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 2010  luglio 01 Giovedì calendario

GLI SPRECHI DELLE REGIONI (5

articoli) -
Ogni giorno una lacrima. Il piagnisteo delle Regioni sta facendo da colonna sonora a questa estate di tagli e manovre: si ha l’impressione che i governatori fatichino a capire che la stagione delle vacche grasse sia ormai tramontata per sem­pre. L’Italia non può più permettersela. E se chi comanda in Lombardia o in Emilia, in Veneto o Liguria, vuole davvero ap­prodare al federalismo deve far quadrare i conti. Vale al Nord e, ancora di più, nel Mezzogiorno: ora anche le Regioni devo­no fare la loro parte.
La risposta dei governatori, mai così compatti, è un grido disperato: «Così ci rovinate». Le Regioni virtuose, con i conti in regola come la Lombardia, dicono che non tocca a loro pagare per errori altrui, quelle messe ma­le­come la Calabria invocano le malefatte econo­miche dei loro predecessori e si lamentano sui debiti da pagare. Tutti, buoni o cattivi, non voglio­no rinunciare a nulla. Ma questo, signori governa­tori, è un atteggiamento miope. La questione si può ribaltare: magari la necessità di risparmiare è un ”occasione storica per eliminare tanti spre­chi. Non la sanità o il welfare, ma i vizi, le cliente­le, i favori ai professionisti dei sussidi e dei finan­ziamenti pubblici, i posti di lavoro creati ad hoc e la costellazione delle consulenze. Tutto questo è davvero indispensabile?
Questo giornale è andato a spulciare nei bilan­ci di tre Regioni: Lazio, Campania e la virtuosa Emilia-Romagna. Il risultato è: tanti sprechi per tutti. Ce ne sono grandi e piccoli. Ci sono sviste ed esempi di cattiva amministrazione. Marrazzo, so­lo per fare un esempio, trascurò di sfruttare uno sconto del 50% sull’acquisto di alcuni medicina­­li: bruciando 243 milioni di euro in 4 anni.Nell’ul­timo bilancio del Lazio ci sono piccoli sperperi simbolici: contributi per misteriosi enti cinema­tografici marocchini ma soprattutto i 7 euro di caf­fè ad assessore durante ogni seduta della giunta. Chi vive a Bologna conosce bene la storia della «Terza Torre». Sembra una leggenda metropoli­tana. Invece è vera. Parliamo della terza sede del­la Regione: approvata la costruzione nel 1993, dall’iniziale costo di 7 miliardi delle vecchie lire si è arrivati nel 2010 a quasi 15 milioni di euro. E il palazzo non è ancora pronto. Manca il posto au­to. E cosa dire dei 20mila euro stanziati per fi­nanziare l’acquisto di dromedari da latte per le popolazioni del Sahara o dei 300mila euro per educare la popolazione alla pace?
Un occhio di riguardo merita la Campania, sem­pre capace di strappare un sorriso a caro prez­zo. Basta ricordare i 40mila euro pagati dalla Re­gione per le nuove divise degli autisti della giun­ta. Peccato però che tutte le taglie siano risulta­te sbagliate. Poca cosa in confronto ai 20 carri gru acquistati per consentire ai vigili urbani di rimuovere le auto in doppia o tripla fila: ci sono voluti 2 milioni e mezzo di euro per accorgersi che i carri erano troppo larghi per entrare nel deposito.
Meno male che c’è la Sicilia. Da ieri mattina la Corte dei conti sta «processando» la Regione au­tonoma, Regione speciale. L’accusa sta rivelan­do numeri che fanno impallidire gli sfarzi di Ver­sailles. Nel 2009 la Sicilia ha speso 13 milioni in consulenze. un esercito di esperti che campa a spese del contribuente. La sanità costa un milio­ne l’ora e qualche dubbio sull’eccellenza degli ospedali siciliani resta. I burocrati costano a ogni cittadino 214 euro l’anno e spesso vengono as­sunti, dice la Corte dei conti, senza concorso e per soli meriti clientelari.
Tutto questo è soltanto normale amministra­zione.
