Arturo Bandini, Libero 30/6/2010, 30 giugno 2010
PRENDE TRENTA ALL’ESAME E SI BECCA UNA DENUNCIA: IL DOCENTE ERA SUO PAP
Venezia – Non lo si è, onestamente, ancora capito. Non si è capito ancora se Vanni Tiozzo, professore emerito all’Accademia di Belle Arti di Venezia sia più un docente ingenuo confuso dalla sindrome stendhaliana dei suoi studi (la bellezza che ottunde i sensi); o sia, piuttosto, esempio di rara sfrontatezza. Il professor Tiozzo, all’esame di restauro di cui è ordinario non solo ha esaminato la propria figliola, ma le
ha dato un bel 30. Senza lode, magari era troppo. E un suo collega lo ha denunciato. Cose che possono accadere alle Belle Arti di Venezia, specie alla vigilia della nomina del nuovo direttore, carica per la quale è candidato anche Tiozzi, professore-padre protagonista della vicenda di difficile lettura. All’apparenza il conflitto d’interesse sarebbe grande come una casa. Ma il prof si difende: «Sono stato regolarmente autorizzato dalla direzione, anche perché non c’erano alternative: io sono l’unico docente di Restauro» risponde piccato ai cronisti del Gazzettino. E aggiunge: «Del resto, se non sbaglio, un caso ben più eclatante era scoppiato a Roma, con l’attore Carlo Verdone esaminato dal padre, ed era stato chiarito che non si tratta di una cosa illegale». Anche se Tiozzi fa l’esempio sbagliato. Perché è vero che Carlo Verdone fu interrogato in Storia del cinema dall’ordinario Mario Verdone; ma è anche vero che Carlo fu sonoramente bocciato dal padre, dovette rifare l’esame e riuscì a passarlo solo grazie a un mentore d’eccezione, il regista Sergio Leone che lo costrinse a ore e ore di ripetizione inchiodato sui libri.
A firmare la querela, qui, è stato il docente di Pittura professor Igor Lecic, al quale era stata la stessa Cecilia Tiozzo la quale voleva seguire il suo corso a raccontare, qui sì ingenuamente, di aver superato l’esame di Restauro con il padre, portandosi a casa il 30. Ora per Tiozzo non solo la sua azione sarebbe del tutto regolare, ma l’intera faccenda rivelerebbe insospettati retroscena al veleno tra accademici. Venticelli d’invidia che spirerebbero da tempo tra le aule, che si concreterebbero in una causa per mobbing intentata da Lecic davanti al giudice del lavoro: «Sono dispiaciuto che la sua querela per l’esame a mia figlia arrivi dopo che mi sono rifiutato di testimoniare, come lui avrebbe voluto, nella sua causa per mobbing» ha sottolineato Tiozzo «e non è certo una coincidenza che la notizia esca proprio alla vigilia della del voto per la direzione».
Ora, il beneficio del dubbio può essere lasciato, pur tra l’indignazione degli altri studenti. Ma fa specie che, proprio mentre un centinaio di professori di atenei di tutta Italia propongono uno sciopero per ”reagire” alle misure prese quest’anno dal governo, episodi del genere si verifichino. Ad essere onesti il sistema di raccomandazione agli esami universitari è molto più ingegnoso -lo rivelò il giornalista Nino Luca nel libro ”Parentopoli” (Marsilio)-. E prevede in una sorta di voto di scambio segnalazioni incrociate tra docenti diversi in atenei diversi per eludere le norme che vietano i concorsi ai parenti. Nel caso di Tiozzo, egli era l’unico docente di restauro in città; costringere la figlia a cambiare università sarebbe stato troppo. Si poteva, però farla interrogare la propria da un assistente. Non sarebbe cambiato nulla, ma...