varie, 3 luglio 2010
LE RIUNIONI DI LAVORO, PER VOCE ARANCIO
RIUNIONI DI LAVORO (Voce Arancio)
«A cosa servono le riunioni di lavoro? A spolverare i tavoli; a capire, dopo la terza convocazione, che il problema poteva essere affrontato con una semplice telefonata; a farsi gli auguri prima delle vacanze; a cercare di far fare agli altri quello che tu non vuoi fare; a trovare una scusa per far tardi a cena …» (da alidicarta.it).
Secondo una ricerca di Icm Research per Canon Europe, al primo posto tra le cause di stress da ufficio ci sono i meeting aziendali: troppo lunghi, superflui e motivo di collera tra i lavoratori.
«In molti casi il disagio deriva da un vizio organizzativo», spiega a Voce Arancio Guido Sarchielli, docente di Psicologia del lavoro presso l’Università di Bologna. «Riunioni strutturate male o senza obiettivi chiari e concreti portano a pensare che si perda tempo e si faccia una fatica mentale inutile. Spesso non c’è un ordine del giorno, o manca chi fa il punto della situazione. Capita di frequente che, alla fine delle due ore, si è parlato di tante cose ma concretamente non si è centrato il bersaglio su nessuna. Le decisioni importanti vengono lasciate quasi sempre alla fine, quando non si ha più tempo o si è stanchi. Così, si finisce una riunione con la decisione di fare un’altra riunione».
Allora perché si continua a farle? «Per creare occasioni di incontro, più che per risolvere casi concreti. Il problema non è abolire le riunioni, ma farle in modo funzionale. In molti casi sono dei veri e propri rituali: si è sempre fatto una riunione, quindi continuiamo a farla. A livello internazionale si discute sul fatto che un management intermedio utilizza un numero consistente di ore al mese per le riunioni e alla fine queste non aumentano l’efficacia del lavoro».
Instant messaging o web conference possono aiutare? «In parte sì. Se ne stanno studiando i pregi – il non spostarsi, per esempio – ma anche gli svantaggi. Anche qui se il meeting non è organizzato in modo efficiente fa perdere ulteriore tempo».
Alternative? Ora vanno di moda i weekend aziendali… «Uno dei motivi per cui si fanno è sempre legato al fatto che non c’è un obiettivo ben definito. O meglio, se l’obiettivo è quello di migliorare i rapporti interni a un gruppo, perché c’è qualche conflitto o antipatia, la giornata trascorsa a riflettere sul proprio lavoro ha una finalità. Se invece lo scopo è quello di portare a termine un progetto e lavorare sulle competenze, la finalità è funzionale e occorre quindi programmare ogni cosa dall’inizio alla fine. Se si mescola la finalità del miglioramento delle relazioni e quella funzionale si fa confusione, ci si annoia e ci si indispettisce. Ecco facilmente spiegato l’alto tasso di assenza alle riunioni».
Ai tempi della conduzione di Artù, Gene Gnocchi faceva le riunioni con gli autori di mercoledì, in trattoria: «Non possiamo parlare di lavoro senza mangiare. L’importante è che ci siano il vino, i tortelli di erbette, il nocino e la presa per i computer. Andiamo avanti finché c’è una semi-coscienza, quando il tasso alcolico diventa eccessivo si chiude perché vengono fuori cose assurde».
Una ricerca della Texas A&M University, pubblicata sulla rivista scientifica Applied Cognitive Psychology, ha dimostrato che, quando ci si trova in riunione, si producono meno idee di quanto si possa fare lavorando per conto proprio.
Il Guardian ha interpellato un anonimo "senior manager" del Crown Prosecution Service: «Nessuna decisione di successo viene mai presa alle riunioni. Le decisioni vengono prese da gente che non era alla riunione o da gente che alla riunione c’è andata ma non ha detto niente». Il manager ammette che, quando gli tocca convocarne una, si assicura che tutte le cose importanti vengano prese prima, poi chiede a un suo sottoposto di ripeterle in riunione per dare l’impressione che convocarla sia servito a qualcosa.
PRIMA di convocare una riunione è fondamentale chiedersi se sia davvero necessaria. Se sì, occorre definirne chiaramente l’argomento e stabilire un ordine del giorno. Chiaro, efficace, ma non troppo lungo. Se i punti da discutere sono troppi, li si potrà affrontare solo parzialmente, con il risultato di dover fissare un altro incontro e di aver rafforzato nei partecipanti l’idea dell’inutilità delle riunioni. utile inviare tutta la documentazione di base ai partecipanti (al massimo 8-10 persone per consentire a tutti di esprimere il proprio parere). A tutti deve essere chiaro il tipo di riunione e gli obiettivi da raggiungere.
