Emile Zola, Libero 2/7/2010, 2 luglio 2010
EMILE ZOLA
Il conte Maxime de La Roche-Mablon ha trentadue anni. Appartiene ad una delle più vecchie famiglie dell’Anjou. Suo padre è stato senatore sotto l’Impero senza aver abbandonato, dice, nessuna delle sue convinzioni legittimiste. I La Roche-Mablon d’altra parte, non hanno perso un pezzo di terra durante l’emigrazione e vengono citati ancora oggi tra i grandi proprietari di Francia. Quanto a Maxime, ha avuto una bella giovinezza; si è arruolato come zuavo pontificio, poi è ritornato a Parigi, dove ha corteggiato, ha giocato, ha avuto delle amanti, si è battuto in duello, senza farsi notare. un ragazzone biondo, bel cavaliere, di un’intelligenza media, senza forti passioni e che ora pensa di entrare in diplomazia per finire in bellezza.
La più ostinata dei La Roche Mablon è una zia, la baronessa di Bussière, una vecchia dama maneggiona lanciata nell’ambiente accademico e nell’ambiente politico. Non appena il nipote le confida i suoi progetti, dichiara che, prima di tutto, deve sposarsi, perché il matrimonio è alla base di tutte le carriere importanti. Maxime non ha nessuna obiezione seria contro il matrimonio. Non ci ha pensato, preferirebbe rimanere scapolo; ma alla fine, se bisogna proprio che si sposi, per avere il suo posto in società, si sottoporrà a questa formalità come a tutte le altre. Solo che, confessa ridendo, non essendo innamorato di nessuna, ha un bel cercare nella sua memoria: tutte le ragazze con le quali ha ballato nei saloni sembrano avere tutte il medesimo vestito bianco, il medesimo sorriso. Madame de Bussière è contentissima. Si occuperà di tutto.
Due giorni dopo, la baronessa parla a Maxime di Mademoiselle Henriette de Salneuve. Patrimonio considerevole, antica nobiltà normanna, matrimonio di convenienza per entrambe le parti. La zia insiste sulla correttezza di questa unione. (...). I titoli si equivalgono, i patrimoni sono più o meno equivalenti, le alleanze, se insiste a voler entrare in diplomazia, sembrano preziosissime.
« bionda, vero?», finisce per chiedere. «No, mora», risponde la baronessa, «cioè, non so neanch’io». D’altra parte non è importante. Di certo c’è che Henriette ha diciannove anni. Maxime crede di aver ballato con lei, a meno che non sia stato con la sorella più giovane. Non si parla della sua educazione, è inutile: è stata allevata da sua madre e questo basta. Quanto al suo carattere, non se ne può parlare: nessuno lo conosce. (...).
Il primo incontro
Quando Maxime, la sera, scorge Mademoiselle de Salneuve, è molto sorpreso di trovarla carina. Balla con lei, si complimenta per il suo ventaglio, riceve un sorriso come ringraziamento. Quindici giorni dopo viene fatta la richiesta ufficiale e il contratto viene discusso davanti ai notai. Maxime ha visto Henriette cinque volte. veramente molto bella, bianca di pelle, abbondante in vita, e quando potrà gettare i suoi vestiti da signorina saprà vestirsi come si deve. Del resto sembra amare la musica, detesta l’odore del muschio e ha avuto un’amica che si chiamava Claire e che è morta. Tutto qua. D’altra parte Maxime trova che è abbastanza: è una Salneuve, la prende dalle mani di una madre severa. Più tardi avranno tempo per conoscersi. Intanto, pensa a lei senza dispiacere. Non è assolutamente innamorato, ma non è per nulla dispiaciuto che lei sia carina, perché, se fosse stata brutta, l’avrebbe evidentemente sposata comunque.
Otto giorni prima del matrimonio, il giovane conte chiude con la sua vita da scapolo. Allora è con la grande Antonia, un’ex cavallerizza tornata dal Brasile coperta di diamanti. Rinnova il mobilio e rompe con lei, rimanendole amico, dopo una cena dove si beve alla sua felicità coniugale. (...).
