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 2010  giugno 10 Giovedì calendario

IL PIACERE UNICO DI UN GIORNALE FRESCO D’EDICOLA

Invitiamo tutti i rivenditori ad ac­cogliere l’invito del Giornale che in prima pagina invoglia, consi­glia e suggerisce ai lettori di sfo­gliare la testata anche dal compu­ter- allontanando di fatto i clienti­lettori dall’edicola - a rimuovere la testata dal banco espositivo.
Così facendo siamo certi di ap­poggiare e sostenere la campa­gna pubblicitaria della testata in modo soddisfacente.
Armando Abbiati
Presidente del Sindacato nazionale autonomo giornalai
Caro Presidente dei giornalai ita­liani, giuro. Mi aspettavo questa sua let­tera, e me l’aspettavo esattamen­te nei termini in cui l’ha scritta. Le dirò di più: ho vinto una scom­messa con alcuni colleghi che non avevano creduto nel mio «va­ticinio ». Ammetto senza tanti giri di parole (inutili) che lei ha ragio­ne, come hanno ragione gli edico­lanti irritati. Quella copertina pubblicitaria relativa al Giornale da leggersi anche sul computer l’avrei mangiata piuttosto che dif­fonderla.
Sono nato nella carta stampata e ci lavoro da 48 anni con una dedi­zi­one e una passione superiori al­la mia professionalità (artigiana­le). A me il quotidiano piace ac­quistarlo all’edicola. Lo voglio fre­sco e profumato di inchiostro; non importa se sporca le mani. E lo voglio intonso, con le pagine appiccicate; guai se c’è una piega o un’orecchietta, mi disturba, mi priva dell’emozione-eccitazione di aprirlo e sfogliarlo, adagiando­lo sul tavolo con cura come un compito in classe su cui cercare il voto della maestra.
Confesso di non essermi mai in­chinato alle cosiddette tecnolo­gie avanzate; ho nostalgia del piombo che si inseriva nelle gab­bie metalliche. Quando ero al Corriere della Sera e mi inviavano da qualche parte, in odio al computer (lo chiamavano Tendy), che un giorno avevo fracassato sbattendolo contro una parete in un moto d’ira antimoderna, mi portavo appresso la fedele Olivetti 22 con la quale sto scrivendo il presente pezzo, e che non ho mai abbandonato.
Si figuri, caro Presidente, con quale stato d’animo ho licenziato la pagina oggetto delle sue (condivise) lamentele. L’ho licenziata non per vigliaccheria perché temessi dire no all’editore. Il problema era ed è che, nonostante la mia ostinata opposizione, l’elettronica va avanti per tutti e, se non ti adegui, rimani indietro e sparisci laggiù, in fondo al gruppo dove arrancano e scoppiano i ritardatari. Non è un caso che il Corriere della Sera , la Stampa , e la Repubblica siano partiti col quotidiano web ben in anticipo rispetto a noi. Che potevamo fare? Rinunciare all’opportunità oppure cavalcarla sia pure a malincuore? Abbiamo scelto la seconda opzione per esigenze di sopravvivenza a medio-lungo termine, e tuttavia siamo consapevoli - e spero lo sia anche lei - che l’edicola non ne soffrirà troppo per un motivo: i nostri lettori tradizionali seguiteranno a scegliere la carta e non un gelido schermo, buono per attrarre, e non perdere, quelli giovani, quelli delle ultime generazioni infatuate dalle infernali macchinette che rendono evanescente la parola scritta.
Detto ciò, caro Presidente, lancio una proposta: metto a disposizione degli edicolanti mezza pagina alla settimana affinché abbiano facoltà di trattare e approfondire le questioni legate alla loro attività, sempre più difficile e sempre meno confortata da aiuti pubblici in termini di spazi e di autorizzazioni a vendere altre merci. Insomma, il Giornale non è un avversario dei giornalai ma un collaboratore su cui essi possono contare concretamente.
La mia, la nostra, è una offerta gratuita. Vi cediamo mezza pagina da riempire come desiderate. Siccome non avete voce (se non nella rivista di categoria), ve la diamo noi.
Usateci. E resteremo amici.
Vittorio Feltri