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 2010  luglio 03 Sabato calendario

GLI CHEF A DOMICILIO, PER VOCE ARANCIO


«Mi è capitato di spadellare in una cucina dove c’erano dei Picasso appesi alle pareti. Un’altra volta avevo preparato i miei ravioli di piccione, che sono stati spazzolati dal cane della padrona di casa, la quale si è molto preoccupata. Per il cane. E mi ha chiesto se non gli avrebbero fatto male» (lo chef Fulvio Pierangelini, che di tanto in cucina nelle case dei vip).

La moda dello chef a domicilio, nata nei paesi anglosassoni, da qualche anno spopola anche in Italia. Risultato: oltre alla Federazione nazionale personal chef, che raggruppa circa 120 cuochi «in affitto», esiste un portale, www. cucinami.it, che ne conta oltre cinquecento. Sparsi in tutta Italia, fanno la spesa, apparecchiano la tavola, studiano le portate, e cucinano a casa degli altri.

Shefalika Marescotti, milanese di origine indiana, habitué delle cene a domicilio: «Con lo chef che fa tutto al posto tuo puoi goderti gli invitati in pieno relax, senza preoccuparti ogni minuto della pasta che scuoce o di mescolare le verdure. Mangi bene e in più sei servito e riverito. La presentazione del cibo è elegante e alla fine della serata la cucina viene riordinata, non devi muovere un dito» (a Raffaella Oliva sul Corriere della sera).

Uno chef a domicilio per due persone costa in media 150 euro a testa (spesa inclusa). Se gli invitati sono una decina, il prezzo scende a 40-50 euro.


Il servizio dello chef a domicilio non va confuso con il catering: le preparazioni, infatti, sono tutte frutto di lavoro espresso nella casa del cliente.

Il personal chef può essere un libero professionista free lance o un cuoco famoso che ogni tanto lascia il suo locale per deliziare i clienti nelle loro case. Ad esempio Antonello Colonna, che ha il suo ristorante a Labico, ha cucinato a casa di ospiti illustri come Woody Allen e Sting. Colonna chiede per una cena a domicilio circa il doppio del menù al ristorante (cioè dai 160 euro si sale a 320 a testa), vini ed extra esclusi.
Nel 2008 Silvio Berlusconi regalò a Mara Carfagna, per il compleanno, una cena sontuosa preparata a casa sua dallo chef Antonello Colonna.
Per avere Fulvio Pierangelini come private chef un magnate era disposto a prelevarlo in elicottero perché cucinasse una sera esclusivamente per lui. Però lo chef ha il terrore dell’aereo e non se n’è fatto niente.

Gianfranco Vissani cucina a casa solo per certi clienti esclusivi: «Nei palazzi romani dove vado è un’impresa cucinare ad alti livelli, i luoghi sono splendidi, come a Palazzo Colonna o Palazzo Taverna, ma devi portarti ogni cosa, le cucine sono inadeguate. In ogni caso cucino solo per chi decido io, e non è una questione di prezzo».
Il siciliano Filippo La Mantia è andato a cucinare persino ad Hammamet, per Bobo Craxi: «Lì ho fatto un cous cous con pesto di agrumi da 45 chili, servito in un coccio grande come un tavolo».

Mirko Squadroni, fondatore e presidente della Federazione nazionale personal chef, iniziò una decina d’anni fa perché voleva essere «più indipendente»: «Via gli orari di apertura e di chiusura del ristorante e via i menù. I clienti mi accolgono direttamente a casa loro dove, spesa alla mano e preliminare quanto necessario piccolo sopralluogo in cucina (per verificare numero di fuochi, capienza del frigorifero, piano di lavoro, presenza di robot e strumenti per portare a termine la cena), mi impossesso dell’area e confeziono cene su misura per padroni di casa ed eventuali ospiti».
Qual è il suo piatto più richiesto nelle cene a domicilio?
«Il menu cambia a seconda dei gusti e delle esigenze del cliente. Il bello del personal chef è proprio questo. Non c’è una lista di piatti prestabilita. Ad ogni modo molti mi chiedono pietanze a base di pesce e in questo periodo mi piace preparare un piatto di grande effetto: cous cous allo zafferano con ragù di spada e granella di pinoli servito in una coppa di Martini».
La cena a domicilio più strana che le è capitata?
«Una degustazione con diciassette mini-portate per una sola persona: si trattava di un uomo d’affari che il giorno del suo compleanno, per via del lavoro, era solo a Roma, lontano da famiglia e amici. Ma voleva comunque festeggiare con una serata speciale».