Salvatore Tramontano

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LAZIO
Quando si parla dei con­ti della Regione Lazio è il caso di dotarsi di una calcolatrice ben funzionante e con pile possibilmente nuove. Perché le cifre sono enormi - e meno male che c’è l’euro, che toglie di mezzo qualche zero. La pri­ma è l’ultima: gli 866,4 milio­ni di euro di minori trasferi­menti dallo Stato per il 2011 e il 2012 che fanno del Lazio la terza Regione più colpita dai tagli di Tremonti dopo Lom­bardia e Piemonte, certamen­te con conti più in ordine. An­ni di amministrazioni lassi­ste, per lo più di centrosini­stra, hanno scavato crepe pro­fonde nei pilastri contabili della Pisana, che ora si trova in pole position nella lista ne­ra delle Regioni meno virtuo­se. Da quando si è insediata, la presidente del Pdl Renata Polverini sta lavorando per porre rimedio a un deficit mi­liardario originato soprattut­to dalla spesa sanitaria: con 1,3 miliardi di disavanzo sani­tario Roma e il suo circonda­rio «fatturano» ben più di un terzo dell’intero «rosso» na­zionale, che si attesta a 3,4 mi­liardi. E le cifre diventano di mese in mese più drammati­che: il ministero dell’Econo­mia ha appena stimato che il debito sanitario dell’anno corrente sarebbe già arrivato a 1,5 miliardi di euro. E il pia­no di rientro è un calvario sen­za fine: malgrado il cambio di colore dell’amministrazione regionale abbia reso più con­cili­ante il governo nella tratta­tiva per tornare sulla retta via, pure le misure saranno drasti­che. Per dire, il Lazio, come le altre regioni finite dietro la la­vagna, non ha accesso ai fon­di per le aree sottoutilizzate (Fas): circa 450 milioni svani­ti per rimediare i quali la Pol­verini si troverà costretta a ri­toccare al rialzo addizionali regionali già quasi ai massi­mi: l’Irpef è all’1,4 per cento, l’Irap (che varia da settore a settore) in media al 5,25 per cento, ma la finanziaria 2010 per le Regioni «canaglie» im­pon­e lo stesso un aumento au­tomatico rispettivamente del­lo 0,15 e dello 0,30. «Ricordo che anticipiamo 1,4 miliardi che dovremmo avere dal mi­nistero dell’Economia. Poi dovremmo avere 800 milioni dal Fondo di garanzia, più al­tri 50 al mese in attesa della delibera Cipe», elenca Polve­rini sconsolata, costretta co­me una massaia a risparmia­re qua e là.
Le occasioni non mancano: dovunque Polverini mette mano ecco sprechi e irrazio­nalità. Restando alla sanità, qualche settimana fa Polveri­ni ha individuato 204 milioni di risparmi strutturali nella gestione dei servizi grazie a operazioni di contenimento della spesa: la governatrice sta per dare un taglio a con­tratti di consulenza a profes­sionisti esterni alle ammini­strazioni sanitarie (10 milio­ni), ai fondi contrattuali del personale sanitario (50 milio­ni), ad appalti vari (92,7 milio­ni), alla spesa per esami di la­boratorio, diagnostica e assi­stenza ambulatoriale in con­v­enzione con strutture sanita­rie private ( 79 milioni). Poi ar­riveranno la razionalizzazio­ne della rete ospedaliera, con la chiusura di piccoli ospeda­li, e l’istituzione di uno stru­mento di controllo della spe­sa sanitaria e di quella farma­ceutica.
Insomma, gli anni delle cin­ghie tirate dopo quelli della pazza gioia. I guai dei conti la­ziali arrivano da lontano, ma la gestione Marrazzo-Monti­no è stata decisiva per affos­sarli ulteriormente. Qualche mese fa, per dire, la Guardia di finanza ha trasmesso alla procura della Corte dei conti una relazione nella quale cal­cola un danno erariale di 243 milioni maturato dal 2004 al 2008 per non aver applicato la legge 405 del 2001 che pre­vede che le strutture sanitarie possano acquistare taluni ti­pi di farmaci con il 50 per cen­to di sconto. Opportunità che la regione Lazio avrebbe tra­scurato di sfruttare, preferen­do utilizzare la più onerosa spesa«a rimborso»che preve­de l’esborso del prezzo intero salvo un piccolo sconto obbli­gatorio. E la durata delle de­genze ospedaliere - che se­c­ondo gli esperti è il vero para­metro per verificare l’efficien­za delle strutture sanitarie - è circa il 40 per cento superiore rispetto a quello delle Regio­ni virtuose: ciò si è calcolato costerebbe ai laziali circa 70 milioni all’anno.
