Roberto Capezzuoli, Il Sole-24 Ore 30/6/2010;, 30 giugno 2010
MATERIE PRIME
SUL PETROLIO LE INCERTEZZE DELL’ECONOMIA - La prima tempesta tropicale ha investito il Golfo del Messico, pronta a trasformarsi in un minaccioso uragano, con venti che oggi potrebbero superare le 100 miglia orarie. Però i mercati petroliferi hanno reagito con un’apparente indifferenza. Il future sul West Texas per consegna in agosto ha chiuso la sessione al Nymex con un ribasso del 3%, a 75,94 dollari al barile, mentre il Brent all’Ice si è mosso in sintonia, perdendo più di 2 dollari.
A influire sulle borse merci sono state soprattutto le negative indicazioni macroeconomiche provenienti dalla Cina e il calo inaspettatamente forte, in giugno, della fiducia dei consumatori americani. La situazione ha accentuato l’avversione al rischio e ha sommato il suo effetto a quello determinato dal recupero del dollaro rispetto all’euro e alle altre valute.
La formazione di Alex (la sequenza degli uragani segue l’alfabeto)non ha frenato il cedimento delle quotazioni: da una parte il suo arrivo era già scontato dalle sessioni precedenti, dall’altra, il suo percorso sembra destinato a risparmiare le installazioni petrolifere più importanti. La tempesta si sta muovendo lentamente dallo Yucatan, su una rotta Nord-NordOvest che la dovrebbe portare entro domani mattina sulla terraferma, intorno al confine tra Messico e Stati Uniti. Il cammino è lontano da Macondo, anche se la previsione di onde alte quasi 4 metri ha fatto rallentare le operazioni con cui la Bp cerca di recuperare il greggio in uscita dal giacimento sottomarino.
Le major petrolifere sono comunque all’erta,ma i mercati hanno derubricato il rischio. Una mossa temporanea, perchéle previsioni meteorologiche fanno pensare che il periodo dei cicloni, che si protrarrà fino a tutto novembre, possa dimostrarsi quest’anno tra i più turbolenti.
Poco hanno influito le stime su produzione e consumi. L’offerta Opec di giugno sta calando rispetto a maggio, quando aveva toccato il massimo dal dicembre 2008, ma resta molto superiore al tetto teorico. Invece la domanda negli Usa, secondo le stime del Dipartimento dell’Energia, in aprile ha superato del 2,4% quella di un anno prima.