Salvatore Tramontano , Andrea Cuomo, Marcello Foa, Gabriele Villa, AnS, il Giornale 1/7/2010, pagina 2-3, 1 luglio 2010
GLI SPRECHI DELLE REGIONI (5
articoli) -
Ogni giorno una lacrima. Il piagnisteo delle Regioni sta facendo da colonna sonora a questa estate di tagli e manovre: si ha l’impressione che i governatori fatichino a capire che la stagione delle vacche grasse sia ormai tramontata per sempre. L’Italia non può più permettersela. E se chi comanda in Lombardia o in Emilia, in Veneto o Liguria, vuole davvero approdare al federalismo deve far quadrare i conti. Vale al Nord e, ancora di più, nel Mezzogiorno: ora anche le Regioni devono fare la loro parte.
La risposta dei governatori, mai così compatti, è un grido disperato: «Così ci rovinate». Le Regioni virtuose, con i conti in regola come la Lombardia, dicono che non tocca a loro pagare per errori altrui, quelle messe malecome la Calabria invocano le malefatte economiche dei loro predecessori e si lamentano sui debiti da pagare. Tutti, buoni o cattivi, non vogliono rinunciare a nulla. Ma questo, signori governatori, è un atteggiamento miope. La questione si può ribaltare: magari la necessità di risparmiare è un ”occasione storica per eliminare tanti sprechi. Non la sanità o il welfare, ma i vizi, le clientele, i favori ai professionisti dei sussidi e dei finanziamenti pubblici, i posti di lavoro creati ad hoc e la costellazione delle consulenze. Tutto questo è davvero indispensabile?
Questo giornale è andato a spulciare nei bilanci di tre Regioni: Lazio, Campania e la virtuosa Emilia-Romagna. Il risultato è: tanti sprechi per tutti. Ce ne sono grandi e piccoli. Ci sono sviste ed esempi di cattiva amministrazione. Marrazzo, solo per fare un esempio, trascurò di sfruttare uno sconto del 50% sull’acquisto di alcuni medicinali: bruciando 243 milioni di euro in 4 anni.Nell’ultimo bilancio del Lazio ci sono piccoli sperperi simbolici: contributi per misteriosi enti cinematografici marocchini ma soprattutto i 7 euro di caffè ad assessore durante ogni seduta della giunta. Chi vive a Bologna conosce bene la storia della «Terza Torre». Sembra una leggenda metropolitana. Invece è vera. Parliamo della terza sede della Regione: approvata la costruzione nel 1993, dall’iniziale costo di 7 miliardi delle vecchie lire si è arrivati nel 2010 a quasi 15 milioni di euro. E il palazzo non è ancora pronto. Manca il posto auto. E cosa dire dei 20mila euro stanziati per finanziare l’acquisto di dromedari da latte per le popolazioni del Sahara o dei 300mila euro per educare la popolazione alla pace?
Un occhio di riguardo merita la Campania, sempre capace di strappare un sorriso a caro prezzo. Basta ricordare i 40mila euro pagati dalla Regione per le nuove divise degli autisti della giunta. Peccato però che tutte le taglie siano risultate sbagliate. Poca cosa in confronto ai 20 carri gru acquistati per consentire ai vigili urbani di rimuovere le auto in doppia o tripla fila: ci sono voluti 2 milioni e mezzo di euro per accorgersi che i carri erano troppo larghi per entrare nel deposito.
Meno male che c’è la Sicilia. Da ieri mattina la Corte dei conti sta «processando» la Regione autonoma, Regione speciale. L’accusa sta rivelando numeri che fanno impallidire gli sfarzi di Versailles. Nel 2009 la Sicilia ha speso 13 milioni in consulenze. un esercito di esperti che campa a spese del contribuente. La sanità costa un milione l’ora e qualche dubbio sull’eccellenza degli ospedali siciliani resta. I burocrati costano a ogni cittadino 214 euro l’anno e spesso vengono assunti, dice la Corte dei conti, senza concorso e per soli meriti clientelari.
