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 2010  giugno 28 Lunedì calendario

Il primo sito World wide web (www) viene messo in linea nell’agosto del 1991 da Tim Berners-Lee. Da allora quasi il 25% della popolazione mondiale accede a Internet: in testa gli Usa con quasi il 74% della popolazione, l’Australia con il 60%, l’Europa con il 50%

Il primo sito World wide web (www) viene messo in linea nell’agosto del 1991 da Tim Berners-Lee. Da allora quasi il 25% della popolazione mondiale accede a Internet: in testa gli Usa con quasi il 74% della popolazione, l’Australia con il 60%, l’Europa con il 50%. I contenuti generati dagli utenti rappresentano oggi il fenomeno più popolare del Web e hanno determinato un forte sviluppo dei social network, quali Facebook, Youtube, Wikipedia, Blogger, Twitter, Linkedin, che caratterizzano l’attuale e più evoluta versione di WEB 2.0 Questo sistema, infatti, è costituito da una piattaforma partecipativa, il cui spazio si arricchisce dei contributi degli utenti, rappresentando così un sorprendente e diffuso fenomeno sociale e tecnologico del nostro tempo. Con 500 milioni di utenti Facebook (lanciato ad Harvard solo nel 2004, arrivato in Italia nel giugno 2008 dove a fine 2009 erano registrati 11 milioni di utenti) sarebbe la terza nazione del pianeta. Wikipedia è l’enciclopedia internazionale costruita negli ultimi sette anni dagli utenti, senza un manager-gestore, con oltre 50 milioni di voci per circa 250 lingue, che nella sola versione italiana con oltre 600 mila voci equivale a quattro volte il contenuto dell’enciclopedia Treccani, sviluppata negli ultimi trent’anni. Web 2.0 sta cambiando il funzionamento dei mercati e delle organizzazioni, aprendo grandi spazi di innovazione per tutti i processi strategici aziendali, in particolare per la gestione della conoscenza e dei meccanismi di apprendimento. Si aprono nuovi scenari di sviluppo organizzativo che, per migliorare le performance, per diffondere l’apprendimento, per sostenere l’innovazione, per costruire appartenenza e motivazione, mettono in campo modalità nuove di intervento informali, guidate dal basso, spontanee, contestuali. In tutte le aree aziendali la dimensione informale dell’organizzazione, comunità di pratica, social networking, comunità di apprendimento, conquista un ruolo crescente; di questo il management comincia a occuparsi, rivedendo profondamente i modelli di leadership e di governo. L’impulso è dato, oltre che dalla velocità del cambiamento e dal valore crescente del capitale umano nella competizione, dal fatto che i mercati e i contesti, in cui le organizzazioni operano, stanno funzionando come delle «conversazioni» e delle community dei clienti. Ciò pone nuove sfide alla gestione dei saperi aziendali, ai sistemi manageriali, al marketing, alla formazione, alle corporate university. Di tutto ciò è sostenitore anche Emanuele Scotti, che con Rosario Sica è autore del recente libro «Community management – processi informali, social networking e tecnologie Enterprise 2.0 per la gestione della collaborazione nelle organizzazioni» (Apogeo Editore), è fondatore della società di consulenza Open Knowledge ed è organizzatore di International Forum on Enterprise 2.0”, la cui terza edizione si è appena svolta a Milano. «Si stanno affacciando nuove generazioni», spiega Scotti, «con logiche e riferimenti completamente diversi, per le quali il virtuale è un ”continuum” del reale. Enterprise 2.0 sta portando in azienda queste nuove logiche, cercando anche di rimpiazzare i modelli manageriali che sono andati in crisi; i mercati sono diventati delle ”conversazioni”, animate da persone che condividono interessi e passioni e che si scambiano suggerimenti e opinioni; conversazioni dalle quali le aziende rischiano di restare escluse. Anche le aziende, senza che alcuni manager se ne accorgano, stanno diventando delle ”conversazioni”, in cui i network informali elaborano soluzioni e comportamenti più adeguati e più veloci rispetto alle normali pratiche di