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 2010  giugno 29 Martedì calendario

FAMIGLIA ITALIANA, IL CONTO NON TORNA

Che effetto fa pagare più tasse di uno svedese di analoghe capacità contributive e tipologia familiare e ottenere servizi pubblici che solo il Nord Africa e l’area basso danubiana ci invidiano? Un brutto effetto, se si dispone di alcuni termini di confronto. Per fortuna del buonumore nazionale, e del fisco, molti italiani hanno un’idea troppo imprecisa di quanto si paga di imposte sul reddito nel resto d’Europa. E quindi è raro il voltastomaco.
Partiamo dalla Francia, il Paese con cui è più naturale il confronto. I livelli di stipendio sono spesso simili e, soprattutto, la ricchezza familiare è da decenni assolutamente analoga, come dimostrano le indagini periodiche fatte a campione dalle due banche centrali. Servizi in genere migliori ma, almeno per l’Italia del Centro-Nord, comunque confrontabili.
Un francese single che guadagna 35mila euro l’anno ne paga al fisco 5mila. L’italiano poco meno di 9mila. Il rapporto è ben diverso, a maggior vantaggio ancora del contribuente francese, se quest’ultimo è coniugato, coniuge e due figli a carico. In Francia si pagano poche centinaia di euro, in Italia circa 7mila euro.
La Francia è il campione assoluto in Europa delle politiche fiscali a favore della famiglia, che comunque sono consistenti in tutta l’Europa a Nord delle Alpi, e scarse a Sud. Ci sono vari Paesi dove il single a parità di reddito paga più tasse che in Italia, in pratica nessuno dove chi ha carico di famiglia e un reddito medio-alto (sopra i 30-40 mila) ne paga più che in Italia. La stessa tipologia di famiglia, coniuge e due figli a carico, versa in Francia su un lordo di 50mila annui circa 2.500 euro di imposta, mentre in Italia ne paga circa 13mila, e 7.200 in Germania. Insomma, in questo caso, i servizi italiani costano il doppio di quelli tedeschi e cinque volte più di quelli francesi.
Non è cambiato molto, negli anni. All’inizio del decennio, un confronto Italia-Francia-Germania, 60 milioni di lire di reddito coniuge e due figli a carico, vedeva il contribuente italiano di gran lunga più tartassato, il 50% e oltre in più del pari reddito tedesco, e ben più del doppio del ”collega” francese. Inchiestina, pubblicata sul Sole 24 Ore, fece indispettire le autorità fiscali italiane, che ricorsero a calcoli complicati per dimostrare l’indimostrabile, e cioè come i tre casi non fossero confrontabili. Come, non sono confrontabili i prelievi fiscali su redditi e famiglie identici in tre Paesi dove spesso il costo della vita è analogo? L’unica differenza è che francesi e tedeschi, allora e ancora oggi, potevano e possono contare su servizi migliori.
Anni fa, un calcolo approssimativo che metteva a confronto la stessa tipologia familiare (tre figli) e lo stesso reddito (150 milioni di lire), in Italia e Germania, vedeva alla fine in 25 anni il tempo di tirare su un figlio una differenza di imposte pagate in più dal contribuente italiano di 750milioni di lire, dovute tutte al quoziente familiare. In Italia sul fronte fisco-famiglia la situazione è migliorata negli ultimi anni, per il riconoscimento fiscale delle spese sostenute per i figli, ma siamo ancora molto lontani dallo standard Nordeuropeo.
Persino in Svezia, considerata mediamente al vertice dell’imposizione fiscale e della qualità del servizio pubblico, in alcuni casi si pagano meno tasse. Il coniugato italiano con coniuge e due figli a carico e 60mila euro lordi all’anno non teme confronti, è il campione fiscale d’Europa, come ha ripetutamente osservato tra gli altri anche l’economista Francesco Giavazzi. Calcolata in termini di pressione fiscale media, la differenza è notevole. «In Italia chi non evade paga più tasse che in Svezia, il Paese dell’Ocse in cui il fisco è più esoso, e la differenza non è piccola, circa 6 punti in più», ha osservato Giavazzi.
Se le politiche familiari fanno la prima differenza a danno del contribuente italiano, l’abnorme livello di evasione nel sistema italiano fa la seconda, e maggiore differenza. Poiché molti milioni di dichiarazioni sono troppo infedeli, chi dichiara il giusto (o quasi) o come dipendente ha la trattenuta alla fonte paga una quota abnorme. I 35mila euro fanno un contribuente ”ricco”, o quasi, nel sistema italiano, tartassato come altrove lo è chi ha entrate da 50mila euro.
Anche qui un confronto con la Francia è istruttivo. Rispetto alla Francia, le fasce ufficiali di reddito italiano sono estremamente affollate al basso, fino a 30mila euro, e straordinariamente rarefatte sopra i 50mila. Sembrano due mondi lontani fiscalmente, e non due realtà analoghe. Quasi metà dei contribuenti italiani dichiara meno di 15mila euro, mentre in Francia (le fasce di reddito non coincidono perfettamente nelle statistiche ufficiali) a essere sotto in 19mila è il 30% dei contribuenti. Da 19 a 44mila c’è il 50% in Francia mentre in Italia da 15 a 55 c’è il 47,5 per cento, 19,6 milioni di cui però 13 milioni sotto i 26mila euro. E soprattutto sopra i 55mila euro vi è in Italia solo il 3,6% (redditi 2008) mentre in Francia supera ufficialmente questa soglia di relativa agiatezza il 10 per cento dei contribuenti. Tre volte di più.
L’Italia è bella, anche se la Francia non è da meno. Ma, per il contribuente onesto, maledettamente cara. I servizi che si ricevono dovrebbero essere, per chi paga davvero le tasse, decisamente al top dello standard europeo.