Tutto questo è soltanto normale amministrazione.
Salvatore Tramontano
***
LAZIO
Quando si parla dei conti della Regione Lazio è il caso di dotarsi di una calcolatrice ben funzionante e con pile possibilmente nuove. Perché le cifre sono enormi - e meno male che c’è l’euro, che toglie di mezzo qualche zero. La prima è l’ultima: gli 866,4 milioni di euro di minori trasferimenti dallo Stato per il 2011 e il 2012 che fanno del Lazio la terza Regione più colpita dai tagli di Tremonti dopo Lombardia e Piemonte, certamente con conti più in ordine. Anni di amministrazioni lassiste, per lo più di centrosinistra, hanno scavato crepe profonde nei pilastri contabili della Pisana, che ora si trova in pole position nella lista nera delle Regioni meno virtuose. Da quando si è insediata, la presidente del Pdl Renata Polverini sta lavorando per porre rimedio a un deficit miliardario originato soprattutto dalla spesa sanitaria: con 1,3 miliardi di disavanzo sanitario Roma e il suo circondario «fatturano» ben più di un terzo dell’intero «rosso» nazionale, che si attesta a 3,4 miliardi. E le cifre diventano di mese in mese più drammatiche: il ministero dell’Economia ha appena stimato che il debito sanitario dell’anno corrente sarebbe già arrivato a 1,5 miliardi di euro. E il piano di rientro è un calvario senza fine: malgrado il cambio di colore dell’amministrazione regionale abbia reso più conciliante il governo nella trattativa per tornare sulla retta via, pure le misure saranno drastiche. Per dire, il Lazio, come le altre regioni finite dietro la lavagna, non ha accesso ai fondi per le aree sottoutilizzate (Fas): circa 450 milioni svaniti per rimediare i quali la Polverini si troverà costretta a ritoccare al rialzo addizionali regionali già quasi ai massimi: l’Irpef è all’1,4 per cento, l’Irap (che varia da settore a settore) in media al 5,25 per cento, ma la finanziaria 2010 per le Regioni «canaglie» impone lo stesso un aumento automatico rispettivamente dello 0,15 e dello 0,30. «Ricordo che anticipiamo 1,4 miliardi che dovremmo avere dal ministero dell’Economia. Poi dovremmo avere 800 milioni dal Fondo di garanzia, più altri 50 al mese in attesa della delibera Cipe», elenca Polverini sconsolata, costretta come una massaia a risparmiare qua e là.
Le occasioni non mancano: dovunque Polverini mette mano ecco sprechi e irrazionalità. Restando alla sanità, qualche settimana fa Polverini ha individuato 204 milioni di risparmi strutturali nella gestione dei servizi grazie a operazioni di contenimento della spesa: la governatrice sta per dare un taglio a contratti di consulenza a professionisti esterni alle amministrazioni sanitarie (10 milioni), ai fondi contrattuali del personale sanitario (50 milioni), ad appalti vari (92,7 milioni), alla spesa per esami di laboratorio, diagnostica e assistenza ambulatoriale in convenzione con strutture sanitarie private ( 79 milioni). Poi arriveranno la razionalizzazione della rete ospedaliera, con la chiusura di piccoli ospedali, e l’istituzione di uno strumento di controllo della spesa sanitaria e di quella farmaceutica.
