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 2010  luglio 03 Sabato calendario

COSI’ I CINESI SBARCANO FACILMENTE IN UN’EUROPA DEBOLE E DIVISA

Un proverbio assai utile, a mio avviso, direbbe «attenti a quello che vi augurate», perché le conseguenze potrebbero rivelarsi assai diverse da quanto atteso o immaginato. Nei prossimi anni, questo potrebbe accadere nel caso di due auspici: l’austerità fiscale in Europa e il declino del valore dell’euro. Il primo mira a riportare fiducia e stabilità nel settore economico; il secondo, ad aiutare la ripresa delle esportazioni europee. Spero vivamente che entrambi si realizzino, anche se, in mancanza di riforme più coraggiose a favore della competitività, non sono poi tanto certo che il mondo dell’economia reagirà altrettanto positivamente all’austerità delle manovre finanziarie quanto se lo augurano i governi europei. Certo è che tali auspici contribuiranno a rafforzare la presenza della Cina qui da noi. Che non è necessariamente uno svantaggio, benché nessuno lo abbia messo in conto. In che modo si rafforzerà il ruolo della Cina? Perché la Cina possiede un surplus di capitale, un’eccedenza che cresce in valore e potenza man mano che le altre valute si deprezzano contro lo yuan cinese. Grazie al cambio fisso dello yuan contro il dollaro, invariato dal 2005, e grazie al deprezzamento dell’euro contro la moneta statunitense, sceso quest’anno del 20 percento, l’euro ha perso la medesima percentuale contro lo yuan. Se questo favorirà le esportazioni europee verso la Cina e ridurrà in Europa la concorrenza delle importazioni dalla Cina, è altresì vero che renderà ancor più appetibili ed economici gli investimenti cinesi in Europa. Di recente sono stati segnalati una promessa di finanziamenti da parte della Banca dello sviluppo cinese per gli impianti di energia eolica in Romania, investimenti nelle strutture portuali in Grecia e altri investimenti in Bulgaria. L’arrivo di capitale cinese è il benvenuto, nelle regioni che ne hanno bisogno e che sono potenzialmente molto interessanti per le aziende cinesi, grazie alla combinazione di basso costo della manodopera e accesso al mercato unico europeo. Ma siamo solo agli inizi e gli europei dovranno farsene una ragione. Ci sarà probabilmente un forte afflusso di capitale cinese in Europa, mentre i tagli finanziari europei, sia a livello nazionale che comunitario, significano che le istituzioni e i governi dell’Unione Europea non saranno in grado di contrastare l’influenza esercitata dal capitale cinese. L’afflusso è determinato dall’ulteriore apprezzamento della moneta cinese. L’inflazione sta crescendo in Cina e le autorità hanno bisogno di una valuta in risalita per esercitare il controllo monetario sull’inflazione. La scorsa settimana, con un’abile mossa diplomatica in vista del summit del G-20 a Toronto, la Cina ha annunciato che verrà consentita la rivalutazione, morbida, della sua moneta, proprio come era stato fatto nel 2005-08, prima della crisi economica globale. Inizialmente, il movimento è stato assai cauto, perché il governo cinese non intende suscitare polemiche in patria, specie tra gli esportatori. Ma visto il surplus della bilancia commerciale cinese e le preoccupazioni inflazionistiche, l’ascesa proseguirà senza incontrare ostacoli. E sarà un bene per l’economia mondiale, poiché gli squilibri estremi tra i Paesi con surplus della bilancia commerciale e quelli afflitti da deficit sono stati tra le concause della crisi economica. Ma, come dimostra il caso dell’Europa dell’Est, la situazione non porterà soltanto nuovi investimenti cinesi, sia tramite le banche che le aziende cinesi, ma rischia di scatenare nuovi timori politici in Europa per la crescente influenza di Pechino e la crescente concorrenza tra gli Stati membri per attirare il capitale cinese. La risposta fondamentale dovrebbe essere quella di accettare i finanziamenti, poiché nuovo capitale e un rinnovato slancio delle imprese contribuiranno a risolvere i problemi economici dell’Europa. Ma potrebbe esserci una seconda risposta, che prevede un maggior coordinamento nelle trattative con la Cina a livello europeo. La Cina sa benissimo che in realtà i ventisette Stati membri, e spesso le singole regioni al loro interno, amano negoziare separatamente con lei per definire investimenti e altri accordi economici e ciò rafforza indubbiamente la posizione cinese al tavolo delle trattative. Sarebbe auspicabile un approccio europeo collettivo, non solo per consolidare il nostro potere negoziale, ma anche per disinnescare i timori politici sulla crescente influenza della Cina in Europa.
traduzione di Rita Baldassarre
Bill Emmott