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 2010  luglio 01 Giovedì calendario

LA CAMORRA SENTE LA CRISI COMPENSI TAGLIATI AI KILLER

Il crimine non paga, ora più che mai. La crisi globale ha intaccato anche gli affari della camorra, così ramificata e ”global” nella gestione del proprio business insanguinato da rispondere alle stesse logiche finanziarie di un’azienda generica. Un’evoluzione iniziata all’alba degli anni Settanta quando il boss di Ottaviano Raffaele Cutolo decise di unire e irregimentare tutti i gruppetti malavitosi sul territorio campano sotto la propria egida, racchiudendoli nel sodalizio criminale della Nco, la Nuova camorra organizzata. Lì affonda le radici il golem illustrato da Saviano ai giorni nostri: filiere di comando serrate, famiglie in collegamento tra loro e un giro di capitali abnorme, soldi sporchi ”ripuliti” e reinvestiti in attività lecite spesso all’estero.
CAPIFAMIGLIA IN ROSSO
Succede che i boss tirano le somme, vedono il ”rosso” e ricorrono agli stessi rimedi dei direttori amministrativi piuttosto che di un governo in sofferenza: si taglia. Stipendio ridotto per tutti, a partire dai killer. Stando alle intercettazioni della Procura di Napoli un sicario del clan Di Lauro fino al 2004 ossia prima che scoppiasse la faida con gli scissionisti intascava da dieci a ventimila euro per ogni omicidio. Cottimisti del delitto, i membri dei gruppi di fuoco venivano pagati ”a lavoro” anziché con un fisso come avviene per tutti gli altri affiliati. Nel periodo di magra ammazzare è stato molto meno redditizio, massimo trecento euro a settimana. La guerra fra clan prima, la crisi e l’attività delle forze dell’ordine poi, hanno indebolito le casse delle famiglie: è di questi giorni la notizia (riferita ai pm Stefania Castaldi e Luigi Alberto Cannavale dal pentito Carlo Capasso) che Marco Di Lauro, figlio latitante del capoclan Paolo (soprannominato non a caso Ciruzzo ”o milionario), durante la fase di flessione (2006/2007) ha stretto i cordoni della borsa imponendo a tutti i sottoposti una retribuzione minima, non oltre i 2.500 euro al mese.
”MANOVRINA” MAFIOSA
Oltretutto, con una vera e propria ”manovrina” Di Lauro figlio ha fatto un’iniezione di liquidità versando nell’organizzazione trecentomila euro scorporati dal proprio patrimonio personale, e obbligato i colonnelli a contribuire anch’essi con una ”tassa” da trentamila euro ciascuno. Una sorta di business plan che oggi, a qualche anno di distanza, pare abbia giovato: il clan è tornato in attivo di 870mila euro. Gli investigatori l’hanno scoperto il 19 giugno scorso dopo aver sequestrato, in casa d’un incensurato di Secondigliano, Angelo Zimbetti di 35 anni, i libri contabili della mala. I boss annotavano entrate e uscite col rigore di burocrati diplomati in ragioneria senza tralasciare alcuna voce, nemmeno quelle apparentemente insignificanti.
LE SPESE DEL SISTEMA
Per corrompere le forze dell’ordine nel solo mese di maggio sono usciti dalla cassa quattromila euro; un fabbro ha ricevuto denaro per installare porte blindate e inferriate in alcuni covi; un falegname ha presentato il conto per i pannelli di legno usati come nascondiglio della droga; le famiglie dei carcerati ricevono regolarmente la cosiddetta ”mesata”, una sorta di sussidio per mantenere mogli e figli durante la detenzione degli uomini; c’è la voce ”settimane defunti”, ossia la l’erogazione di un indennizzo ai parenti delle vittime di agguati; la voce ”settimane appoggi”, ovvero l’affitto dei luoghi dove vengono provvisoriamente stoccati gli stupefacen-
ti e così via. Persino il consumo di gelati viene scrupolosamente contabilizzato. Il risultato finale è che a fronte di 2.685.475 euro d’entrate ci sono 1.814.680 euro di uscite. Totale: 870.795 euro di guadagni. Il clan produce di nuovo utili. La notizia del ritrovato benessere inizia a diffondersi nei rioni e ben presto l’austerity imposta dal boss, promotore di una sorta di ”Finanziaria”, potrebbe finire.
LO STIPENDIO DEI GUAPPI
Il fratello di Marco Di Lauro, Antonio, appena diciottenne, avrebbe preteso per sé uno stipendio di sedicimila euro al mese. Non è lui il solo che, qualora dovesse essere ripristinata la ”tabella salariale” del periodo precedente alla guerra di camorra, si vedrebbe riconosciuta una remunerazione cui difficilmente l’italiano medio può aspirare attraverso un lavoro onesto. Le sentinelle al soldo dell’organizzazione, che girano per i quartieri in cerca di pattuglie o auto civetta pronte a segnalare il pericolo, ricevono tra i 500 e i mille euro a settimana mentre un capozona, personaggio incaricato di gestire spaccio di droga e racket delle estorsioni, può arrivare a guadagnare diecimila euro ogni sette giorni.



I CONTI DELLA MALA
4.000
Gli euro spesi dal clan Di Lauro per corrompere esponenti delle forze dell’ordine nel solo mese di maggio
1.000
La paga in euro che ogni settimana ricevono le sentinelle, una fra le figure più basse di tutto l’organigramma dei clan di camorra
300.000
Gli euro che il boss Marco Di Lauro avrebbe distolto dal proprio patrimonio personale per immettere liquidità e risollevare i bilanci dell’organizzazione
870.000
L’utile in euro che il clan avrebbe registrato dopo il giro di vite, superando un periodo segnato da conti in rosso