Grandi sperperi. E più pic­coli ma non meno odiosi. Co­me la determinazione diri­genziale che per il 2009 stan­ziò 6mila euro per la fornitura di caffè e bevande durante le sedute della giunta, che quel­l’anno furono 48. Diviso per i 17 componenti del governo regionale, fa 7 euro e spiccioli a testa. Quindi ogni assessore durante la giunta avrebbe po­tuto sorseggiare 14 caffè: e poi dicono che la politica ren­de nervosi. Spulciando tra le fatture pagate dalla Pisana nell’era Marrazzo, spuntano anche pagamenti a un’azien­d­a di Bruxelles che procura li­mousine: 34mila euro sborsa­ti dai cittadini tra il 2006 e il 2009 per consentire a Marraz­zo di essere scarrozzato nei suoi viaggi nella capitale bel­ga. Ma anche muoversi per Roma e per il Lazio non costa meno: 300mila euro dal pri­mo ottobre 2009 a marzo 2010 solo per il carburante per far circolare il parco auto, 100mila euro per vestire gli autisti e 52mila per le tessere Viacard e gli accessi alla Ztl ro­mana. Ma in un bilancio da 26 miliardi come quello ap­provato dalla gestione provvi­soria di Montino a fine 2009 per l’anno in corso (che diven­tano oltre 30 in termini di cas­sa) ci sono soldi per tutti: 400mila euro per concorrere alle attività del primo centro euromediterraneo di cinema­tografia a Ouarzazate, che per la cronaca non è né in pro­vincia di Rieti né di Frosino­ne, bensì in Marocco; 25mila euro per gli «oneri connessi con il funzionamento della cappella interna alla sede re­gionale »; 750mila euro per il solo 2010 per le spese di rap­presentanza del presidente del consiglio regionale; infi­ne, i 4.470.452,25 euro stan­ziati per le comunità monta­ne (ma non dovevano essere abolite?) e i piccoli comuni.
Andrea Cuomo

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EMILIA ROMAGNA
La premessa è doverosa:l’Emilia-Ro­magna è una delle regioni più virtuose d’Italia assieme alla Lombardia e al Vene­to. Criticarla in modo indiscriminato sa­rebbe ingiusto, tanto più sapendo che fi­ne fa il denaro pubblico in Sicilia, in Cala­bria, in Campania. Eppure anche a Bolo­gna, scavando tra le pieghe dei bilanci si scoprono spese anomale, talvolta esorbi­tanti, incarichi ingiustificati, finanzia­menti assurdi; tanti e tali da far apparire perlomeno sproporzionate le grida di do­lore del presidente della Regione Vasco Errani di fronte ai tagli imposti dal gover­no.
Sia chiaro: dover rinunciare a 731 milioni di euro non è facile. Ma è sopportabile, anche perché in passato la regione non è stata sempre irreprensibile. Tra un can­tiere e l’altro ha sprecato una bel gruzzo­letto di milioni. I bolognesi conoscono be­ne la vicenda della «Terza Torre». il tor­mentone cittadino. Trattasi della terza se­de della Regione, la cui costruzione fu ap­provata nell’ottobre del 1993. Costo? Set­te miliardi di vecchie lire. «Siamo arrivati a luglio del 2010 e il palazzo non è ancora pronto», osserva il consigliere del Pdl Al­berto Vecchi. «Devono ultimare i par­cheggi, nel frattempo il conto è più che quadruplicato a 28,5 miliardi di vecchie lire, pari a quasi 15 milioni di euro».