DURANTE la riunione è fondamentale il ruolo del facilitatore: presenta l’ordine del giorno, indirizza la discussione, invita i presenti a fornire il proprio contributo (con interventi brevi e concisi), cerca di evitare gli interventi polemici, fuori tema o troppo lunghi, fa il punto della situazione e approva la soluzione ai problemi. La riunione deve iniziare e finire all’orario prestabilito. Non deve durare mai più di due ore. Chi partecipa deve arrivare preparato, evitare le distrazioni (telefonate, mail, messaggi,…) e gli interventi inopportuni o troppo lunghi.
DOPO ogni riunione è bene stilare un verbale da inviare a tutti i partecipanti. «Il verbale non va inteso come fatto burocratico, ma come pro-memoria. In un’organizzazione, dopo due o tre riunioni, qualche volta accade che non ci si ricorda più cosa è stato deciso» (Sarchielli).
Negli uffici del sindacato Ugl non si fanno mai riunioni dopo le cinque del pomeriggio, per conciliare lavoro e vita privata.
Per evitare riunioni troppo lunghe, Silvio Berlusconi propose una soluzione: «Io ho risolto questo problema della ”riunionite acuta”: ho fatto togliere le sedie dai tavoli delle sale riunioni e così sono rimasti tutti in piedi. I tempi si sono ridotti da 3 ore a 20-30 minuti. Sono rimasti tutti contenti ed è cresciuta la produttività».
«Il mio consiglio è di bere molti liquidi, idratarsi. il modo più naturale per misurare quanto tempo una riunione dovrebbe durare. Se prima della fine stai morendo dalla voglia di andare in bagno, la riunione è andata avanti troppo a lungo» (da hostilework.blogspot.com).
Secondo Steve Kaye, facilitatore di professione, le aziende buttano in media il 20% dei loro soldi in riunioni fatte male. « come se la gente si sedesse per strada, sul marciapiede, un giorno alla settimana».
Su bringtim.com, un calcolatore-orologio per monitorare durata e costo delle riunioni. Lo strumento combina il numero dei partecipanti (fino a 99) con il costo medio della loro paga oraria (fino a 995 dollari) e le ore di tempo trascorse in riunione. Prezzo: 24,99 dollari (batterie incluse).
Equazione per calcolare il costo di una riunione: [(stipendio medio per un’ora di ciascun partecipante) x (ore di riunione) x (numero dei partecipanti)] + [(stipendio medio per un’ora di ciascun partecipante) x (numero di ore necessarie a completare il lavoro non svolto a causa della riunione) + (spese per bevande e rinfreschi)] – [ore di lavoro risparmiate grazie al risultato della riunione) x (stipendio medio per un’ora di ciascun partecipante)] = COSTO DELLA RIUNIONE (da hostilework.blogspot.com).
Will Wright, un famoso sviluppatore di videogiochi, chiede di essere pagato per partecipare a una riunione. «Ci pensano due volte prima di chiamarmi, anche se si tratta di un solo dollaro».
«Le riunioni sono il flagello della società occidentale. Non l’unico, d’accordo. Ma ci fanno perdere un sacco di tempo. Volete conoscere il segreto della serenità, della produttività e del successo? Non tenere riunioni, non organizzare meeting, non convocare incontri. A meno che siano strettamente necessari, cosa piuttosto rara. O meglio: le riunioni si possono anche convocare. Basta non andarci. Tutti abbiamo provato il tedio esistenziale provocato da certe occasioni. Il Loquace Aziendale parla, e noi facciamo disegnini con la matita. Il Capo riassume, ma noi conosciamo il riassunto (anche perché gliel’abbiamo preparato noi). L’esperto spiega tutto di X, ma noi ci occupiamo di Y. Intanto le ore passano, la luce cambia dietro i tetti oltre i vetri. Il pomeriggio finisce, e noi abbiamo combinato poco o niente. [...] Un tempo, quando chiamavo qualcuno al lavoro e mi rispondevano ” in riunione”, pensavo fosse una scusa per non passarmelo. Adesso ho capito che il poveretto è VERAMENTE in riunione. La cosa è grave (per lui). Una delle regole della moderna economia di mercato è infatti la seguente: l’importanza in azienda è proporzionale alla possibilità di evitare le riunioni. Quindi: sempre in riunione = ultima ruota del carro. Mai in riunione = grande capo. So che quanto ho appena scritto turberà i sonni di alcuni lettori. Lunedì si presenteranno in ufficio battaglieri, guarderanno la segretaria dritto negli occhi (lei penserà ”oddio è sceso il trucco”), apriranno l’agenda e cominceranno ad annullare incontri, cancellare meeting, spostare riunioni a data da definire. Poi usciranno in corridoio, soddisfatti, e diranno: ”Bene. E adesso, cosa faccio?”» (Beppe Severgnini su Io Donna).