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 2010  giugno 06 Domenica calendario

INTERVISTA A GIANNI MORANDI

Per lui sarà, si capisce, un tuf­fo nel passato. Non solo in quello prossimo della sua carriera, peral­tro lunga più o meno come quel­la dei Rolling Stones. Ma in quel­lo remoto della vita. Stasera Gian­ni Morandi canterà Tu che m’hai preso il cuor , romanza tratta dal­l’operetta Il paese del sorriso di Franz Lehár (diretta su Raiuno in prima serata in Lo spettacolo sta per iniziare! , presenta Antonella Clerici). Va bene, la cantava già nel disco Gianni 3 uscito nel 1966 con gli arrangiamenti di Ennio Morricone. Però stavolta sul pal­co dell’Arena di Verona gli verrà in mente l’edicolante di Monghi­doro che, quando Morandi era un ragazzino, tutte le domeniche organizzava un pullman per rag­giungere Verona per godersi le opere all’Arena.«Io ci sono anda­to solo in un caso, ero troppo pic­colo. Ma ogni volta mi facevo rac­contare ogni dettaglio dello spet­tacolo. Lì ho capito che quel mon­do mi piaceva molto». Ora ci tor­na, per lo più accompagnato da una grande orchestra e «sapete, non è mica facile fare i conti con settanta musicisti».
Caro Morandi, è una sorta di debutto ufficiale nella lirica.
«Massì, è una romanza che mi porto nel cuore. E ha una melo­dia che la riconoscono in tutto il mondo». (E la accenna -ndr ).
Perché proprio quella?
«L’ho cantata quando ero ra­gazzino. Ma a quei tempi era nel repertorio di tutti i tenori, la inter­pretava anche Claudio Villa».
Poi ha riscoperto quel tipo di repertorio nei suoi anni del Conservatorio. Quelli del buio della sua carriera e della scoperta di nuove scommesse.
«Fu un periodo in cui ascoltavo con passione la sinfonica e la liri­ca. E mi sono innamorato dei grandi cantanti».
Ad esempio?
«Maria Callas. Non solo il suo timbro. Ma la stessa pronuncia, proprio il modo in cui pronuncia le parole. Favoloso. Si capisce che c’è un enorme studio dietro. Diciamo che la mia voce esce qua­si per caso. Invece i cantanti lirici studiano per anni l’impostazio­ne. Una costanza che rende ogni opera un’espressione particola­re di vocalità».
Quali le piacciono di più?
«Puccini su tutti.La bohème, ToscaeMadama Butterflysono meravigliose.Anche se l’Arena di Verona è un tempio verdiano, io rimango legato alle arie di quelle opere».
Morandi, lei è un puccinia­no.
«Lo erano soprattutto i miei pri­mi successi.Non son degno di tediscende senza dubbio dal mon­do di Puccini. E anche Se non aves­si più te ,La fisarmonica o In ginoc­chio da tesono sulla stessa lun­ghezza d’onda. In fondo Bruno Zambrini, uno dei miei più gran­di compositori e uno dei più gran­di in assoluto in Italia, lo ascolta­va molto».
Quindi il primo Morandi era una versione pop di Pucci­ni?
«Mi piace pensare che quel ti­po di canzoni fossero sulla scia di Puccini. Poi il mio repertorio è di­ventato più vario. Non essendo un autore, ho cantato le canzoni scritte dagli artisti più diversi: da Ivano Fossati a Franco Battiato».
In ogni caso, in questo mo­mento si prova a riavvicinareil grande pubblico all’opera.
«In fondo la nostra storia viene da lì».
E il pop deriva dal melo­dramma.
«Questo è sicuro. Anche se io, per quanto mi riguarda, canto proprio in maniera pop. Certo, ho iniziato a incidere dischi nel 1962 e quindi da allora ho conti­nuatoa imparare».
Tra l’altro avrebbe dovuto diventare il padrone di casa di uno dei monumenti del pop in tv: la rinata Canzonis­sima.
«Ci ho lavorato da quando il di­r­ettore di Raiuno, Mazza, ha fatto il mio nome in un’intervista dopo lo showGrazie a tutti».
Ma poi?
«Sono tempi di crisi e per la Rai era un budget troppo impegnati­vo ».
Magari tornerà il prossimo anno.
«Non credo: secondo me è sta­to proprio cancellato definitiva­mente. E peccato:avevo già l’ade­sione di tanti, da Max Pezzali ad Alice, dai Nomadi fino a Ron o agli Stadio. E persino Vecchioni, uno che non fa mai tv così. Mi è molto dispiaciuto fare a tutti quel­­la telefonata: scusate, fine del pro­getto ».
E adesso?
«Credevo di essere impegnato fino al 6 gennaio. E invece me ne andrò in vacanza e finalmente starò a riposo per un bel po’».