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 2010  giugno 29 Martedì calendario

SWATCH, IL BRACCIALETTO CAMALEONTE


Negli Anni Settanta, come gran parte dell’industria europea, anche i produttori svizzeri di orologi furono messi in crisi dall’arrivo dei nuovi prodotti giapponesi, nella fattispecie i cronometri da polso di metallo. La loro risposta fu duplice: giapponese da un lato, americana dall’altro.
All’inizio degli Anni Ottanta smontarono gli orologi dei concorrenti e stabilirono che, invece dei 150 pezzi con cui erano fatti, potevano arrivare a 51; un’impresa non da poco, con sei o sette brevetti ce la fecero. Dall’altro lato, fecero tesoro della Pop Art americana e di Warhol in particolare: l’orologio come oggetto di moda; oggetto altamente impulsivo, da cambiare secondo i momenti del giorno, le occasioni, le volizioni, le compagnie. L’impennata dei consumi, all’inizio di quel decennio, aiutò il Gruppo Swatch, fondato in origine da vari rappresentati svizzeri del settore col nome di Corporazione dei settori della Microelettonica e della Orologeria.
Il marketing fu adeguato: prezzo basso (39,90 franchi svizzeri), portabilità alta. La prima collezione di 12 modelli, entrata nelle rassegne del design e nei musei, fu disegnata da Ernst Thonke, Jacques Müller ed Elmar Mock. L’effetto fu imponente: oltre un milione di pezzi venduti il primo anno, era il 1983; 10 milioni il secondo; 50 dopo soli cinque anni.
Perché? Lo Swatch era come un braccialetto, come un capo di moda, un complemento attraverso cui gli uomini e le donne volevano essere visti dagli altri, come scrivono le storie di questo magico oggetto: comunicare se stessi con l’orologio. Inoltre, averne uno non impediva di averne altri. Ogni sei mesi uscivano nuove collezioni, a tiratura limitata, stimolando anche il collezionismo, che è la vera passione del possesso.
L’hanno disegnato Alessandro Mendini, Yoko Ono, Annie Leibowitz, Keith Haring e tanti altri: celebrità che producevano celebrità, come aveva previsto venti anni prima Andy Warhol. Il tocco magico era quello della Factory svizzera: una tecnologia strabiliante, quasi perfetta, oltre ad un design quasi classico, come dimostra il primo modello: cassa tonda, cinturino, spigoli arrotondati (E. Morteo), che proprio per questo non impediva le variazioni nel disegno della cassa e del cinturino medesimo (la cassa è un foglietto di carta rotondo e il cinturino è di plastica).
Dopo quasi 30 anni dal trionfo del Pop, ogni abitante del pianeta poteva avere il suo quadro al polso; non un’opera unica, ma esattamente il contrario: il multiplo come segno distintivo. La moltiplicazione degli Swatch è continuata sin qui, con oltre 400 milioni di pezzi venduti, superando gli alti e bassi della moda. Ora, i concorrenti veri dello Swatch sono gli orologi cinesi: con il quadrante gigantesco e il cinturino che è una fascia avvolta intorno al polso; oppure a quattro quadranti identici, disposti uno a fianco dell’altro.
Dopo aver prodotto la variazione dell’identico, oggi il mondo si orienta verso la ripetizione dell’uguale, la reiterazione come segno del presunto lusso. Made in China, ovviamente.