Martin Wolf, Il Sole-24 Ore 30/6/2010;, 30 giugno 2010
CON IL GIOCO DEL PACCHETTO SI FARANNO TUTTI MALE
Il vertice del G-20 in Canada, nel week end, è stato un passo avanti sulla strada della cooperazione o un passo indietro sulla strada del disaccordo? Tutte e due le cose, apparentemente. L’appello finale in favore di «programmi di risanamento dei bilanci pubblici che favoriscano la crescita» accontenta tutti. Ma dà per scontato qualcosa che è tutto da dimostrare, e cioè che un risanamento accelerato dei conti pubblici in questo momento possa sostenere la crescita, invece di danneggiarla.
Ma invece di analizzare nei dettagli i risultati del vertice voglio porre una domanda più generale: a che punto siamo? Mi viene in mente un gioco da bambini, quello in cui un pacchetto viene passato di mano in mano fino a quando la musica si interrompe. A quel punto il giocatore che ha in mano il pacchetto toglie un pezzo dell’involucro e il gioco riparte. Chi rimuove l’ultimo pezzo di carta vince il premio contenuto nel pacchetto.
La nostra versione di questo gioco è molto più raffinata: sono in corso diverse partite contemporaneamente e ci sono tanti pacchetti, che in alcuni casi contengono premi e in altri penitenze. Si giocherebbe meglio se ci fosse collaborazione, come ha osservato il Fondo monetario internazionale nel documento sul «processo di valutazione reciproca del G-20» preparato per il vertice. Ma collaborare è molto difficile. A dispetto di tutte le belle parole, sono molto più probabili esiti non cooperativi.
Ci sono quattro di queste partite. La prima viene giocata all’interno del settore finanziario: lo scopo di ogni giocatore è fare in modo che i prestiti in sofferenza finiscano da qualche altra parte e incassare una commissione per ogni pezzo dell’involucro rimosso nel corso della partita. La seconda partita si gioca fra la finanza e il resto del settore privato, e lo scopo è vendere a quest’ultimo il maggior numero di servizi possibile, facendo in modo che le perdite ricadano sui clienti. La terza partita viene giocata fra il settore finanziario e lo Stato: lo scopo è fare in modo che se tutti gli altri tentativi falliscono sia lo Stato a farsi carico di queste perdite. Poi, quando lo Stato arriva in soccorso, la finanza può vincere giocando allo scoperto contro quegli Stati che lei stessa ha mandato in bancarotta.
La quarta partita si gioca fra gli stati, per fare in modo che altri paesisi accollino le eccedenze di offerta; i paesi in surplus vincono facendo fallire, uno dopo l’altro,prima il settore privato e poi quello pubblico dei loro partner commerciali. Potremmo definire questa tattica "manda in rovina il tuo vicino con la convinzione di essere moralmente nel giusto"; partita che la Germania sta giocando con grande abilità nella zona euro.
Che cos’hanno a che fare queste quattro partite con il vertice del G20? In una parola sola, tutto. La prima partita ha disseminato asset tossici per tutto il sistema finanziario. La seconda ha lasciato il settore privato non bancario soverchiato dal debito e costretto a stringere la cinghia. La terza ha messo in crisi i conti pubblici. La quarta ha contribuito a dare origine alla crisi e ora ostacola la ripresa. Soprattutto, queste partite sono tutte legate l’una all’altra e vanno affrontate tutte insieme. Il G20 di questo è consapevole, ma fino a un certo punto.
Come avrebbe detto Talleyrand sui Borboni, i leader politici non hanno dimenticato niente e non hanno imparato nulla, anche e soprattutto che le attuali crisi di bilancio nascono dal settore privato.
Troppo spesso il dibattito affronta il risanamento dei conti pubblici come un problema isolato dal contesto. Ma questo è un errore madornale. Non conta solo il debito pubblico, ma tutto il debito.
L’ultimo rapporto annuale della Bri mostra che tre importanti paesi in deficit ( Usa, Gran Bretagna e Spagna) avevano apparentemente un debito pubblico sotto controllo, mentre saliva vertiginosamente la quota del debito delle famiglie in rapporto al Pil. Sono immagini speculari: se il settore privato è in surplus finanziario ( eccedenza di entrate rispetto alle uscite) ci dev’essere o un disavanzo di bilancio o un’eccedenza dellepartite correnti (o entrambe le cose). Più il surplus del settore privato è ingente, più ingenti dovranno essere il disavanzo di bilancio o l’eccedenza delle partite correnti. Se, all’inverso,si vogliono ridurre i disavanzi, il settore privato dovrà spendere di più in rapporto alle en-trate, oppure il saldo con l’estero dovrà migliorare. evidente che questo deve avvenire con un incremento delle uscite, non una riduzione delle entrate, specialmente dopo una recessione grave.
Che cosa c’entra tutto questo con le decisioni del G20? Prima della crisi finanziaria, c’erano tre gruppi di paesi con eccedenza di entrate rispetto alle uscite: alcuni paesi industrializzati storici, in particolare Germania e Giappone, Cina (che faceva categoria a sé) e alcuni esportatori di materie prime. Contemporaneamente, mentre la maggior parte delle economie emergenti era penalizzata da crisi finanziarie, i surplus di questi paesi erano compensati dai deficit di altri paesi avanzati (gli Usa,l’Europa centrale e orientale).
Quando la crisi è esplosa, gli avanzi dei paesi in surplus si sono ridotti per effetto del tracollo della domanda esterna. Ma la loro domanda esterna è stata supportata anche dalla crescita vertiginosa dei disavanzi di bilancio, specialmente nei paesi indeficit:dunque l’indebitamento pubblico ha compensato parzialmente la riduzione dell’indebitamento privato.
opinione diffusa che il risanamento, infondendo fiducia, possa far germogliare la spesa privata. Ma come dimostra il rapporto Bri, nelle economie colpite da una crisi il deleveraging di solito è prolungato. Essendo stata colpita una fetta ampia dell’economia mondiale, gli effetti negativi probabilmente si protrarranno ancora più a lungo. Insomma, i pacchetti con eccesso di offerta sono passati dai paesi in surplus al settore privato dei paesi in deficit e, dopo la crisi, al settore pubblico di questi ultimi. Diamo per scontato che molti di essi ora rimetteranno in sesto i conti. Che cosa succederà poi?
Non è chiaro:forse i surplus saranno assorbitida disavanzi maggiori nel saldo con l’estero nei paesi emergenti, mentre i mercati finanziari, sedotti dalla solvibilità relativa di questi paesi, cercheranno di guadagnare; forse, come temono gli americani, specialmente con l’eurozona che sta passando a un attivo con l’estero, questi surplus finiranno per tradursi in deficit ancora maggiori per lo zio Sam; forse i surplus si ridurranno, con la Cina in testa, e forse verranno sgonfiati da una recessione mondiale prolungata. abbastanza chiaro però che una discussione isolata sulla necessità di ridurre i deficit di bilancio non funzionerà. Il deficit non può essere ridotto senza risolvere il problema del sovraindebitamento di settori privati in difficoltà, senza ridurre gli squilibri esterni, o in tutti e due i modi.
Le partite che abbiamo giocato finora sono state economicamente dannose. Saremo sulla via della ripresa quando cominceremo a giocare partite migliori.