Insomma, gli anni delle cinghie tirate dopo quelli della pazza gioia. I guai dei conti laziali arrivano da lontano, ma la gestione Marrazzo-Montino è stata decisiva per affossarli ulteriormente. Qualche mese fa, per dire, la Guardia di finanza ha trasmesso alla procura della Corte dei conti una relazione nella quale calcola un danno erariale di 243 milioni maturato dal 2004 al 2008 per non aver applicato la legge 405 del 2001 che prevede che le strutture sanitarie possano acquistare taluni tipi di farmaci con il 50 per cento di sconto. Opportunità che la regione Lazio avrebbe trascurato di sfruttare, preferendo utilizzare la più onerosa spesa«a rimborso»che prevede l’esborso del prezzo intero salvo un piccolo sconto obbligatorio. E la durata delle degenze ospedaliere - che secondo gli esperti è il vero parametro per verificare l’efficienza delle strutture sanitarie - è circa il 40 per cento superiore rispetto a quello delle Regioni virtuose: ciò si è calcolato costerebbe ai laziali circa 70 milioni all’anno.
Grandi sperperi. E più piccoli ma non meno odiosi. Come la determinazione dirigenziale che per il 2009 stanziò 6mila euro per la fornitura di caffè e bevande durante le sedute della giunta, che quell’anno furono 48. Diviso per i 17 componenti del governo regionale, fa 7 euro e spiccioli a testa. Quindi ogni assessore durante la giunta avrebbe potuto sorseggiare 14 caffè: e poi dicono che la politica rende nervosi. Spulciando tra le fatture pagate dalla Pisana nell’era Marrazzo, spuntano anche pagamenti a un’azienda di Bruxelles che procura limousine: 34mila euro sborsati dai cittadini tra il 2006 e il 2009 per consentire a Marrazzo di essere scarrozzato nei suoi viaggi nella capitale belga. Ma anche muoversi per Roma e per il Lazio non costa meno: 300mila euro dal primo ottobre 2009 a marzo 2010 solo per il carburante per far circolare il parco auto, 100mila euro per vestire gli autisti e 52mila per le tessere Viacard e gli accessi alla Ztl romana. Ma in un bilancio da 26 miliardi come quello approvato dalla gestione provvisoria di Montino a fine 2009 per l’anno in corso (che diventano oltre 30 in termini di cassa) ci sono soldi per tutti: 400mila euro per concorrere alle attività del primo centro euromediterraneo di cinematografia a Ouarzazate, che per la cronaca non è né in provincia di Rieti né di Frosinone, bensì in Marocco; 25mila euro per gli «oneri connessi con il funzionamento della cappella interna alla sede regionale »; 750mila euro per il solo 2010 per le spese di rappresentanza del presidente del consiglio regionale; infine, i 4.470.452,25 euro stanziati per le comunità montane (ma non dovevano essere abolite?) e i piccoli comuni.
Andrea Cuomo
***
EMILIA ROMAGNA
La premessa è doverosa:l’Emilia-Romagna è una delle regioni più virtuose d’Italia assieme alla Lombardia e al Veneto. Criticarla in modo indiscriminato sarebbe ingiusto, tanto più sapendo che fine fa il denaro pubblico in Sicilia, in Calabria, in Campania. Eppure anche a Bologna, scavando tra le pieghe dei bilanci si scoprono spese anomale, talvolta esorbitanti, incarichi ingiustificati, finanziamenti assurdi; tanti e tali da far apparire perlomeno sproporzionate le grida di dolore del presidente della Regione Vasco Errani di fronte ai tagli imposti dal governo.
Sia chiaro: dover rinunciare a 731 milioni di euro non è facile. Ma è sopportabile, anche perché in passato la regione non è stata sempre irreprensibile. Tra un cantiere e l’altro ha sprecato una bel gruzzoletto di milioni. I bolognesi conoscono bene la vicenda della «Terza Torre». il tormentone cittadino. Trattasi della terza sede della Regione, la cui costruzione fu approvata nell’ottobre del 1993. Costo? Sette miliardi di vecchie lire. «Siamo arrivati a luglio del 2010 e il palazzo non è ancora pronto», osserva il consigliere del Pdl Alberto Vecchi. «Devono ultimare i parcheggi, nel frattempo il conto è più che quadruplicato a 28,5 miliardi di vecchie lire, pari a quasi 15 milioni di euro».