Uno spreco, che ne ha generato uno an­cor più grande. Quello degli affitti. Non essendo utilizzabile la Terza Torre, la Re­gione è stata costretta a rinnovare la per­manenza nelle sedi provvisorie in altre parti della città. Con un costo per pigioni, nel 2009, risultato pari a 50 milioni di eu­ro, 30 in più rispetto all’anno precedente. Il tormentone dei cittadini di Ferrara si chiama Cona, il nuovo ospedale. Nuovo si fa per dire. in costruzione da vent’an­ni e verrà ultimato, forse, nel 2010. Vent’anni, un’eternità per una struttura sanitaria, che rischia di nascere già vec­chia. Al costo di 285 milioni di euro.
Cose che capitano quando c’è di mezzo la Sanità. L’Asl di Forlì è sotto indagine per un buco di 60 milioni di euro, quella di Modena per 15, mentre il Pdl chiede chiarimenti sul Laboratorio unico di Area Vasta Romagna, che sarebbe dovu­to costare 42 milioni di euro e che invece nel richiederebbe 55, ben 13 in più. Sem­pre a carico della regione.
Errani ha annunciato proprio pochi gior­ni fa la riduzione del 10% della propria indennità e di quella dei suoi assessori; inoltre si è impegnato a sforbiciare del 20% le spese per consulenze, missioni, in­carichi. Un bel gesto, che va nella giusta direzione. Ma potrebbe essere più sostan­zioso, se la Regione si decidesse a diserba­re la boscaglia dei finanziamenti talvolta micro e talvolta macro a enti, associazio­ni o per finalità perlomeno discutibili.
L’Emilia-Romagna, ad esempio, spende due milioni di euro per «trasmissione d’informazioni»; devolve 3,1 milioni al­l’Ervet ovvero l’Ente per la valorizzazio­ne economica del territorio; dona quasi 10 milioni all’Agenzia regionale preven­zione e ambiente ( Arpa), pur avendo una direzione generale che già si occupa di tutela del territorio. E sembra avere un debole per l’immobiliare. Affitta, ma compra anche. E tanto, edifici e strutture per 32 milioni di euro, come ha rilevato in un’interrogazione il capogruppo della Lega Mauro Manfredini.
Anche l’assemblea legislativa,di solito at­tenta, si concede qualche stravaganza. Come i 200mila euro per il servizio facchi­naggio e gli 1,3 milioni per alimentare il fondo per migliorare l’efficienza dei servi­zi, che ben si abbinano ai 20mila euro stanziati dalla giunta per finanziare l’ac­quisto di dromedari da latte per le popola­zioni del Sahara, ai 70mila a favore di una Cooperativa agricola a Cuba e ai 300mila euro per educare la popolazione alla pa­c e.
La Regione, che spende 5 milioni all’an­no per rinnovare il parco auto, continua a sostenere la Consulta degli emiliano-ro­magnoli nel mondo e l’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza,non­ché altri fantasiosi enti. Ognuno col suo obolo, naturalmente, con conseguenti fi­nanziamenti. Sommateli agli sprechi nel campo della sanità, agli edifici eterna­mente in costruzione, alle operazioni im­mobiliari, si giunge a un totale di oltre 500 milioni in spese inutili o per lo meno dubbie. Conti ipotetici, si dirà. Vero. Ma indicativi. Sottraeteli a 731 milioni di eu­ro «scippati» dal governo. E il costo della stangata si riduce a poco più di 200 milio­ni. Tanti, ma non abbastanza per affama­re una regione grande ed efficiente come l’Emilia-Romagna. Talmente efficiente che, se volesse, potrebbe tagliare il super­fluo per salvare l’essenziale.
