazione bisogna partire dal totale delle risorse sulla carta disponibili per questi sette anni. Un ammontare ingente: si tratta di quasi 125 miliardi. Ai fondi comunitari veri e propri, pari a 28,8 miliardi, si aggiungono infatti le risorse nazionali, nel rispetto del ”principio di addizionalità” che regola le politiche di coesione a livello europeo: vuol dire in poche parole che le risorse provenienti da Bruxelles non devono sostituire quelle stanziate dai vari Stati, ma aggiungersi ad esse.
Così nel caso italiano ai 28,8 miliardi se ne sarebbero dovuti sommare oltre 31 del cofinanziamento vero e proprio, più altri 64 del Fondo aree sottoutilizzate (Fas). Questo era lo scenario alla fine del 2007. Da allora però alcune cose sono cambiate. In particolare proprio le risorse Fas sono state a più riprese dirottate su altri obiettivi, sia di emergenza sia legati alle scelte politiche dell’attuale esecutivo: dagli interventi anti-crisi al terremoto in Abruzzo, dal ripiano dei deficit sanitari alla cancellazione dell’Ici sulla prima casa.
Queste scelte hanno ovviamente condizionato anche il comportamento delle Regioni. C’è poi un altro fattore da tenere presente, citato nel Rapporto strategico nazionale per il 2009 del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (cioè la struttura ministeriale che coordina questa materia). L’avvio del nuovo ciclo europeo 2007-2013 si è sovrapposto con la chiusura del precedente, quello relativo al settennio 2000-2006, le cui attività sono state prorogate al 30 giugno 2009. E anche questo è stato un fattore di ritardo.
Con tali premesse, si può valutare il livello di spesa effettiva dei fondi europei propriamente detti. Lo ha fatto tra l’altro anche la Banca d’Italia nella recente Relazione annuale, citando dati di fonte comunitaria aggiornati al 22 aprile di quest’anno. I pagamenti effettuati dalla Commissione ammontavano nel caso italiano al 12,3 per cento delle risorse comunitarie disponibili. Un valore non particolarmente alto e inferiore a quello di altri Paesi europei: la Spagna arriva al 13,8, la Francia al 15,6 e la Germania al 19,8 per cento.
Applicata ai 28,8 miliardi di fondi strutturali assegnati all’Italia, la percentuale del 12,3 equivale ai 3,6 miliardi citati dal ministro dell’Economia, anche se non è chiaro se i 44 complessivi di cui ha parlato Tremonti si riferiscano a fondi europei propriamente detti oppure alla somma di questi e di quelli provenienti dal cofinanziamento nazionale, limitatamente alla quota (prevalente) che spetta alle Regioni del Mezzogiorno.
In ogni caso è evidente che l’utilizzo delle risorse è stato nei primi tre anni piuttosto lento. Comportamenti analoghi nel passato hanno penalizzato le regioni del nostro Mezzogiorno. bene ricordare che le regole europee prevedono il disimpegno automatico degli stanziamenti nel caso in cui le risorse non siano state utilizzate per intero, o anche se non sono stati richiesti pagamenti dopo due anni dall’impegno finanziario delle risorse. Insomma a chi non riesce a spendere vengono tolti i soldi, quei soldi che affluiscono al bilancio comunitario anche dal contribuente italiano. un rischio che il nostro Sud non può permettersi di correre ancora.