Claudio De Carli, Alec Cordolcini, il Giornale 1/7/2010, pagina 37, 1 luglio 2010
IL CALCIOMERCATO (2
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Kenneth William Bates non è un’invenzione letteraria. Lui è quello che comprò il Chelsea per una sterlina e oggi risiede nel Principato di Monaco. lì in fugg ga dopo aver beffato le casse di Sua Maestà per milioni di sterline con un permesso del governo britannico che gli consente di mettere un piede in patria al massimo per 90 giorni l’anno. Non fosse altro per andare a godersi qualche partita di football. L’ottuagenario Ken Bates, oggi presidente della Leeds United Football Club Limited e del Leeds United A.F.C, ha sempre avuto una gran passione per il calcio, ma neppure lui poteva immaginare l’inimmaginabile. Cacciato dai Queen Park Rangers che gli rifiutarono addirittura l’iscrizione, Bates fece fortuna prima nei trasporti poi nel settore delle cave e in quello farmaceutico. Alti e bassi. Quando ha fondato la Irish Trust Bank è diventato il trofeo più ambito di migliaia di creditori che lo avevano sostituito alla volpe. Prima che la sua carriera di dirigente nel mondo calcistico decollasse, nel giro di cinque anni venne eletto presidente dell’Oldham Athletic e poi del Wigan Athletic. Poi un giorno è arrivato il Chelsea in crisi economica e debiti pesanti, Bates gli piombò sopra come uno sparviero. Senza fretta ha risolto il problema di Stamford Bridge, il tempio del club, poi ha costruito il Chelsea più vincente della storia, prima di lasciarlo con una voragine di oltre 80 milioni di sterline. Bates è considerato ancora oggi una delle figure più complesse del calcio britannico, un innovatore talmente spudorato da mettere i brividi e nonostante questo membro per un lungo periodo della Football Association.
Dopo aver pagato una sola sterlina il più aristocratico club inglese di football, Bates per 17 milioni loha ceduto a Roman Abramovich. La mamma di tutte le plusvalenze. E Abramovich mai sarebbe diventato presidente del Chelsea senza Pinhas Zahavi, un ex giornalista israeliano oggi ritenuto il principale broker di affari calcistici globali.
Un sistema popolato da un’umanità straordinaria.Il belgradese Zoran Vekic ha sotto procura un numero talmente elevato di giocatori che non può ricordarseli tutti.
Eppure non gli sfugge nulla, è stato lui a rivelare che il bacio di Guti non era a una misteriosa amante ma alla sorella, cura i minimi particolari e quando interviene non lo fa mai a vuoto. Josè Maria Mesalles è un diplomatico che avrebbe fatto carriera anche in Vietnam, se Eto’o all’Inter è stato un trionfo,si deve alla sua arte persuasiva nel convincere il camerunense. Nella Romania dello sconnesso post Ceausescu i Becali sono il clan più potente, ma Pinhas Zahavi ha un altro passo.
Secondo il Times , attraverso la sua amicizia con gli ex oligarchi russi, Zahavi avrebbe portato una mutazione genetica nella football economy mondiale. Televisione, diritti, sponsor, eventi, Zahavi si occupa di tutto, recentemente il tabloid The People ha pubblicato la notizia con tanto di documentazione di una sua diretta partecipazione nell’acquisto dell’indebitatissimo Manchester United con l’offerta di un milione di sterline alla famiglia Glazer. Una cordata di businessman stranieri per convincere gli americani a cedere il più blasonato club inglese. Zahavi, che ha la procura di Rio Ferdinand, è uno di quei personaggi che si muovono all’ombra del calcio, ma poi irrompono ed esplodono, uno che sa scegliere gli amici, per esempio Kia Joorabchian, uno dei personaggi più discussi e temuti nel mondo del calcio. Curiosa la sua fama, è ufficialmente evitato dai presidenti di calcio, in effetti è in continua trattativa con tutti, si sente quotidianamente con i loro direttori sportivi e tesse operazioni di mercato che lo arricchiscono a dismisura. Il giornale brasiliano Jornal uscì un giorno con la notizia che Joorabchian aveva collaborato per la campagna acquisti del Santos e fu scandalo: un iraniano di origini armene dietro le mosse di mercato dell’ex squadra di Pelè. Immediata è arrivata la smentita del presidente Luis Alvaro de Oliveira Ribeiro: «Il Santos non ha mai fatto affari con Kia». Tutti temono che si sappia in giro di aver a che fare con lui. il proprietario del cartellino di Carlitos Tevez attraverso la Msi, misterioso fondo di investimenti con sede legale alle isole Cayman: affitta Tevez a un club e al termine del contratto ne torna padrona, un sistema che ha già tracciato una tambureggiante nuova via. E a nessun presidente interessa sapere che Kia Joorabchian è stato indagato in passato per riciclaggio internazionale. Quando prese il Corinthians lo riciclò in un club di transito in cui i calciatori venivano acquistati e subito dopo rivenduti con plusvalenze atomiche, andò avanti così fino a quando le autorità brasiliane accertarono un legame fra la Msi e gli oligarchi russi, un’inchiesta tuttora aperta.L’altro da tenere d’occhio è Jorge Mendes,l’agente Fifa più potente del mondo: Cristiano Ronaldo, Mourinho, Felipe Scolari, Di Maria, Carvalho, Hilario, Deco, Quaresima, Timao, Thiago Silva, Pepe, sono solo alcuni dei suoi assistiti, ha valorizzato il calcio portoghese esportandone i talenti e partendo da un piccolo prestito di 5mila euro per gestire una discoteca sull’oceano frequentata da calciatori. E quando ricevette la prima offerta per entrare in un piccolo club non chiese soldi ma la possibilità di gestire la cartellonistica del club. La sua fortuna. Raffinato, amante del lusso, adora vestire elegante, Gucci, Prada, Dolce e Gabbana, spende circa 10mila euro al mese in telefonate, viaggia in aereo privato, fa colazione in Europa, pranza in Africa, in serata è in Sudamerica. Un ex cavatore, un israeliano, un iraniano di origini armene, un ex discotecaro, sono loro i padroni del calcio, i mercanti che fiutano e arrivano prima degli altri. Da oggi comunque si possono depositare i nuovi contratti, apre ufficialmente il mercato, non c’è un posto, c’è stata una mutazione genetica generata da una sterlina ma l’affare si può ancora concludere in trattoria, da oggi fino al 31 agosto.
