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 2010  giugno 30 Mercoledì calendario

IL SESSO NON PIU’ DI 13 MINUTI, POI E’ NOIA

Finalmente possiamo mettere un po’ d’ordine. Lasciando fuori le lei che durante analizzano le macchie di muffa sul soffitto e i lui che pensano d’essere sul set di «Nove settimane e mezzo», il rapporto equo e solidale può essere scientificamente definito: dieci minuti. Il tempo perfetto. Tra sette e tredici re­stiamo negli intervalli di tolleranza. Sot­to i sette dobbiamo cominciare a preoc­cuparci, sopra i tredici deve cominciare a preoccuparsi il partner. In ogni caso, è finalmente possibile tornare con i piedi sulla terra, sentendoci tutti mediamente più tranquilli. Al diavolo, una volta per tutte, le frustranti in­vidie verso chi racconta di lunghissime notti indemo­niate. E al diavolo pure Sting, che con il suo annun­cio della copula tantrica di nove ore ci aveva così sprez­zantemente umiliati.
Dieci minuti: il tempo eter­no e misurato dell’amore ideale. In dieci minuti si rie­sce a fare e a dare tutto quel­lo che serve in una coppia equilibrata. Dopo, si esce dalla poesia e si entra diretta­mente nel campo minato della fatica e della noia. A da­re questo durissimo colpo di maglio ai miti dei bagnini e dei rocchisiffredi è una ri­spettabile ricerca scientifi­ca, condotta da cinquanta specialisti della «Society for sex therapy and research» e pubblicata sul Journal of sexual medicine . Gente che ne sa. Psicologi, terapisti, medici, assistenti sociali. Dall’analisi di tantissime coppie e dei loro amplessi più o meno problematici, esce un risultato che defini­scono attendibilissimo.
Una bella scoperta, c’è po­co da dire. Molti di noi, esclu­dendo per inattendibilità quelli che spaziano desolata­mente tra i sette e i tredici se­condi, non sapevano quale fosse il minutaggio virtuoso. Mezz’ora? Un’ora? Un weekend con briciole nel let­to?
Sin da ragazzi, studiamo guardinghi la concorrenza, con domande molto alla lon­tana, per carpire qualche ele­mento di confronto. Per sa­pere se siamo in media, o se siamo un po’ conigli,o se sia­mo un po’ bradipi. Una volta per tutte, c’è il riscontro cro­nometrico che fa da spartiac­que. Dieci minuti, tre più tre meno. Crolla definitivamen­te il mito della maratona. E soprattutto crolla misera­mente questa idea fissa di doversi barricare in camera per giorni e giorni come se­gno estremo di amore im­menso, neanche fosse un Mondiale con quarti, ottavi e semifinali. Per l’amore eterno può bastare l’infinite­simo temporale di uno sguardo. E qui mi fermo per­ché il discorso porterebbe un po’ lontano.
Restiamo al dato scientifi­co, per sua natura poco opi­nabile. I ricercatori chiari­scono che nell’arco ideale dei dieci minuti i due atleti mantengono una soglia di at­tenzione altissima. In que­sta fase, la concentrazione è massima. La coppia pensa solo a quello, lasciando il mondo chiuso fuori, lonta­nissimo e insignificante. Al­lo scoccare del decimo, più recupero di 3’, il cervello co­mincia a chiedere permes­so, scusate, c’è dell’altro. Inevitabilmente crolla la concentrazione e arriva la noia. O quanto meno la di­strazione. Difficilissimo pro­lungare gli stessi livelli di prestazione. In sostanza, è il problema che aveva Sacchi con il primo Milan: estende­re l’intensità oltre il quarto d’ora.
Riconosciamolo: questa scoperta dei dieci minuti è destinata a cambiare la sto­ria dell’uomo, inteso anche come donna. In tema di ses­so, si erano sempre cercate più che altro certezze sui luo­ghi. Come dimenticare la fa­ticosa individuazione del punto G. Come dimenticare le energie profuse dalla scienza per localizzare que­sta stramaledetta specie di interruttore, che mettereb­be in moto le signore come macchine da guerra. Invece, poco o niente sulla dimen­sione tempo. Con tutto quel­lo che ne consegue: comples­si di inferiorità, complessi di superiorità, complessi.
Nel luminoso anno 2010, è con giustificato orgoglio che lo psicologo Eric Corty, del­la Penn State University, può finalmente regalare al genere umano l’atteso an­nuncio: «La durata giusta è dieci minuti. Molti fantasti­cano erroneamente su inte­re notti di sesso sfrenato: speriamo che il nostro stu­dio incoraggi uomini e don­ne ad avere aspettative più realistiche».
Da qui in avanti, niente sa­rà come prima. Possono cambiare usi, costumi, cre­denze popolari e mitologie erotiche. Sinora, un criterio sufficientemente attendibi­le poteva sembrare quello ereditato dalla tradizione, cioè che ciascuno fa quanto e come si sente, senza la cles­sidra sul comodino. Ma è chiaro che adesso il dilettan­t­ismo e l’improvvisazione di­ventano obsoleti. Dieci mi­nuti e via. Per sentirsi a po­sto, per sentirsi in regola.
Piuttosto, regolamento al­la mano, si può dire che a ri­metterci di più sia sostanzial­mente la donna. Lei con il suo preteso cerimoniale di corteggiamenti, parole dol­ci, carezze e preliminari, in totale non meno di mez­z’ora. finita. Si volta pagi­na. Già dopo sette minuti, nessuna di loro potrà più permettersi il piacere sottile di pronunciare la fatidica fra­se: tutto qui?