Marcello Foa

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CAMPANIA
Dunque, vediamo un po’. Se Berlusconi, ha provato, citia­mo testualmente «un profondo brivido alla schiena dopo aver messo, in questi giorni, il naso nelle spese delle Regioni» non re­sta altro che richiamare in servi­zio Totò col suo celebre «e io pa­go! » per fare conversazione tra noi sugli sprechi-simbolo di una regione simbolo dello spreco co­me l­a Campania del principe An­tonio De Curtis. E visto che, nel caso specifico è imbarazzante persino decidere da dove cominciare, lasciamo che a cominciare sia una voce autorevole, quella del presiden­te del Consiglio regionale Paolo Romano che qualche giorno fa ha ammesso che sono «troppi, davvero troppi» quegli oltre due milioni che il Consiglio regiona­le spende per l’affitto fitto di tre­dici piani della Torre F8 al Cen­tro direzionale. La macchina go­vernativa campana, d’altra par­te, è un pozzo senza fondo da sempre. Elenchiamo in ordine sparso: 120mila euro per il noleg­gio e l’acquisto di auto; 60mila euro per traslochi e facchinag­gio; 110mila per le spese di car­burante; 30mila euro per la bi­blioteca; 500mila euro per infor­mazioni giornalistiche; 120mila euro per l’acquisto di materiale di cancelleria; 15mila euro per la riparazione di mobili e arredi; 1 milione e 400mila euro per la ge­stione informatica dell’aula; 2 milioni e 300mila per i fitti; 180mila euro per la buvette. Se volete sorridere, amaramente bene inteso, allora potete sfoglia­re altre note di pagamento. Al­l’associazione degli ex consiglie­ri regionali (l’Arec)va un contri­buto di 40mila euro oltre a 10mi­la euro per le convenzioni auto­stradali. Per l’istituzione del Fo­rum della gioventù sono stanzia­ti 50mila euro; altrettanti per la Consulta regionale femminile e la Commissione Pari opportuni­tà. Corre l’obbligodi comunica­re­che se in Lombardia c’è un di­pendente regionale ogni 1.800 abitanti in età lavorativa in Cam­pania sono il quadruplo, ovvero uno ogni 472. Così il costo mag­giore riguarda il personale: tra stipendi e assegni fissi la spesa è di 9 milioni e 400mila euro. Per le consulenze la spesa prevista è di 362mila euro. Per convegni e congressi si prevedono 20mila euro (40mila in meno del 2010). Poi, ci sono varie indennità: 70mila euro al difensore civico; 43mila euro al Garante dell’in­fanzia; 43mila euro al Garante dei detenuti; 368mila euro per il Corecom. Niente male, no?
D’altra parte se la Campania di Bassolino è passata alla storia, ingloriosa, degli sprechi con quel corso di formazione per fu­ture veline che, nel 2001, costò l’orrenda cifra di un milione e 280mila euro, il vizio di sprecare da allora non l’ha mai abbando­nata. Altri esempi illuminanti so­no i 40mila euro sborsati dalla Regione per le nuove divise de­gli autisti della giunta. Peccato però che tutte le taglie sono risul­tate sbagliate. E che dire dei 20 carri gru comprati per consenti­re ai vigili urbani di rimuovere le auto in doppia o tripla fila? Dopo aver speso 2 milioni e mezzo di euro ci si è accorti che i carri era­no troppo larghi per entrare nel deposito. In tema di mobilità prendete nota di quest’altra per­la: l’Anm, Azienda napoletana mobilità ha buttato via 22 milio­ni­di euro acquistando trenta filo­bus e tre avveniristici tram Sirio per scoprire, naturalmente solo e sempre dopo, che la rete elettri­ca locale non li può reggere. I nu­meri non quadrano dunque. Co­me i piagnistei davanti a Berlu­sconi, perché complessivamen­te per far funzionare il Consiglio regionale campano è prevista per il 2010 una spesa di 104 milio­ni e 154mila euro; per gli uffici re­gionali (presidenza, giunta, as­sessorati) la spesa è di oltre 632 milioni. In totale, i costi comples­sivi sfiorano i 740 milioni. I ses­santa consiglieri regionali costa­no oltre 27 milioni l’anno. Il bi­lancio prevede inoltre 20mila eu­ro per le missioni, 120mila euro per convenzioni autostradali (10mila in più rispetto al 2009); 14 milioni