Uno spreco, che ne ha generato uno ancor più grande. Quello degli affitti. Non essendo utilizzabile la Terza Torre, la Regione è stata costretta a rinnovare la permanenza nelle sedi provvisorie in altre parti della città. Con un costo per pigioni, nel 2009, risultato pari a 50 milioni di euro, 30 in più rispetto all’anno precedente. Il tormentone dei cittadini di Ferrara si chiama Cona, il nuovo ospedale. Nuovo si fa per dire. in costruzione da vent’anni e verrà ultimato, forse, nel 2010. Vent’anni, un’eternità per una struttura sanitaria, che rischia di nascere già vecchia. Al costo di 285 milioni di euro.
Cose che capitano quando c’è di mezzo la Sanità. L’Asl di Forlì è sotto indagine per un buco di 60 milioni di euro, quella di Modena per 15, mentre il Pdl chiede chiarimenti sul Laboratorio unico di Area Vasta Romagna, che sarebbe dovuto costare 42 milioni di euro e che invece nel richiederebbe 55, ben 13 in più. Sempre a carico della regione.
Errani ha annunciato proprio pochi giorni fa la riduzione del 10% della propria indennità e di quella dei suoi assessori; inoltre si è impegnato a sforbiciare del 20% le spese per consulenze, missioni, incarichi. Un bel gesto, che va nella giusta direzione. Ma potrebbe essere più sostanzioso, se la Regione si decidesse a diserbare la boscaglia dei finanziamenti talvolta micro e talvolta macro a enti, associazioni o per finalità perlomeno discutibili.
L’Emilia-Romagna, ad esempio, spende due milioni di euro per «trasmissione d’informazioni»; devolve 3,1 milioni all’Ervet ovvero l’Ente per la valorizzazione economica del territorio; dona quasi 10 milioni all’Agenzia regionale prevenzione e ambiente ( Arpa), pur avendo una direzione generale che già si occupa di tutela del territorio. E sembra avere un debole per l’immobiliare. Affitta, ma compra anche. E tanto, edifici e strutture per 32 milioni di euro, come ha rilevato in un’interrogazione il capogruppo della Lega Mauro Manfredini.
Anche l’assemblea legislativa,di solito attenta, si concede qualche stravaganza. Come i 200mila euro per il servizio facchinaggio e gli 1,3 milioni per alimentare il fondo per migliorare l’efficienza dei servizi, che ben si abbinano ai 20mila euro stanziati dalla giunta per finanziare l’acquisto di dromedari da latte per le popolazioni del Sahara, ai 70mila a favore di una Cooperativa agricola a Cuba e ai 300mila euro per educare la popolazione alla pac e.
La Regione, che spende 5 milioni all’anno per rinnovare il parco auto, continua a sostenere la Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e l’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza,nonché altri fantasiosi enti. Ognuno col suo obolo, naturalmente, con conseguenti finanziamenti. Sommateli agli sprechi nel campo della sanità, agli edifici eternamente in costruzione, alle operazioni immobiliari, si giunge a un totale di oltre 500 milioni in spese inutili o per lo meno dubbie. Conti ipotetici, si dirà. Vero. Ma indicativi. Sottraeteli a 731 milioni di euro «scippati» dal governo. E il costo della stangata si riduce a poco più di 200 milioni. Tanti, ma non abbastanza per affamare una regione grande ed efficiente come l’Emilia-Romagna. Talmente efficiente che, se volesse, potrebbe tagliare il superfluo per salvare l’essenziale.