Il matrimonio civile si è celebrato un lunedì, giorno in cui di solito non si sposa in municipio. La sposa ha un vestito di seta grigio, molto semplice; lo sposo è in redingote con dei pantaloni chiari. Non è stato fatto nessun invito, ci sono solo la famiglia e i testimoni, personaggi importanti. Mentre il sindaco legge gli articoli del codice, gli sguardi di Maxime e di Henriette si incontrano e si sorridono. (...). Uno dopo l’altra pronunciano il solenne sì senza la minima emozione, il sindaco è un ometto quasi gobbo la cui esile persona è priva di solennità. (...).
Ma tutto il fasto e tutte le lacrime di commozione sono riservate alla cerimonia religiosa. Per non confondersi con le nozze plebee, è stata scelta una chiesa privata, la cappelletta delle Missioni. La cosa dà subito al matrimonio una maggiore aria di devozione. Monsignor Félibien, un vescovo del Midi, parente alla lontana dei Salneuve, che deve benedire l’unione. Il grande giorno arriva, la cappella è troppo piccola (...). C’è tutta la nobiltà di Francia, nel suo ambiente, con il suo Dio. Tuttavia, Maxime, con un vestito ineccepibile, sembra un po’ pallido. Henriette arriva, tutta bianca, in una nuvola di tulle; anche lei è molto emozionata; ha gli occhi rossi, ha pianto. Quando Monsignor Félibien stende le mani sulle loro teste, entrambi rimangono chini per alcuni secondi con un fervore che produce una grande impressione. Poi, il vescovo, con voce cantilenante, parla dei doveri degli sposi. E le famiglie si asciugano le lacrime, soprattutto Madame de Bussière, che ha avuto un matrimonio sfortunato. (...).
La sera, si cena in famiglia, porte e finestre chiuse. E, bruscamente, verso mezzanotte, mentre Henriette trema nel suo letto nuziale, la faccia rivolta verso il muro, sente Maxime che le bacia i capelli. entrato, dietro i genitori, senza fare rumore. Lei lancia un grido, lo supplica di lasciarla sola. Lui sorride, la tratta come una bambina da rassicurare. un uomo troppo galante per non usare, per prima cosa, tutti i riguardi possibili. Ma conosce le donne, sa come fare con loro. E allora rimane là a baciarle le mani con delle carezze di parole. Non ha niente da temere, non è suo marito, non deve vegliare sulla sua cara esistenza?
Maniere brusche
Poi, siccome lei si spaventa sempre di più e si mette a singhiozzare chiamando sua madre, pensa di dover usare le maniere brusche per evitare che la situazione volga al ridicolo.
D’altra parte, rimane uomo di carattere languido, una tranquillità di gesti snervante, che mostra comunque una testardaggine simile. Così si accusano reciprocamente di profonda cattiveria. Ma, siccome le persone del loro rango devono sempre salvare le apparenze, mantengono rapporti di grande cortesia. (...). Sono più estranei tra loro che se abitassero a migliaia di leghe di distanza, mentre è solo un salotto che separa le loro due camere.
Intanto, Maxime si è rimesso con Antonia. (...). D’altra parte non rimpiange nulla. Il titolo, il patrimonio, c’è tutto. Continua a corteggiare, passa le notti al circolo, conduce la vita agiata di un gentiluomo di razza.
Henriette all’inizio si è annoiata. Poi ha assaporato finalmente la libertà del matrimonio. Fa attaccare i cavalli dieci volte al giorno, gira per i negozi, va a trovare le amiche, si diverte. Ha tutti i vantaggi di una giovane vedova. Finora il suo carattere tranquillo l’ha salvata da gravi errori. Al massimo si è lasciata baciare le dita. Ma ci sono dei momenti in cui si considera ben sciocca. E pensa tra sé e sé, pacatamente, se l’inverno prossimo deve prendersi un amante.