per gli assegni vitalizi. Le spese di rappresentanza am­montano a 120mila euro e per il funzionamento dei gruppi con­siliari in bilancio ci sono 4 milio­ni 256mila euro: un milione e 55mila euro per gli uffici; un mi­lione e 890mila per il fondo assi­­stenza attività istituzionali; 50mi­la­euro per il rappresentante del­l’opposizione; un milione e 260mila euro per la comunica­zione. Per i propri dipendenti il Consiglio regionale ha stanziato 37 milioni e 375mila euro men­t­re per i servizi è prevista una spe­sa complessiva di 13 milioni e 368mila euro. Per le utenze tele­foniche fisse 530mila euro e per la telefonia mobile 130mila. Elet­tricità, gas e acqua costano inve­ce 500mila euro l’anno. Il servi­zio di pulizia costa 1 milione 150mila euro, mentre per i servi­zi di portierato e di vigilanza si spendono complessivamente 2 milioni 290mila euro. Amaro e costosissimo il capitolo sanità campana che per il suo deficit fi­nanziario rischia di non pagare gli stipendi ai dipendenti. In compenso l’Asl Napoli 2 Nord di­sp­one la costituzione di una sedi­cente Commissione di Lavoro, che finirà per costare ai contri­buenti circa 200mila euro all’an­no. La denuncia è arrivata in que­sti gi­orni dall’assessore all’Urba­nistica Marcello Taglialatela che ha tuonato: «Non curanti dei bilanci in rosso, in pratica, manager e commissari straordi­nari delle Asl nominati da Basso­li­no per risanare i conti continua­no a caratterizzare anche gli ulti­mi giorni della propria gestione con sprechi, clientele e ineffi­cienze. Clamoroso il caso di un avvocato a libro paga della Asl Napoli 5 che in tre mesi ha otte­nuto 1.610 incarichi di consulen­za ». Peggio della sanità c’è la sa­nità incompiuta: fa ancora più rabbia constatare che in Campa­nia sono 126 gli ospedali appro­vati e finanziati ma rimasti anco­ra da realizzare. Primo fra tutti il Centro oncologico pediatrico di Avellino, cominciato nel 1992, costato fino ad oggi 6 milioni di euro e non ancora completato. Il resto, trattandosi di Napoli e dintorni è lasciato alla libera in­ventiva di un popolo che non mette limiti alla fantasia. Anche negli sprechi.
Gabriele Villa

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SICILIA
I venti anti casta non sono arrivati in Sicilia. O, perlomeno, non ce n’è trac­cia nei bilanci della Regione, tanto che è toccato al procuratore generale della cor­te d’appello della Co­rte dei conti Giovan­ni Coppola fare il punto in termini esplici­ti.
«Siamo di fronte ad una elefantiaca macchina regionale». Il riferimento è al­la spesa per i dipendenti regionali. Tanti e costosissimi. «Se fosse in vigore il fede­ralismo fiscale ciascun cittadino sicilia­no pagherebbe per la macchina regiona­le 294 euro a testa».
Aveva destato scalpore in passato l’alto numero di dirigenti siciliani e la situazio­ne non è molto cambiata. «Per quanto ri­guarda il personale - ha detto Coppola ­con la legge 19 del 2008 sembrava che l’amministrazione si incamminasse su un percorso di riduzione di dirigenti e personale senonché lo scorso anno con l’approvazione della Finanziaria si è com­pensato il basso rapporto che c’era tra di­rigenti e personale, un dirigente ogni 5,6 dipendenti. La Regione ha pensato bene per questo di aumentare i dipendenti in­vece di diminuire i dirigenti, approvan­do una dotazione organica di 15.600 uni­tà di personale non dirigenziale». Qual­che sforzo nella sanità, i cui costi sono di­minuiti dell’1,32 per cento. Un’inversio­ne di tendenza, su una situazione dram­matica. Il costo della sanità siciliana è di un milione di euro all’ora, ha quantifica­to il giudice contabile. Cifra che serve so­prattutto a retribuire il personale sanita­rio isolano, pari a 52.184 dipendenti, e pa­g­are un sistema in convenzione tutto par­ticolare. In Sicilia, ad esempio, c’è una Tac ogni 56mila abitanti, più che in Emi­lia Romagna o in Toscana. Solo che nelle regioni del centro nord i tempi di attesa sono circa 28 giorni e in Sicilia settanta.
AnS