Marcello Foa
***
CAMPANIA
Dunque, vediamo un po’. Se Berlusconi, ha provato, citiamo testualmente «un profondo brivido alla schiena dopo aver messo, in questi giorni, il naso nelle spese delle Regioni» non resta altro che richiamare in servizio Totò col suo celebre «e io pago! » per fare conversazione tra noi sugli sprechi-simbolo di una regione simbolo dello spreco come la Campania del principe Antonio De Curtis. E visto che, nel caso specifico è imbarazzante persino decidere da dove cominciare, lasciamo che a cominciare sia una voce autorevole, quella del presidente del Consiglio regionale Paolo Romano che qualche giorno fa ha ammesso che sono «troppi, davvero troppi» quegli oltre due milioni che il Consiglio regionale spende per l’affitto fitto di tredici piani della Torre F8 al Centro direzionale. La macchina governativa campana, d’altra parte, è un pozzo senza fondo da sempre. Elenchiamo in ordine sparso: 120mila euro per il noleggio e l’acquisto di auto; 60mila euro per traslochi e facchinaggio; 110mila per le spese di carburante; 30mila euro per la biblioteca; 500mila euro per informazioni giornalistiche; 120mila euro per l’acquisto di materiale di cancelleria; 15mila euro per la riparazione di mobili e arredi; 1 milione e 400mila euro per la gestione informatica dell’aula; 2 milioni e 300mila per i fitti; 180mila euro per la buvette. Se volete sorridere, amaramente bene inteso, allora potete sfogliare altre note di pagamento. All’associazione degli ex consiglieri regionali (l’Arec)va un contributo di 40mila euro oltre a 10mila euro per le convenzioni autostradali. Per l’istituzione del Forum della gioventù sono stanziati 50mila euro; altrettanti per la Consulta regionale femminile e la Commissione Pari opportunità. Corre l’obbligodi comunicareche se in Lombardia c’è un dipendente regionale ogni 1.800 abitanti in età lavorativa in Campania sono il quadruplo, ovvero uno ogni 472. Così il costo maggiore riguarda il personale: tra stipendi e assegni fissi la spesa è di 9 milioni e 400mila euro. Per le consulenze la spesa prevista è di 362mila euro. Per convegni e congressi si prevedono 20mila euro (40mila in meno del 2010). Poi, ci sono varie indennità: 70mila euro al difensore civico; 43mila euro al Garante dell’infanzia; 43mila euro al Garante dei detenuti; 368mila euro per il Corecom. Niente male, no?
D’altra parte se la Campania di Bassolino è passata alla storia, ingloriosa, degli sprechi con quel corso di formazione per future veline che, nel 2001, costò l’orrenda cifra di un milione e 280mila euro, il vizio di sprecare da allora non l’ha mai abbandonata. Altri esempi illuminanti sono i 40mila euro sborsati dalla Regione per le nuove divise degli autisti della giunta. Peccato però che tutte le taglie sono risultate sbagliate. E che dire dei 20 carri gru comprati per consentire ai vigili urbani di rimuovere le auto in doppia o tripla fila? Dopo aver speso 2 milioni e mezzo di euro ci si è accorti che i carri erano troppo larghi per entrare nel deposito. In tema di mobilità prendete nota di quest’altra perla: l’Anm, Azienda napoletana mobilità ha buttato via 22 milionidi euro acquistando trenta filobus e tre avveniristici tram Sirio per scoprire, naturalmente solo e sempre dopo, che la rete elettrica locale non li può reggere. I numeri non quadrano dunque. Come i piagnistei davanti a Berlusconi, perché complessivamente per far funzionare il Consiglio regionale campano è prevista per il 2010 una spesa di 104 milioni e 154mila euro; per gli uffici regionali (presidenza, giunta, assessorati) la spesa è di oltre 632 milioni. In totale, i costi complessivi sfiorano i 740 milioni. I sessanta consiglieri regionali costano oltre 27 milioni l’anno. Il bilancio prevede inoltre 20mila euro per le missioni, 120mila euro per convenzioni autostradali (10mila in più rispetto al 2009); 14 