top down. La promessa di Enterprise 2.0 è questa: saper costruire un nuovo modello di organizzazione del lavoro e di impresa più adeguato a gestire conoscenza e a competere nell’attuale scenario di turbolenza e di velocità. Ciò può avvenire favorendo la creazione di paradigmi innovativi per nuovi prodotti e processi, secondo la logica di Wikipedia. Questo significa rifondare i modelli meritocratici, di governance, di management, perché sulla rete chi ha le capacità di aggregare fiducia, attenzione, credibilità, autorevolezza, emerge sugli altri. In secondo luogo l’azienda deve favorire con la sua presenza progetti di ”community di clienti”, che si aiutano tra di loro, rendendo disponibili i propri patrimoni di conoscenze ed esperienze per migliorare o inventare nuovi prodotti e processi». ****** Debuttano nuove professioni Enterprise 2.0 favorisce l’interazione tra più persone attraverso il sito personalizzato, in cui ognuno può liberamente scrivere i contenuti che preferisce, e ha importanti conseguenze anche sulla gestione e sullo sviluppo delle risorse umane. Cambia la filosofia organizzativa aziendale, perché mette in discussione l’assetto del potere manageriale attraverso i nuovi flussi informativi che si sviluppano attraverso i social network (facebook, twitter ecc.) e che non si riesce a controllare, ma che fanno emergere una nuova dimensione organizzativa di tipo informale. I modelli organizzativi legati alla tecnostruttura, ai ruoli, ai risultati parametrati sui principi dello schema classico: ambiente, strategia, tecnologia, organizzazione, cedono il passo a una «democrazia economica partecipata», in cui le scelte possono farle gli specialisti, i possessori di know how specifici, attraverso un ampio confronto/dibattito in rete, anche se la decisione finale resta al manager. Di questo è convinto anche Luca Solari, docente di organizzazione aziendale all’università statale di Milano e al MIP/Politecnico, esperto di problematiche della funzione Risorse Umane, il quale considera che questa trasformazione in atto verrà sempre più accelerata dalle giovani leve. «Particolare attenzione dovrà essere posta alla Generazione Y, altrimenti detta Millennial Generation o dei ”nativi digitali”, nata nel tempo della comunicazione istantanea di Internet, E-mail, sms, dell’utilizzo di siti web come You Tube, di social networking come Facebook, MySpace, Twitter. Gli appartenenti ad essa, chiamati Millennials, sono nati tra la metà degli anni 70 e la fine degli anni 90 e seguono i cosiddetti ”baby boomers” del periodo collegato all’aumento delle nascite degli anni 1960 e 70. Hanno caratteristiche diverse: sono meno disponibili ad accettare l’autorità formale; hanno maggiore difficoltà a identificarsi con l’organizzazione aziendale e quindi meno propensi a un impegno formale. Sono più discontinui, perché alternano momenti di alta produttività (se l’attività a loro piace) a momenti di disinteresse. Una possibilità di motivarli è quella di impostare modelli di relazione che prevedano decisioni condivise sull’esempio di quello che vivono con i social network».  una grande sfida per il direttore delle risorse umane: per la prima volta si trova al centro la persona con i suoi desideri, con il grande rischio dell’individualismo anche se attenuato dalla sensibilità per i contatti con gli altri, in una visione di collettività completamente diversa da quella del passato. Vuol dire rovesciare il ruolo dell’Hr Manager, perché anziché adattare le persone all’organizzazione, viceversa è l’organizzazione che si deve adattare alla persona. Con il cambiamento delle motivazioni individuali, le aspettative, le nuove modalità di entrare in relazione con gli altri, cambia la connotazione del recruitment e dell’attraction che induce il responsabile delle risorse umane a far parte di una community con un dialogo aperto e continuo con i propri collaboratori per costruire insieme nuove competenze. «Si possono già evidenziare le nuove professioni collegate ad Enterprise 2.0», prosegue