Mirko Squadroni dice chi vuole diventare personal chef, se non proviene dalla ristorazione ma ai fornelli ha passione, talento e fantasia, deve aprire la partita Iva e fare un corso per ottenere un attestato Haccp (necessario a chi manipola alimenti e bevande): «Quindi deve frequentare qualche corso di cucina. Più lo chef è bravo, più è cercato attraverso il passaparola».
Quanto si guadagna con questo lavoro?
«Quando ho iniziato io, una decina di anni fa, il cuoco a domicilio in Italia non era ancora di moda e con gli incassi di allora non avrei potuto mantenere una famiglia. Ma oggi un bravo personal chef guadagna in media 3 mila euro al mese. Molto di più incassano naturalmente i cuochi famosi che di tanto in tanto vanno a cucinare nelle case dei ricchi».
Che bisogna fare per diventare soci della Federazione nazionale personal chef?
«Per associarsi si paga un’iscrizione di 50 euro all’anno. Chi non ha alle spalle un curriculum nella ristorazione, per un anno deve frequentare scuole e corsi professionali e fare esperienza aiutando nelle cene a domicilio i nostri cuochi. Poi viene inserito tra gli chef della Federazione».

Monica Buratti, 38 anni, restauratrice, cucina a domicilio saltuariamente, «solo quando mi va». Ha iniziato per passione, avendo imparato a cucinare dalla madre Doriana: «Con mia sorella Simonetta facciamo un po’ di tutto, dal pane ai dolci». Marina White, gallerista, di sera cucina per piccoli gruppi: «Gli amici mi facevano mille complimenti quando li invitavo. All’inizio mi hanno chiesto di cucinare qualcosa per loro. Poi, di amico in amico, ho costruito un ottimo giro di affari».

Chiara Ambrosi, fondatrice di La Cucina di Berenice dice che a chiamare gli chef a domicilio sono soprattutto «architetti, avvocati, dirigenti d’azienda».
Arturo Dori, chef del ristorante fiorentino Il Cavolo Nero, racconta che molti clienti desiderano anche assistere alla preparazione della cena: «Da una parte mi chiamano perché manca il tempo per dedicarsi alla cucina in modo serio. Dall’altra però esistono anche signore e signori interessati ad apprendere le tecniche di lavorazione di alcuni piatti». Volendo i clienti possono seguirlo nel fare la spesa: «Un modo per recuperare una tradizione che, confinata nei fine settimana o nelle ultime ore della giornata, rischia di diventare un peso anziché un piacere».
A Milano esiste un servizio di cucina tibetana a domicilio organizzato da tre monaci: Lama Janchup Gyaltsen, del monastero Pelgyeling di Kathmandu in Nepal, Thupten Sherpa e Tenzing Lobsang, del monastero Shartse Norling nel Karnataka, in India. I tre, in missione in Italia per raccogliere il denaro che serve a sfamare e istruire i bambini orfani esuli dal Tibet e adottati dai monasteri, raggiungono l’abitazione dei clienti con sei o sette ore di anticipo, il tempo necessario per fare la spesa sul posto e cominciare a cucinare. Gli ingredienti di base sono riso, verdure e carne di manzo (anche se la ricetta originale imporrebbe carne di montone, introvabile in Italia), la maggior parte dei piatti è cotta al vapore o leggermente saltata. In tavola gli immancabili momos, ravioli al vapore ripieni di carne e verdure, o i «sapchi momos», la variante fatta di verdure e formaggio. Mentre gli ospiti mangiano i tre monaci dipingono con sabbie colorate sopra un asse di legno. Prezzo di una cena per cinquanta commensali: 500 euro, escluso il costo della spesa.

Tra i divi di Hollywood va di moda affittare per una sera un cuoco italiano. Il più richiesto, al momento, è il siciliano Filippo La Mantia, amato da vip come John Travolta e Scarlett Johansson, che lo chiamano a casa loro per gustare la sua caponata. La cuoca preferita di Robert De Niro è invece Marta Pulini, che prepara per lui in privato piatti semplici dai sapori mediterranei. Halle Berry, per una cena a due, ha voluto che il cuoco Fabio Spadaio le cucinasse in casa i suoi stringozzi alla carbonara.