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 2010  giugno 30 Mercoledì calendario

MITI ALL’ASTA. LA COLLEZIONE ANGIOLILLO


Quando nei mesi scorsi gli amici di Christie’s mi invitarono a pranzo in casa di Maria Angiolillo insieme con altre persone che volevano visitarla in vista dell’asta londinese, dissi con franchezza che non me la sentivo di andare. Voglio restare con il ricordo di quella splendida dimora con la padrona di casa che ci veniva incontro e ci presentava a uno o due nuovi ospiti, al massimo, che già non conoscessimo.
Sono andato a trovare Maria l’ultima volta il giorno della sua morte. L’avevano vestita di rosa, il suo colore preferito. Era bella e dolcissima. Sul comodino, gli appunti con la prima lista d’invitati per la famosa doppia cena di Natale: 72 persone, 36 per sera, divise in tre tavoli splendidamente imbanditi e decorati in modo fantasioso e ogni anno diverso.
Una fetta importante e forse maggioritaria dell’Italia che conta nella politica, nell’impresa e nel giornalismo si riuniva una decina di volte all’anno nel villino Giulia al numero 8 della Rampa Mignanelli, una scalinata lunga e stretta parallela a quella celebre del Valadier che scende dalla Trinità dei Monti a piazza di Spagna.
La nascita di alcuni governi e molti accordi imprenditoriali importanti hanno avuto per silenziosi testimoni gli stupendi oggetti che ora vengono offerti all’asta di Londra. Non è vero che chi cadeva in disgrazia era automaticamente escluso dalla lista. Per il poco che può valere una testimonianza personale, entrai per la prima volta in quella casa nel ’90, appena nominato direttore del Tg 1, ma vi restai anche nel periodo dell’epurazione, dopo le dimissioni del ’93.
A ciascuno dei suoi ospiti, Maria era vicina nella buona e nella cattiva sorte. Ha avuto un ruolo decisivo nella carriera di molti,ma le erano affezionate anche tante persone modeste che lei aiutava e assisteva con signorile discrezione.
Le sue cene restano memorabili non solo per la qualità del cibo, dei vini (sempre francesi) e del servizio, quanto perché - pur nella familiarità che legava ormai la maggior parte degli ospiti - rispettavano un protocollo all’altezza dei pranzi di Stato. Il menu in francese richiamava abitudini delle corti ottocentesche e la distribuzione dei posti a tavola era assolutamente impeccabile.
Qualche volta Maria mi chiedeva se una persona era compatibile con l’altra. Ma avuto il benestare, si poteva essere certi che ciascuno avrebbe avuto a destra e a sinistra le persone giuste. Come ai pranzi di Stato, la puntualità era d’obbligo. Nel cartoncino d’invito l’orario previsto erano le 21.15. Politici e giornalisti a Roma difficilmente si liberano prima.
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Alle 21.30 Maria entrava in agitazione se mancava qualche ospite. Alle 21.40, al massimo, si andava a tavola. Unico ritardatario ammesso e annunciato era Gianni Letta, legatissimo a Maria da un’amicizia superiore a tutte le altre per i rapporti di filiale e decisiva collaborazione che il braccio destro di Berlusconi ha avuto per decenni con il marito della signora, Renato Angiolillo, fondatore e primo direttore del ”Tempo’. Chi tra gli altri si presentava in ritardo o, peggio, disdiceva all’ultimo momento, era bandito per sempre.
Provo una strana sensazione nel vedere su un prestigioso catalogo d’asta pezzi d’antiquariato di grande importanza, ma che per noi frequentatori abituali di quella casa erano creature amiche e viventi, dalla maschera di Mitoraj che ci accoglieva all’ingresso alle vedute di piazza del Popolo di Joli, dalle superbe commode all’ineguagliabile raccolta di porcellane. Chi porterà a casa qualcuno di quei pezzi, se cliente internazionale, non saprà di essere diventato proprietario di una microscopica fetta di storia italiana moderna.