vari giornali del 30/6/2010, 30 giugno 2010
CONDANNA DELL’UTRI
Dopo 118 ore di Camera di Consiglio la seconda sezione della Corte d’Appello di Palermo ha condannato il senatore Marcello Dell’Utri a sette anni di reclusione (quattro in meno di quelli chiesti dal procuratore generale Antonino Gatto) per concorso esterno in associazione mafiosa.
In primo grado al parlamentare del Pdl erano stati inflitti nove anni. Riformando la sentenza precedente, la corte ha assolto Dell’Utri limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoca successiva al 1992 perché «il fatto non sussiste». Sembrano non aver influito, dunque, le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, giunte quando il dibattimento si stava avviando a conclusione. La Corte d’Appello di Palermo (che ha anche dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’altro imputato, Gaetano Cinà, nel frattempo deceduto) ha infatti condannato il senatore del Pdl a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa per i fatti commessi prima del 1992, mentre i verbali di Spatuzza, depositati nell’ottobre del 2009, si riferiscono ad anni successivi.
Il senatore del Pdl non era in aula a Palermo al momento della lettura della sentenza ma si trovava a Milano, dove ha organizzato una conferenza stampa. « una sentenza pilatesca - ha detto ai giornalisti - Hanno dato un contentino alla procura palermitana e una grossa soddisfazione all’imputato perché hanno escluso tutto ciò che riguarda le ipotesi dal 1992 in poi». Dell’Utri spera di ottenere nel giro di un anno una sentenza per lui positiva da parte della Cassazione: «Spero che dicano: "ma che stiamo facendo, lasciate stare"». Il senatore del Pdl ha spiegato che si aspettava una sentenza di questo tipo. Se fosse arrivata l’assoluzione «avrei detto che la pena l’ho già scontata: 15 anni di pena. Io non somatizzo, ma il disagio c’è». Dell’Utri ha detto di Vittorio Mangano «è stato il mio eroe»: «Era una persona in carcere, ammalata invitata più volte a parlare di Berlusconi e di me e si è sempre rifiutato di farlo. Se si fosse inventato qualsiasi cosa gli avrebbero creduto. Ma ha preferito stare in carcere, morire, che accusare ingiustamente. stato il mio eroe. Io non so se avrei resistito a quello a cui ha resistito lui». Se la condanna dovesse superare il vaglio della Cassazione, il senatore finirebbe in carcere.
In primo grado Dell’Utri era stato condannato a nove anni di reclusione. In quel caso primo grado i giudici del tribunale rimasero in camera di consiglio, per emettere la sentenza di condanna a nove anni di carcere, per 13 giorni: un record. Entrarono in consiglio dopo le ore 13 del 29 novembre 2004 ma avvertirono che l’uscita dalla camera di consiglio sarebbe stata annunciata 24 ore prima. Il presidente del tribunale, Leonardo Guarnotta, lesse la sentenza l’11 dicembre poco dopo le 10.
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LA RICOSTRUZIONE DELL’ACCUSA:
Dagli anni 70 al 1992: Con la mediazione di Gaetano Cinà Dell’Utri avrebbe avuto rapporti con Stefano Bontante, Mimmo Teresi, Vittorio Mangano per assicurarsi la "protezione" mafiosa alle operazioni finanziarie e imprenditoriali da lui gestite per sé e nell’interesse delle società di Berlusconi. Così la corte d’Appello: 7 anni di reclusione per i rapporti intrattenuti con esponenti mafiosi fino al 1992.
Dopo il 1992: Nel 1994, secondo le dichiarazioni del pentito Spatuzza, ci sarebbe stato un patto scellerato tra mafia e politica che prevedeva il sostegno elettorale agli uomini di Forza Italia, Dell’Utri compreso, come corrispettivo di una linea di governo benevole nei confronti della mafia. Così la corte d’Appello: i giudici non hanno preso in considerazione la ricostruzione di Spatuzza.
Testo integrale del dispositivo della sentenza emessa dalla seconda sezione penale della Corte d’appello di Palermo, presieduta da Claudio Dall’Acqua, nei confronti del senatore Marcello Dell’Utri:
«Visti gli articoli 150 cp, 530, 531 e 605 ccp; in riforma della sentenza del tribunale di Palermo dell’11 dicembre 2004 appellata da Cinà Gaetano e Dell’Utri Marcello ed incidentalmente dal procuratore della Repubblica di Palermo - si legge nella sentenza - si dichiara di non doversi procedere nei confronti di Cinà Gaetano, in ordine ai reati ascrittigli perché estinti per morte del reo. Assorbita l’imputazione ascritta al capo A della rubrica di quella in cui al capo B, assolve Dell’Utri Marcello, dal reato ascrittogli, limitatamente alle condotte contestate come commesse in epoche successiva al 1992, perché il fatto non sussiste e per l’effetto riduce la pena allo stesso inflitta ad anni sette di reclusione. Conferma nel resto l’appellata sentenza. Condanna - proseguono i giudici - Dell’Utri Marcello alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite Provincia regionale di Palermo e Comune di Palermo che si liquidano per ciascuna di esse in complessivi euro 7.000 oltre spese generali, Iva e Cpa come per legge. Indica - conclude la sentenza - in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione».
