Massimo Gaggi, Corriere della Sera 01/07/2010, 1 luglio 2010
LARRY KING LASCIA IL SUO SHOW «APPENDO LE BRETELLE AL CHIODO» – A 76
anni, 53 anni e 50 mila interviste dopo l’ inizio della sua straordinaria carriera televisiva e radiofonica, Larry King appende le sue leggendarie «bretelle rosse» al chiodo. Nell’ aria da tempo, la decisione l’ ha annunciata l’ altra sera lo stesso giornalista in diretta tv. «Il re abdica» titolano i quotidiani popolari. E King è stato davvero un re. Di nome e di fatto: ha creduto nella tv via cavo fin dai suoi albori, è stato il suo profeta, ha vissuto tutta la straordinaria epopea della CNN col suo «Larry King Live», l’ appuntamento quotidiano con le sue interviste che ha compiuto 25 anni poche settimane fa. Il giornalista dice che proprio quella settimana di celebrazioni e di interviste straordinarie l’ hanno fatto riflettere: «Ho avuto ospiti Barack Obama, Bill Gates, Lady Gaga. Mi sono detto: cosa potrai mai fare di più?». In realtà il re se ne va - e la ricerca di un successore è già iniziata da tempo - perché il suo trono è ormai coperto da un cuscino di spine. King rimane un mito e le sue interviste - da Martin Luther King a Paul McCartney, da Marlon Brando a Malcom X - sono nella storia del giornalismo, ma da tempo la sua stella si era appannata, gli ascolti erano in caduta libera. Nell’ ultimo anno sono addirittura dimezzati: da 1,35 milioni di spettatori ai 674 mila medi dell’ aprile-giugno 2010. Una crisi che non è solo dello Show delle nove di sera, ma che coinvolge l’ intera CNN, diventata - a dispetto del suo grande prestigio internazionale - il fanalino di coda delle reti informative «cable»: nel «prime time» serale la rete fondata da Ted Turner è ormai ridotta a 569 mila spettatori contro i quasi due milioni della Fox, la rete degli arciconservatori militanti controllata dalla NewsCorp di Murdoch, mentre anche la MSNBC, il «network» in mano ai radicali del fronte progressista, ha fatto il sorpasso: 760 mila spettatori medi. La CNN sta cercando di reagire cambiando tutti i suoi uomini di punta nelle ore critiche: Lou Dobbs, l’ «anchor» che andava in onda dalle 7 alle 8 coi suoi monologhi autarchici - invettive a raffica contro gli immigrati e i mercati senza barriere - è fuori da tempo. Campbell Brown, la giornalista che conduce l’ ora successiva (8-9 di sera) lascerà a fine luglio: «Me ne vado per gli ascolti deludenti» ha detto lei stessa, senza tanti giri di parole. Nel tentativo di attirare l’ attenzione degli spettatori, la CNN la sostituirà con un personaggio noto ma anche controverso: l’ ex «sceriffo» di Wall Street ed ex governatore dello Stato di New York, Eliot Spitzer, costretto alle dimissioni due anni fa, dopo la scoperta di una sua relazione con una prostituta. L’ eredità più difficile, però, è proprio quella di Larry King. Katie Couric, la giornalista della CBS famosa per interviste come quella che, durante l’ ultima campagna elettorale, mise in difficoltà Sarah Palin, avrebbe risposto con un «no grazie» ai sondaggi della CNN. La rete, comunque, starebbe pensando soprattutto a giornalisti che hanno fatto il salto nell’ «infotainment» (più intrattenimento che informazione) come Piers Morgan, inglese, ex direttore di «tabloid» britannici (News of the World, Daily Mirror), ormai noto al pubblico Usa soprattutto come giudice nello show televisivo «America Got Talent». Si parla anche del conduttore di «Survivor», Jeff Probst mentre lo stesso King ha proposto Ryan Seacrest, il presentatore di «American Idol», seguitissima sagra della ricerca di talenti televisivi. Insomma, quello che rischia di andare smarrito con l’ uscita di scena di Larry King, non è solo la professionalità di un vecchio ma vulcanico istrione - una forza della natura sul lavoro mentre la vita privata è costellata da sette mogli, l’ ultima delle quali ha tentato il suicidio poche settimane fa - che ha perso lo smalto: è tutto un modo di intervistare e di intendere il giornalismo. Larry King è sempre stato personaggio, ma proprio per questo non ha mai avuto bisogno di mettere troppo di sé stesso nelle sue interviste. Ha sempre seguito tre regole semplici: fare domande oggettive, non tendenziose; parlare sempre molto poco, lasciando all’ interlocutore tutto il tempo per rispondere; mettere l’ intervistato a suo agio, cercare di farlo aprire, di far venire fuori aspetti inediti della sua personalità. Giornalismo vero, insomma, tutto il contrario dei programmi zeppi di arringhe politicizzate che gli hanno tolto lo scettro nel «prime time»: Sean Hannity, il conduttore che si confronta con lui dagli schermi della Fox, è un bisonte della demagogia conservatrice mentre a sinistra scalpita con una dialettica altrettanto faziosa Rachel Maddow. Rachel è il bulldog dei «liberal» che nel suo show attacca a testa bassa non solo i conservatori, ma anche lo stesso Barack Obama, accusato di essere un progressista di cartapesta, uno che ha ingannato i suoi elettori. Larry King uscirà di scena a settembre. Resterà nella scuderia della CNN (curerà qualche servizio speciale), ma ha promesso che si dedicherà soprattutto alla famiglia; soprattutto alla moglie che aveva deciso di lasciare e alla quale, invece, si è riavvicinato dopo il tentato suicidio. Il suo ritiro è un evento naturale, 53 anni sulla breccia forse sono stati anche troppi. Ma la sua decisione e la scelta che verrà fatta dalla CNN hanno un peso non irrilevante sul futuro del giornalismo televisivo americano.
Massimo Gaggi