ANTONELLA RAMPINO, La Stampa 3/7/2010, pagina 7, 3 luglio 2010
I PALETTI DEI FINIANI PER SVUOTARE IL DDL
Primo: tempo massimo per le intercettazioni a due anni, «sostanzialmente com’è già oggi nel disegno di legge per i reati-spia», dice Italo Bocchino, e ad libitum per reati di mafia, grande criminalità, riciclaggio e usura. Secondo: tornare al codice penale vigente per quel che riguarda cimici e microspie ambientali. Terzo: così come consigliato dal procuratore antimafia Piero Grasso, che sia un giudice solo e non un tribunale collegiale a disporre le intercettazioni. E, last but not least, via le multe agli editori, o riportate alla soglia dell’attuale codice penale, dato che intervengono pesantemente nei delicati equilibri su cui si poggia la libertà di stampa, così come evidenziato dal garante sulla Privacy Franco Pizzetti, e così come spiegato già da Giulia Bongiorno nella sua relazione alla commissione Giustizia, dove retoricamente si chiedeva «quanto possa essere ammissibile la responsabilità delle persone giuridiche in materia di stampa, e quanto conciliabile con la libertà del singolo direttore». Più, naturalmente, varie ed eventuali. Si giocherà tutta sugli emendamenti la partita che si riapre martedì prossimo in commissione Giustizia alla Camera attorno alla legge sulle intercettazioni. Commissione guidata dalla finiana Giulia Bongiorno, celebre avvocato cui si deve l’assoluzione di Andreotti, approdata in Parlamento per cooptazione finiana, e vero deuteragonista in materia di giustizia del mastino berlusconiano Niccolò Ghedini. Bongiorno mai ammetterebbe che gli emendamenti sono già formulati. Che li abbia già vergati o no, poco importa. Di certo, la penna sarà la sua, ed è già delineata la strategia per una legge che «o diventa qualcosa di ben diverso da un testo da approvare a colpi di fiducia, o è meglio buttarla», consiglia un altro finiano, Fabio Granata, politicamente stupito «dai berluschini che spingono Berlusconi all’oltranzismo», che lo mandano a sbattere «e proprio su un disegno di legge sulle intercettazioni, quando Berlusconi mai ha avuto intercettazioni nei suoi processi, segno che il ddl serve a difendere altri, non il premier».
Bongiorno presenterà in commissione gli emendamenti sui quali sarà stata prima verificata la possibilità di ottenere la maggioranza. Una volta tracciata la linea del Piave, la presidente della Giustizia poi si riserva di presentare in Aula anche all’ultimo momento emendamenti di cui calibrare anche la deflagranza politica. Come è del tutto ovvio dal punto di vista dei regolamenti parlamentari, essendo Bongiorno la relatrice della legge a Montecitorio. Ma come non è affatto politicamente scontato. E’ lei che guida il gioco per i finiani, ammettono sia Bocchino che Granata, e la partita che si giocherà nell’emiciclo della Camera, presumibilmente a settembre, ha un esito tutt’altro che scontato.
Politicamente, fermando la fotografia all’oggi, c’è tra i finiani molta determinazione. Non solo le indicazioni che spirano dal Quirinale fanno ben sperare in una resipiscenza di ragionevolezza del Pdl, ma soprattutto, come dice Granata, «la Lega s’è svegliata, Bossi dice che il ddl si può migliorare perché Maroni non può vantare i successi sulla mafia e contemporaneamente accettare la distruzione degli strumenti d’indagine». Soprattutto, la Lega non può accettare di essere scavalcata a destra dai finiani proprio sul tema della legalità. Perché poi, degli emendamenti che saranno presentati, la stragrande maggioranza tende a difendere le indagini. Certo, la libertà di stampa è importante, ma la legalità è per i finiani un fatto identitario. Se ne sono accorti sui siti delle fondazioni, a cominciare da Generazione Italia, dove sono centinaia gli interventi contro il ddl proprio a difesa del diritto d’indagine. Ma di certo tra i molti emendamenti non mancheranno le sorprese. Come la cancellazione dell’impossibilità di intercettare parlamentari, quando per caso ci si imbatta in loro mentre sono al telefono con qualcuno oggetto d’indagine.