Claudio De Carli
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Il terzino del Manchester United Gary Neville è stato uno dei primi ad aprire il fuoco contro di loro. «Let’s kick’em out», disse il 16 febbraio 2007. Cacciamoli fuori. Il bersaglio erano i procuratori, i nuovi padroni di un calcio consegnatosi senza colpo ferire nelle mani delle televisioni.
un universo sfaccettato e complesso quello degli agenti di calcio; c’è il professionista serio, il faccendiere, l’esibizionista, il tessitore occulto, l’amico degli amici. Un mondo intricato che gravita attorno a quella gallina dalle uova d’oro che è diventato il calcio dalla metà degli anni Novanta. Un mondo spesso oscuro, poco decifrabile dai non addetti ai lavori, che trae vantaggio dal pressoché completo vuoto normativo della materia. questa la molla che ha spinto la Commissione Europea, all’inizio dello scorso anno, ad aprire un’inchiesta sui procuratori sportivi all’interno della UE. Chi Sono? Quanti sono? Quanto guadagnano? Le risposte sono contenute in un dossier di 300 pagine che gli uomini di Bruxelles hanno appena reso pubblico. Con risultati sconcertanti. Nei soli paesi dell’Unione Europea il numero dei procuratori sportivi legalmente riconosciuti (ovvero in possesso di regolare licenza Fifa) ammonta a 3.575, dei quali quasi tremila sono attivi nel mondo del calcio. Francia e Inghilterra primeggiano nel numero di agenti dei cosiddetti ’altri sport’ (rispettivamente 187 e 131), mentre riguardo al calcio la palma d’oro spetta all’Italia, che di procuratori ne annovera ben 563, per una media di un agente ogni sei giocatori (considerati quelli dalla Serie A alla Seconda Divisione di Lega Pro). Tanti procuratori, scarsissimo spirito corporativo; in Italia l’89% degli agenti possiede una propria società. In Inghilterra la cifra si abbassa al 70%, in Germania al 19%, in Spagna addirittura all’8%. In totale nell’intera comunità europea meno di un terzo dei procuratori è affiliata ad un’associazione di agenti. Un capitolo a parte lo meritano invece gli agenti senza licenza; la Commissione Europea ne ha stimati 837, alcuni dei quali operanti nel calcio di altissimo livello. Ne è un esempio il caso di John Terry.
L’azienda calcio è una macchina da soldi. 200 milioni di euro è la cifra, stimata per difetto dalla Commissione Europea, che finisce ogni anno nelle tasche dei procuratori, con o senza licenza. L’indiscusso leader del mercato è il portoghese Jorge Mendes, il procuratore di Josè Mourinho, Cristiano Ronaldo e Deco. La sua azienda, la Gestifute, possiede un valore di mercato stimato attorno ai 435 milioni di euro. Ogni area geografica ha il suo padrone: in Spagna c’è Gines Carnaval; in Inghilterra ( ma anche in Russia ed Ucraina) il controverso Pini Zahavi; in Germania Roger Wittman; in Argentina Fernando Hidalgo; in Uruguay Francisco ’ Paco’ Casal; nell’Europa centrale gli austriaci della Stars & Friends GmbH; in Scandinavia Karsten Aabrink, che conduce anche un programma sportivo alla domenica sera sull’emittente TV3. Quando si dice non farsi mancare niente dalla vita.
Cosa c’è alla base della sproporzione numerica tra i procuratori calcistici e quelli degli altri sport? La risposta è fin troppo semplice: gli introiti. Il salario di uno dei primi varia da un minimo di 13.000 ad un massimo di 3.750.000 euro, per una media di 1.881.500 euro all’anno. Ovvero quattro volte tanto quella di un agente del basket NBA (410.000), cinque volte quella di uno dell’automobilismo ( 325.000), ben dieci volte quella di uno del ciclismo (184.000) e del tennis (172.500). Solo i procuratori della boxe negli Stati Uniti si avvicinano ai colleghi del dorato mondo pallonaro grazie ad un guadagno medio di 1.022.500. Dal punto di vista dei guadagni minimi però solo l’atletica (6.000) è inferiore al calcio (i già citati 13.000); un segno della concorrenza feroce e del livello di saturazione dell’ambiente.
«Il potere sempre crescente acquisito dai procuratori», commenta Thomas Lindrup, presidente dell’Associazione Calciatori danese, «non è imputabile solo alle cattive politiche gestionali di molti club, ma anche agli stessi giocatori. Molti dei quali, troppo giovani o semplicemente troppo pigri, tendono a delegare ogni aspetto della loro vita professionale ad un’altra persona. Ben vengano pertanto le azioni intraprese da Bruxelles». L’obiettivo dell’inchiesta condotta dalla Comunità Europea è quello di costituire una base di partenza per una regolamentazione del settore, già auspicata dalla ECA (European Clubs Association) e da numerosi addetti ai lavori. Niente cacciata dei mercanti dal tempio, come si augurava il buon Neville; solo un po’ di salutare pulizia nella giungla del pallone.
Alec Cordolcini