Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 02/07/2010, 2 luglio 2010
L’IMMUNIT DELLA SANTA SEDE NEI TRIBUNALI DEGLI STATI UNITI
Leggo sui giornali che la Corte Suprema degli Stati Uniti toglie l’immunità alla Santa Sede. ridicolo! I poveri giudici non hanno la minima idea di che cosa sia la Santa Sede: sarebbe come dire che la Corte di Cassazione italiana, o quella francese o quella polacca, si riunisce domattina e toglie soggettività internazionale agli Stati Uniti, li degrada cioè ad un’associazione privata, quello che i giudici americani pensano che sia la Santa Sede. La cosa strana è che il Vaticano non reagisce: non richiama il suo nunzio apostolico negli Usa né quello in Belgio e non dichiara indesiderati gli ambasciatori di quei Paesi presso la Santa Sede. Certo potrebbe soprassedere a questa eventualità soltanto dopo che Obama e il re belga abbiano chiesto scusa al Pontefice per il comportamento dei loro giudici. Lo faranno?
Francesco M. D’Agostino
Guayaquil, Ecuador
Caro D’Agostino, come è già stato spiegato da Guido Olimpio e Paolo Valentino sul Corriere del 29 giugno, la questione non è precisamente in questi termini.
Proverò a riassumere i principali passaggi della vicenda.
Qualche anno fa un cittadino americano ha chiamato in giudizio di fronte a un tribunale dell’Oregon lo Stato della Città del Vaticano per gli abusi sessuali di cui era stato vittima verso la metà degli anni Sessanta quando era quindicenne. Una legge americana del 1972 afferma che gli Stati stranieri non possono essere oggetto di azioni giudiziarie, ma l’avvocato del querelante sostiene che il sacerdote responsabile di quegli abusi, Andrew Ronan, membro della Congregazione dei Servi di Maria (è morto nel 1992), poteva essere considerato un impiegato della Santa Sede e che le leggi dell’Oregon, in tale caso, permettono di chiamare in causa il datore di lavoro. La tesi è probabilmente costruita sul trasferimento di padre Ronan dall’Irlanda agli Stati Uniti. Se la Chiesa, dopo avere scoperto le sue inclinazioni sessuali, ha deciso di inviarlo in un altro Paese, gli atti di cui il sacerdote si sarebbe reso responsabile negli anni seguenti possono essere addebitati alla superiore autorità che ha deciso di spostarlo da un Paese all’altro. A questi argomenti i legali della Santa Sede ribattono che il Vaticano non è una multinazionale in cui i dirigenti sono civilmente responsabili, in ultima analisi, delle azioni dei loro dipendenti. I «datori di lavoro» sono le diocesi che hanno uno statuto legale conforme alle leggi dello Stato in cui esercitano le loro funzioni. questa la ragione per cui, come ha ricordato Paolo Valentino, le diocesi americane hanno sborsato a titolo dì indennizzi per abusi sessuali, fra il 1994 e il 2009, la somma di un miliardo e 269 milioni di dollari.
Non è interamente vero, inoltre, che la Corte Suprema abbia privato la Santa Sede della sua immunità giudiziaria. La Corte si è soltanto rifiutata di esaminare il caso e lo ha restituito al tribunale distrettuale dell’Oregon. Come interpretare questo respingimento? probabile che la Corte, in linea di principio, non escluda la possibilità di un procedimento giudiziario in cui la Santa Sede è chiamata in causa come datore di lavoro. Ma è altrettanto probabile che prima di pronunciarsi sulla sostanza della questione attenda di conoscere la sentenza dell’Oregon e gli argomenti utilizzati nel corso del dibattimento. Occorre quindi portare pazienza, forse per un periodo non breve. Nel frattempo non credo che soltanto la Santa Sede sia preoccupata dall’esito di questa vicenda. Suppongo che anche la Casa Bianca si chieda che cosa accadrebbe se il «datore di lavoro» americano venisse considerato civilmente responsabile dei «danni collaterali» provocati dai suoi dipendenti in Iraq e in Afghanistan nel corso dell’ultimo decennio.
Sergio Romano