Solari. «Tra queste il recruiter che usa i social network per attrarre e selezionare personale; il social media-designer che progetta i media sociali per la comunicazione interna all’azienda; il responsabile dell’e-learning che integra il knowledge management con i nuovi sistemi nei percorsi di formazione. Cambieranno i confini, la presenza fisica, si userà la comunicazione e il controllo in una rete diversificata e lontana, così come oggi avviene per la chirurgia a distanza». ***** Il rinnovamento di intranet Nell’ambito della Divisione Corporate&Investment Banking di Intesa Sanpaolo si è avvertita l’esigenza di introdurre nuove modalità di lavoro per velocizzare e semplificare le attività quotidiane, per condividere le informazioni sui clienti e sugli eventi della divisione, per accorciare le distanze tra le strutture territoriali in Italia e all’estero. La risposta è stata la progettazione di una nuova intranet, che potesse adottare le logiche e le tecnologie di Web 2.0, armonizzando le attuali piattaforme attraverso modalità semplici di navigazione e rendendo disponibili a tutti i collaboratori i contenuti e le applicazioni specialistiche esistenti. La creazione della nuova intranet è inserita in un ambito progettuale, denominato Corporate 2.0, che comprende anche l’adozione di nuovi strumenti di comunicazione in tempo reale e ha l’obiettivo di cogliere quanto offre la nuova tecnologia, senza però perdere nulla delle esperienze, dei dati e degli applicativi esistenti. L’iniziativa è stata recepita con molto entusiasmo ed energia, perché c’è un reale coinvolgimento delle persone interessate nella fase progettuale e anche un’attenzione alla qualità del servizio attesa dai clienti. L’adozione della nuova intranet pone maggiore attenzione alle persone sia presentando la comunicazione più istituzionale in modo nuovo (vetrina della divisone, news, informazioni, eventi, comunicazioni verso specifici gruppi, progetti in evidenza), sia valorizzando il contributo dei singoli (ognuno può segnalare contenuti interessanti e raccontare un po’ di se stesso, aspirazioni e interessi, attività e progetti). La nuova intranet abiliterà una comunicazione da persona a persona, mettendo in luce le iniziative professionali di interesse comune, i riferimenti e i contatti, l’accesso diretto con strumenti Real Time Communication, forum e community. Attraverso la «scrivania personale virtuale» ogni utente potrà attivare con un semplice click tutte le applicazioni necessarie per il suo lavoro quotidiano, con l’aggiunta degli ambienti informatici definiti in fase progettuale e condivisibili con i colleghi. un’iniziativa di change management che presuppone un rilevante cambiamento di comportamenti e pratiche di lavoro che coinvolge tutti i livelli. Capo progetto di questa operazione è Roberta Casali, responsabile servizio qualità e progetti speciali della divisione corporate Intesa Sanpaolo, secondo la quale «questa iniziativa esalterà il riconoscimento delle competenze interne alla divisione, abbasserà costi e tempi di funzionamento, faciliterà lo scambio e il riconoscimento delle caratteristiche personali e professionali di ognuno di noi. Stimoleremo, in questo modo, proposte di natura innovativa e una maggiore attenzione al complesso mondo della clientela, che sarà oggetto di costante ascolto e confronto tra tutti i professionisti della divisione. Tuttavia», aggiunge Casali, «pur aprendo nuovi spazi di dialogo e di partecipazione collaborativa e prima di lanciare i nuovi strumenti, stiamo mettendo a punto un sistema di policy che garantisca alcune regole di comportamento per la partecipazione ai forum, alla gestione delle community, dei feed-back e dei commenti, al fine di impegnare le nostre risorse a un uso consapevole e competente delle nuove tecnologie. Abbiamo davanti una sfida di sviluppo e di cambiamento», conclude, «e la necessità di pensare a nuovi servizi per i nostri clienti, che intendiamo affrontare con la scelta della partecipazione e dell’innovazione». *****