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 2010  giugno 30 Mercoledì calendario

SPERANZA BERISHA PER L’ALBANIA L’OCCIDENTE PI VICINO

Già un’ora dopo la chiusura dei seggi elettorali, è cominciato il carosello dei tifosi. Non di calcio, ma di politica. I blu (centrodestra di Sali Berisha che qui si chiama Partito democratico) e i rossi (centrosinistra e cioè il Partito socialista di Edi Rama) per ogni evenienza hanno cominciato a uscire strombazzando su motorini e Mercedes (qui è l’auto più diffusa) con le bandiere dei rispettivi colori. Ma alle dieci della sera i fuochi d’artificio erano tutti blu: gli exit poll danno vincente il premier uscente Sali Berisha. Avrebbe conquistato 69 seggi su 140 (gli albanesi sono 3.700.000), invece Edi Rama solo 55. Gli exit poll vanno presi con le pinze: sono poco affidabili persino in America. Tanto che le prime proiezioni parlano già di un testa a testa. Dovessero vincere i democratici, anche di poco, basterà convincere qualcuno dei partiti minori, ad esempio il Movimento socialista per l’integrazione, e Berisha non avrà problemi.
L’incertezza è dovuta al fatto che esiste una legge proporzionale di tipo spagnolo. Ciascun distretto distribuisce proporzionalmente i seggi. Ma il distretto di Tirana è fatto di un milione di persone mentre gli altri 11 possono dare anche solo quattro deputati. Per cui alla fine il rebus si scioglierà all’ultimo momento. E i piccoli partiti potranno ottenere qualche deputato forse solo a Tirana.
I risultati finali ci saranno solo oggi, perché non si scrutinava nei seggi, ma in un luogo centrale, con le telecamere onde evitare brogli. Era curioso osservare questi cortei che a tutta birra, verso sera, partivano dai seggi, con la polizia armata di mitra, per custodire una scatola sigillata, con dentro il tesoro prezioso che è la volontà dei cittadini.
L’Albania sembra di un altro pianeta rispetto a dieci anni fa. Tirana ma anche i dintorni sono pieni di palazzi moderni e di villette a schiera, importate qui dai
muratori che hanno imparato in Italia. C’è povertà, ma in compenso pochi chiedono l’elemosina, e ai semafori non c’è nessuno che lavi i vetri, anche perché qui ai semafori non si sa mai se si fermano.
Gli osservatori mandati dall’Osce, dal Consiglio d’Europa e dalla Nato (tra cui alcuni parlamentari italiani) hanno constatato la regolarità del voto. Chi scrive ha girato su e giù per la montagna e la pianura in squadra con un deputato socialista portoghese un distretto a Nord-Est di Tirana, Kruje, zona storica, di olivi e di artigianato. Nelle scuole e nei bar dov’erano collocate le sezioni, gli otto scrutinatori si alzavano in piedi come scolaretti con il direttore: erano contenti, desideravano proprio essere esaminati dall’Europa, sicuri di passare con un buon voto; amano l’Occidente, come solo chi ha avuto sul collo il tacco dei comunisti può capire.
Quasi dappertutto anche se vietato dalla legge si pratica il voto
famigliare. Cioè il marito o il figlio vota anche per la donna di casa anziana, con il viso grinzoso, il velo bianco in testa e la gonna nera lunga fino agli zoccoli. Le loro nipoti invece mettono jeans aderenti, si pitturano, magari arrivano dall’Italia per votare. Però qui nessuna di esse è nelle commissioni elettorali. Su undici sezioni controllate nella zona di Kruje, 88 tra presidenti di seggio e scrutatori, solo due erano donne
Tra gli asini e le Bmw con la musica rock, camminano svelte le pie donne cattoliche, devote di Madre Teresa di Calcutta, altre sono ortodosse. Orribili grattacieli semi costruiti in montagna gareggiano con le cime, ed è un peccato, perché ci sono paesaggi che
sembrano a metà tra le Alpi e l’Aspromonte.
I musulmani sono la maggioranza (Berisha è islamico), ma lo sono appena di nome: bevono tutti birra, grappa e mangiano maiale. La religione nazionale è l’albanesità, l’orgoglio di parlare una lingua difficilissima, di avere radici antiche. L’Italia qui è ancora il mito vicino e ambito. Alla periferia di Tirana sorge Casa Italia dove i marchi italiani, dalla moda all’elettronica alla gastronomia, espongono in un palazzo degno di Parigi le loro merci. A Kruje il più grande studio di analisi mediche e di odontoiatria (leggi dentista) è segnalato da un grande cartello: Brianza. Pare che la medicina di quelle parti, che sono poi
quelle di Berlusconi, sia considerata miracolosa.
Qua e là per le strade di campagna giacciono i resti dei bunker. Il tiranno comunista pazzo, Enver Hoxha ne fece costruire 50mila. Emergono come igloo di cemento, e sono nidi di galline. Nelle scuole, dove stanno i seggi elettorali, le rondini hanno nidificato, e svolazzano come una promessa tra le cabine elettorali.
Questa democrazia giovane, dotata al Sud anche di petrolio, con molte macerie umane lasciate da cinquant’anni di educazione all’irresponsabilità e all’ateismo comunista, cerca di affacciarsi sull’Europa. I più bravi tra gli emigrati tornano con un mestiere imparato e i primi capitali. C’è mafia, ma anche voglia di costruire qualcosa. Se gli exit poll saranno confermati (e nell’aria la vittoria di Berisha c’era tutta) questo Paese potrebbe attirare presto emigrati da Stati vicini. La storia cammina. Qualche volta cade, ma si rialza.