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MAFIA: DELL’UTRI; LE TAPPE DI UN’INDAGINE LUNGA 16 ANNI/ANSA
DALLE PRIME ACCUSE DI UN PENTITO NEL 1994 AL PROCESSO D’APPELLO (ANSA) - PALERMO, 29 GIU - Era marzo 1994 quando il nome di Marcello Dell’Utri, all’epoca amministratore delegato di Publitalia, venne messo in relazione con ambienti di mafia. Ne aveva parlato ai magistrati di Caltanissetta il pentito Salvatore Cancemi aprendo uno scenario nuovo sui rapporti tra Cosa nostra, la finanza e la politica: da poche settimane Silvio Berlusconi aveva annunciato la sua ’discesa in campo’ con Forza Italia. La dichiarazione di Cancemi e’ stato il primo passo di una vicenda giudiziaria che arriva alla sentenza d’appello dopo 16 anni.
Dopo oltre due anni di indagini il 26 giugno 1996 Dell’Utri viene sentito per oltre 11 ore: una ’maratona’, come fu definita dai giornali, servita a delineare il quadro dell’inchiesta. Da un lato le accuse di vari collaboratori di giustizia, che nel tempo sono diventati 35, e dall’altro la smentita ferma e vigorosa dell’indagato. Per Dell’Utri il rinvio a giudizio sarebbe arrivato il 19 maggio 1997 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. E con lui fu rinviato a giudizio anche Gaetano Cina’, che intanto era stato arrestato.
Il processo di primo grado si e’ aperto il 5 novembre 1997: oltre tre anni dopo l’iscrizione di Dell’Utri nel registro degli indagati. E ci sono voluti altri sette anni per arrivare alla sentenza al termine di un lungo dibattimento (256 udienze) passato attraverso l’esame di 270 tra pentiti, testimoni e consulenti. Tra i testi da sentire c’era anche Berlusconi. Ma una volta (11 luglio 2002) il premier ha fatto sapere di avere impegni di governo e successivamente (26 novembre 2002) si e’ avvalso della facolta’ di non rispondere. L’otto giugno 2004 i pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo hanno chiesto la condanna di Dell’Utri a 11 anni e di Cina’ a sette. Dopo 12 giorni di camera di consiglio, il tribunale (presidente Leonardo Guarnotta) ha emesso la sentenza: nove anni al senatore, sette a Cina’. Per entrambi anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e due anni di liberta’ vigilata.
Il processo d’appello e’ cominciato il 30 giugno 2006 davanti alla corte presieduta da Claudio Dall’Acqa (a latere Sergio La Commare e Salvatore Barresi). Dell’Utri e’ rimasto l’unico imputato: Gaetano Cina’, l’uomo che lo avrebbe messo in contatto con Vittorio Mangano, era morto il 28 febbraio 2006 all’eta’ di 72 anni. Il dibattimento era ormai avviato verso la conclusione quando il 17 settembre 2009 il pg Antonio Gatto ha chiesto la citazione di Massimo Ciancimino che sulle tracce del padre Vito aveva cominciato a fare dichiarazioni sui rapporti tra mafia e politica. La corte pero’ non ha accolto la richiesta dell’accusa. Oltre a essere un teste ’contraddittorio’ Massimo Ciancimino non e’, hanno scritto i giudici, ’di utile rilievo e apprezzamento processuale’.
Il dibattimento, pero’, e’ stato riaperto per sentire il nuovo collaborante Gaspare Spatuzza che nell’udienza del 4 dicembre 2009 a Torino ha parlato sia di Dell’Utri che di Berlusconi. Spatuzza ha riferito confidenze dei boss di Brancaccio, Giuseppe e Filippo Graviano. L’11 dicembre 2009 il primo si e’ rifiutato di rispondere e l’altro ha smentito Spatuzza. Il 19 marzo 2010 e’ ripresa la requisitoria del pg, sospesa per i nuovi interrogatori, che si e’ conclusa il 16 aprile con la richiesta di condanna per Dell’Utri a 11 anni di reclusione. Quello che l’accusa ha chiesto, nelle repliche del 24 giugno, era un giudizio ’storico’ sui rapporti tra mafia e politica. ’Qui non si fa la storia - ha ribattuto il difensore Alessandro Sammarco - ma si giudica un imputato’.
La Corte non ha preso in considerazione la ricostruzione di Spatuzza, assolvendo Dell’Utri per le condotte successive al 1992, ma lo ha condannato egualmente a sette anni di reclusione per i rapporti che il parlamentare avrebbe intrattenuto in precedenza con esponenti mafiosi. (ANSA).
SENTENZA SALOMONICA/PILATESCA
Il pm Gatto per spiegare la sua insoddisfazione ha paragonato la sentenza a quella di re Salomone sul bambino conteso di cui si ordinò la divisione a metà. Per la Bibbia Salomone è stato uno dei più importanti re d’Israele e la sua saggezza è considerata proverbiale. Marcello Dell’Utri ha invece definito la sentenza "pilatesca". Ponzio Pilato fu il giudice del processo intentato a Gesù che, nel vangelo secondo Matteo, dovendo decidere tra la liberazione di Gesù e di Barabba si lavò le mani e fece decidere il popolo.