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 2010  giugno 30 Mercoledì calendario

COSI’ I CAMALLI AFFONDARONO LA DEMOCRAZIA DELL’ALTERNANZA

Se cercate la scatola nera della sinistra italiana, po­trete trovarla nel porto di Genova. Là, esattamente cinquant’anni fa,in un giu­gno più caldo del presen­te, la sinistra sfregiò la democrazia e fece cadere un governo legittima­mente uscito dalle urne con un moto violento di piazza. Sto parlando dei ganci di Genova, come furono chia­mati in gergo missino i micidiali gan­ci usati dai portuali comunisti, i fero­ci camalli che scesero in piazza per impedire lo svolgersi di un regolare congresso nazionale del Msi. Oggi tv e giornali ricordano i fatti di Genova con un sottinteso epico, quasi a cele­brare un’epopea partigiana di giusti­zia e libertà. Affiorano rievocazioni nostalgiche di quel clima, in cui perfi­no le auto bruciate e le magliette a strisce dei portuali sono ricordate con tono elegiaco da commosso amarcord. E invece quell’evento che Aldo Moro definì «il più grave e mi­naccioso per le istituzioni» dalla na­scita della Repubblica italiana, fu un vero e proprio golpe di piazza che tar­dò la nascita di una democrazia ma­tura fondata sull’alternanza, resusci­tò gli spettri della guerra civile e ali­mentò nella destra frustrata rigurgiti di neofascismo e sogni di golpe. Il principale testimonial e istigatore di quell’evento, con Umberto Terraci­ni, fu Sandro Pertini, che ritrovò in quella mobilitazione lo spirito belli­coso della lotta partigiana, non accor­gendosi che si trattava di una mobili­tazione violenta contro un pacifico congresso ed un legittimo governo li­beral- democratico. Era l’epoca del governo Tambroni, il primo governo di centro-destra che godeva dell’ap­poggio esterno dell’Msi. Il Paese vive­va il boom economico, ormai pacifi­cato, la violenta contrapposizione tra fascismo e antifascismo si era spenta, e anche la guerra fredda, con l’avvento di Krusciov e Kennedy si era intiepidita (salvo poi riaggravarsi a Cuba), assopendo l’antitesi comu­nismo- anticomunismo. Non era an­cora stato eretto il Muro di Berlino.
In quel tempo l’Msi era guidato da Arturo Michelini, un nazional-con­servatore che voleva inserire il suo partito nel gioco politico delle allean­ze. Del resto, negli anni cinquanta, molte amministrazioni del sud era­no rette dall’appoggio monarchico e missino, e perfino il Pci di Togliatti aveva trescato in Sicilia con l’Msi per sostenere la giunta Milazzo. Insom­ma, la guerra civile del ”45 e il fronti­smo radicale del ”48 erano ormai ri­cordi sepolti, come ricordo lontano erano ormai i celerini di Scelba con­tro i manifestanti o la legge dello stes­so Scelba che vietava la ricostituzio­ne del disciolto partito fascista. L’Msi ebbe l’infelice idea di celebrare il suo congresso a Genova, città antifasci­sta con un forte movimento sindaca­le e comunista. Di fronte alle minac­ce della sinistra, il Prefetto di Genova aveva saggiamente proposto di spo­stare il congresso missino a Nervi. Ma social-comunisti, Anpi, Cgil e por­tuali non accettarono il compromes­so; volevano cogliere il pretesto del congresso missino per abbattere il governo di centro-destra. Sarà pro­prio Sandro Pertini (che perfino il suo compagno di partito Pietro Nen­ni considerava un violento) ad accen­dere il fuoco della rivolta con il «di­scorso del brichettu» (il fiammifero) del 28 giugno. Due giorni dopo la cit­tà fu messa a ferro e fuoco dagli insor­ti, come accadde poi nel luglio del 2001 ad opera dei no-global. Aggres­sioni ai delegati missini, rifiuto di ac­coglierli in albeghi e locande, la cele­re travolta dai camalli, le jeep della polizia capovolte, incendi e assalti. Forse fece bene la polizia a non ri­spondere col fuoco e fecero bene i missini a non mobilitare il loro servi­zio d’ordine che comunque sarebbe stato soccombente. Ci sarebbero sta­ti molti morti, non solo a Genova. Al­la fine a morire fu il governo Tambro­ni e a restare invalida fu la democra­zia italiana, che perse da allora il fian­co destro. La spuntarono loro, i ca­malli d’assalto e le sinistre di piazza. Sotto i colpi della piazza i ministri del­la sinistra dc rassegnarono le dimis­sioni, il governo Tambroni cadde e gli stessi che avevano giudicato con allarme la violenza di piazza, come Moro e Fanfani, aprirono poi alla sta­gione del centro-sinistra, portando i socialisti al governo. Quando si parla del rumore di sciabole dei militari e carabinieri italiani, e della striscian­te tentazione golpista che attraversò l’Italia tra il ”64 e il ”70, da De Lorenzo a Borghese, coinvolgendo i partigia­ni Sogno e Pacciardi, si deve conside­rare quel precedente genovese che rendeva impossibile la nascita per vie democratiche di un centro-de­stra in Italia. Quel clima violento per­durò a Genova fino ai primi anni 70, se si considera che tra i primi passi del terrorismo rosso in Italia ci furo­no l’assassinio del militante missino Ugo Venturini e il rapimento del ma­gistrato ”destrorso” Mario Sossi.
L’insurrezione di Genova divente­rà la madre di tutte le mobilitazioni di piazza con cui la sinistra in Italia ha inteso forzare la democrazia italia­na, i suoi governi, le sue scelte, le sue alleanze. Un metodo che viene tutto­ra utilizzato per abbattere con una spallata di piazza i governi usciti dal­le urne. Per fortuna il clima è cambia­to, i camalli si sono imborghesiti, non portano più le magliette a strisce e i ganci micidiali, né ci sono in giro partigiani pronti a riprendere le ar­mi. Ma quel governo di centro-de­stra avrebbe accelerato la nascita di una destra postfascista e avrebbe in­sieme creato le premesse per una de­mocrazia dell’alternanza, spingen­do anche la sinistra a superare il mas­simalismo e a disporsi così a governa­re. Ma il Pci dell’epoca prendeva an­cora ordini e soldi da Mosca e consi­derava l’America e il Capitalismo due mali da cui liberarsi. Così la Dc, con i suoi alleati, restò al governo vita natural durante.