milioni per gli assegni vitalizi. Le spese di rappresentanza ammontano a 120mila euro e per il funzionamento dei gruppi consiliari in bilancio ci sono 4 milioni 256mila euro: un milione e 55mila euro per gli uffici; un milione e 890mila per il fondo assistenza attività istituzionali; 50milaeuro per il rappresentante dell’opposizione; un milione e 260mila euro per la comunicazione. Per i propri dipendenti il Consiglio regionale ha stanziato 37 milioni e 375mila euro mentre per i servizi è prevista una spesa complessiva di 13 milioni e 368mila euro. Per le utenze telefoniche fisse 530mila euro e per la telefonia mobile 130mila. Elettricità, gas e acqua costano invece 500mila euro l’anno. Il servizio di pulizia costa 1 milione 150mila euro, mentre per i servizi di portierato e di vigilanza si spendono complessivamente 2 milioni 290mila euro. Amaro e costosissimo il capitolo sanità campana che per il suo deficit finanziario rischia di non pagare gli stipendi ai dipendenti. In compenso l’Asl Napoli 2 Nord dispone la costituzione di una sedicente Commissione di Lavoro, che finirà per costare ai contribuenti circa 200mila euro all’anno. La denuncia è arrivata in questi giorni dall’assessore all’Urbanistica Marcello Taglialatela che ha tuonato: «Non curanti dei bilanci in rosso, in pratica, manager e commissari straordinari delle Asl nominati da Bassolino per risanare i conti continuano a caratterizzare anche gli ultimi giorni della propria gestione con sprechi, clientele e inefficienze. Clamoroso il caso di un avvocato a libro paga della Asl Napoli 5 che in tre mesi ha ottenuto 1.610 incarichi di consulenza ». Peggio della sanità c’è la sanità incompiuta: fa ancora più rabbia constatare che in Campania sono 126 gli ospedali approvati e finanziati ma rimasti ancora da realizzare. Primo fra tutti il Centro oncologico pediatrico di Avellino, cominciato nel 1992, costato fino ad oggi 6 milioni di euro e non ancora completato. Il resto, trattandosi di Napoli e dintorni è lasciato alla libera inventiva di un popolo che non mette limiti alla fantasia. Anche negli sprechi.
Gabriele Villa
***
SICILIA
I venti anti casta non sono arrivati in Sicilia. O, perlomeno, non ce n’è traccia nei bilanci della Regione, tanto che è toccato al procuratore generale della corte d’appello della Corte dei conti Giovanni Coppola fare il punto in termini espliciti.
«Siamo di fronte ad una elefantiaca macchina regionale». Il riferimento è alla spesa per i dipendenti regionali. Tanti e costosissimi. «Se fosse in vigore il federalismo fiscale ciascun cittadino siciliano pagherebbe per la macchina regionale 294 euro a testa».
Aveva destato scalpore in passato l’alto numero di dirigenti siciliani e la situazione non è molto cambiata. «Per quanto riguarda il personale - ha detto Coppola con la legge 19 del 2008 sembrava che l’amministrazione si incamminasse su un percorso di riduzione di dirigenti e personale senonché lo scorso anno con l’approvazione della Finanziaria si è compensato il basso rapporto che c’era tra dirigenti e personale, un dirigente ogni 5,6 dipendenti. La Regione ha pensato bene per questo di aumentare i dipendenti invece di diminuire i dirigenti, approvando una dotazione organica di 15.600 unità di personale non dirigenziale». Qualche sforzo nella sanità, i cui costi sono diminuiti dell’1,32 per cento. Un’inversione di tendenza, su una situazione drammatica. Il costo della sanità siciliana è di un milione di euro all’ora, ha quantificato il giudice contabile. Cifra che serve soprattutto a retribuire il personale sanitario isolano, pari a 52.184 dipendenti, e pagare un sistema in convenzione tutto particolare. In Sicilia, ad esempio, c’è una Tac ogni 56mila abitanti, più che in Emilia Romagna o in Toscana. Solo che nelle regioni del centro nord i tempi di attesa sono circa 28 giorni e in Sicilia settanta.
AnS