Luca Benecchi, Il Sole 24 Ore 30/6/2010;, 30 giugno 2010
LA MACCHIA DELLA BP SUL PETROLIO DELLA SICILIA
Se guidando sull’autostrada che da Palermo porta a Mazara del Vallo si lascia sulla destra Salemi e si tira dritto qualche chilometro, l’uscita successiva è quella di Castelvetrano. Terra dolce e amara. Da qui dava ordini Giuseppe Garibaldi poco dopo lo sbarco a Marsala con i Mille. E qui è di casa l’imprendibile Matteo Messina Denaro. L’ultimo dei grandi boss mafiosi in libertà.
Ma prima dello svincolo, dall’alto, il mare del Canale di Sicilia si intravvede solo dietro centinaia di grandi girandole bianche. Altissime e enormi. Molte sono ferme, per la verità. Il ferro di questa imperiosa centrale eolica domina tutto. Una scena che si ripete poco più avanti nelle montagne sopra Sciacca o dall’altra parte della costa, sulle colline di Partinico. L’auto si ferma. Ma le pale sono buone o cattive? Vien da chiedersi. Buone, vien da rispondere.
Altri interrogativi poco lontano, nell’angolo estremo dell’isola. Basta prendere il traghetto per arrivare alle Egadi, al largo di Trapani, dove c’è ancora gente che vive pescando i tonni rossi. Favignana e Marettimo sono le più conosciute. Qui, secondo le stime, nella profondità del mare ci sarebbero ricchissimi giacimenti di petrolio. Gli esperti dicono che potrebbero dare fino a 150mila barili al giorno. Per dare un’idea, più di quanto ne produce tutta l’Italia messa insieme. La voce gira incontrollata: qualche mese fa sarebbe stato dato il via libera alle prime esplorazioni.
Ma in realtà è più che una voce. Il governo avrebbe rilasciato una trentina di autorizzazioni. Solo che nell’estate del disastro della Louisiana, quando si parla di trivelle, la mente corre subito ai pellicani agonizzanti. A una falla che nessuna tecnologia ha potuto e saputo contrastare...
A dirlo è Maria Guccione che delle Egadi è una bandiera. Un vero e appassionato difensore. Tanto che già una ventina di anni fa è stata leader di una protesta vittoriosa contro le compagnie petrolifere. Lei fa l’assessore al Turismo. E come darle torto? Impossibile.
Proprio ora che villaggi e alberghi si riaprono e l’economia torna a girare. Perché di pesca alle Egadi non si può certo vivere. Poi c’è il progetto, dopo anni di battaglie, di dar vita a uno dei più grandi parchi marini del Mediterraneo.
Alle Egadi come altrove il petrolio è nero e sporco. Le pale eoliche di Castelvetrano in confronto sono uno scherzo. Ed è più difficile fare spallucce. Tanti comuni della costa, giù fino a Sciacca, si danno da fare per contrastare quella che per ora sembra soltanto un’eventualità. Anche il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha fatto sapere di essere contraria.
Certo, con l’ombrellone sotto il braccio trovarsi a pensare ai pellicani del golfo del Messico fa male. E chi lo dice che dopo le spiagge della Florida non sarà la volta dei tonni e dei delfini di Favignana? Quasi impossibile non farsi coinvolgere emotivamente. Anche se poi dalla spiaggia bianca di Mondello nessuno più s’indigna per la devastazione abusiva del Pizzo Sella. E in pochi ormai si arrabbiano quando si legge della discarica palermitana di Bellolampo che sta mettendo a rischio le falde acquifere di Palermo. Le trivelle, diciamolo pure, in questo periodo non godono di ottima salute. E non potrebbe essere altrimenti.
Le ragioni della mobilitazione contro il petrolio sono rispettabili, ma sembra di girare ancora una volta a vuoto. Come quando capiamo (magari a fatica) che le centrali nucleari servono, ma guai a piazzarle sotto casa nostra. Magari ci sorprendiamo ad applaudire quando le regioni si mostrano pronte alle barricate. O l’eterna vicenda dell’alta velocità ferroviaria in Val di Susa, dove sotto accusa ormai non è più tanto l’opera in sé, ma vince lo stesso la sfiducia delle popolazioni.
Verrà fatto tutto come si deve? Ci si chiede. Non ci saranno ruberie o discariche di amianto a cielo aperto? E allora sulle Egadi possiamo stare giustamente con Maria Guccione. Ma quanta strada potrà ancora percorrere un paese che non è capace di risolvere l’apparentemente ingovernabile conflitto tra sviluppo e ambiente? Non molta. Questa è l’unica certezza.